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 2010  aprile 22 Giovedì calendario

IL RITORNO DELLE GRANDI GANG DI RAPINATORI - C’è

la «Pantera rosa», specializzata in gioiellerie dal gran nome. Poi la banda delle termiti, che attacca i caveau delle banche. Quindi gli svaligiatori dei casinò. Infine i narco-soldati dei Balcani. Sono le grandi gang, in azione dall’Europa all’Oriente. Danno filo da torcere all’Interpol, alimentano traffici sotterranei, reinvestono denaro in altre attività criminali o nel lucroso affare delle privatizzazioni in Serbia. E alcune di loro hanno basi in Italia, con case sicure nel Nord. Milano è la piazza preferita, ma fanno puntate anche verso il Centro per smerciare i «pezzi».
La Pantera rosa
L’hanno soprannominata così perché dopo un furto hanno nascosto un gioiello in un vasetto di crema, come nel film con l’ispettore Clouseau. composta da elementi serbo-montenegrini. Alcuni malviventi puri, altri reduci della guerra degli anni Novanta. Non meno di 200 elementi e un nucleo duro di 20-30 uomini, provenienti da tre grandi gruppi, con quello della città di Njs ritenuto il più tosto. Dal 2002 hanno messo a segno oltre 152 colpi nelle gioiellerie più famose del mondo. Tokio, Dubai, Montecarlo, Londra, Parigi, Saint Tropez sono alcune delle città «visitate». Il loro modus operandi equivale a una firma: un team di 3 o 4 uomini, uno solo armato di pistola, gli altri impugnano mazze per sfondare le vetrine, una «zeppa» in legno per impedire la chiusura della porta di sicurezza del locale. Quello che distrae la guardia lo chiamano, in gergo, «il seduttore». I complici che spaccano i vetri «muli». Usano di solito vecchie auto – danno meno dell’occhio – ma avrebbero una predilezione per le Audi, impiegate come arieti in una famosa rapina nello shopping center Wafi a Dubai. A Londra sono scappati su una vespetta Piaggio, ideale per dribblare il traffico. In Costa Azzurra la scelta è caduta su un veloce motoscafo. Si vestono eleganti o in camicia hawaiana, con occhiali e parrucche per mimetizzarsi. L’Interpol, che ha creato una speciale task force, ha calcolato che la gang si sia impadronita di preziosi per una cifra che oscilla tra i 120 e 200 milioni di euro. Diamanti e collane rivenduti ad acquirenti puliti che aspettano in Kosovo, Russia, Israele, Svizzera e Italia. Sembra che una parte del bottino del colpo a Tokio sia stato «ceduto» ad una gioielleria «fuori Roma». Per chi indaga il nostro Paese torna spesso: intercettazioni e tracce fanno sospettare che abbiano creato un avamposto, dove si riposano e si organizzano, proprio a Milano. Non avrebbero, però, compiuto rapine in Italia o, forse, non sono emerse prove sufficienti. Solo nel 2004, i carabinieri di Milano hanno seguito una «pista russa» per un paio di assalti a gioiellerie in via della Spiga e in via Mazzini (segnali che hanno poi portato a sgominare una gang di rapinatori con base in Estonia, che ha compiuto almeno 65 colpi in mezza Europa nel giro di due anni, con 40 milioni di bottino complessivo). In questi anni di scorrerie molte «pantere rosa» sono cadute in trappola – oltre una ventina – ma altri criminali hanno preso il loro posto in attesa della «chiamata». Sono dei duri a morire.
Le «termiti»
La polizia francese li ha già paragonati ai famosi banditi degli anni Settanta. Da alcuni mesi hanno preso di mira i depositi sotterranei di alcune banche nella zona di Parigi. Scavano, bucano, aggirano le difese e svuotano i caveau. Usano la rete fognaria, aprono derivazioni con i martelli pneumatici e mostrano di essere bene informati sugli obiettivi. Di solito agiscono durante il fine settimana. In un’occasione non sono riusciti a sfondare e hanno rinunciato all’operazione, prima però hanno dato fuoco al loro equipaggiamento e si sono coperti la fuga provocando un’esplosione. Le «termiti» possono essere micidiali nelle loro incursioni: alla Cassa di Risparmio di Montreuil (Seine-Saint-Denis) hanno fatto fuori ben 700 cassette di sicurezza. I funzionari della Brigata criminale hanno rilevato punti in comune in tre colpi, anche se tecnica e dinamica delle «talpe» cambiano a seconda delle situazioni. Per la stampa la banda ricorda le scorrerie del famoso Albert Spaggiari, responsabile, trent’anni fa, di una clamorosa rapina in Costa Azzurra. Solo che gli imitatori sembrano meno pazienti. Hanno fretta di mettere le mani sul malloppo e, a volte, osano troppo. Rischi che potrebbero essere fatali ai ladri.
I «giocatori»
Quasi certamente sono bande distinte, ma che hanno in comune gli obiettivi. il 6 marzo, a Berlino si svolge un importante torneo di poker. Grande folla di appassionati. All’improvviso si materializza una gang armata di pistola e machete. Si impadroniscono di quello che trovano sui tavoli verdi: 230 mila euro. Forse speravano di più, ma devono accontentarsi. Fine marzo, Casinò di Basilea. Un complesso con 360 slot machine, 15 tavoli, 4 bar, due ristoranti e un hotel. questa la scena dell’assalto di un commando. Impugnano mitra e pistole, parlano in francese, sono violenti. Sparano, picchiano i presenti, depredano. Quindi fuggono a bordo di due Audi color argento in direzione della Francia. I testimoni parlano di almeno 10 criminali, decisi emolto rapidi nei loro movimenti. Non diversi i cinque che, nella notte tra il 3 e il 4 aprile, si presentano nei saloni del casinò Le Pharaon, nella città francese di Lione. Tengono sotto tiro di mitragliette e revolver circa 400 persone al grido «tutti a terra, nessuno si muova». Infilano in un paio di sacchi del contante – sembra 30 mila euro’ e se la svignano. Tempo per il blitz: tre minuti appena. La polizia teme che la gang dei giocatori tornerà presto all’azione. Il sistema funziona e presenta pochi rischi.
La «Pantera», le «termiti» e altre gang attive in questi mesi dimostrano alta mobilità, un carattere transnazionale, la capacità di riciclare il bottino e, sotto alcuni aspetti, una componente militare. I banditi sono disciplinati, non esitano a ricorrere ad armi pesanti come l’eterno Kalashnikov, se hanno la possibilità adottano trucchi e tattiche degne di un soldato inviato dietro le linee. Regole di sicurezza ereditate da quando sparavano nei Balcani e imposte dai boss per proteggere la cellula in missione in Europa. Come ha raccontato un ex al settimanale New Yorker, odiano tutti e tutto, quasi che davanti avessero un nemico da depredare. Fanno i rapinatori ma si sentono in guerra.
Guido Olimpio