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 2010  aprile 22 Giovedì calendario

FERRARA: SILVIO EVITI BRUTTI GESTI HA TENUTO DENTRO ANCHE PANNELLA

Giuliano Ferrara è nella sua stanza, al Foglio. Sorride, anzi, ride a crepapelle, perché da un po’ di tempo in qua gli è stato attribuito «il ruolo di consigliere politico di Fini». «Figuriamoci – racconta – io non faccio più politica, porto a spasso la mia cagnetta, vado ai concerti. Pensi che ieri mi ha fermato un tipo imbrillantinato emi ha chiesto se fossi proprio io, gli ho risposto di no, e la sua ragazza gli ha gridato: "Te l’avevo detto io che Ferrara èmorto"». Pecca di falsa modestia, assai probabilmente, il direttore del Foglio. Ma comunque non può negare di conoscere bene sia Berlusconi che Fini.
Questo scontro tra il premier e il presidente della Camera...
«E’ uno scontro di caratteri».
Si spieghi meglio.
«Berlusconi, come tutti noi, ha una natura ambivalente. Da una parte è il colmo del liberalismo, della tolleranza. E’ l’uomo del "mi consenta", del doppiopetto, della pasticca per rinfrescare l’alito, delle regole del marketing... è il seduttore universale. Questo è il grande Berlusconi. Poi c’è un Berlusconi più arcigno, nervoso, più insicuro e quindi un po’ più aggressivo, ed è quello che si sta manifestando nel caso Fini».
Perché emerge il secondo Berlusconi?
«Perché tarda a venir fuori, come auspico io, un Berlusconi che non può considerare una tragedia il fatto di Fini? Da un lato per una questione di fondo, e questo lo capisco. Lui ha creato un partito con molta vivacità interna, scontri, conflitti di potere, risolti nei modi più vari, come succede in tutti i partiti. Su un punto, però, c’è sempre stata chiarezza: c’è uno solo che ha il bastone del comando. E ora Berlusconi mal sopporta il fatto che non su una singola questione, non per un’alzata d’ingegno, ma su un ampio arco di questioni politiche, si sia organizzata una minoranza interna che fa capo a una persona che
non è l’ultimo arrivato, ma che è il presidente della Camera ed è stato sin dall’inizio dell’avventura un compagno di strada di Berlusconi».
Ha analizzato il carattere di Berlusconi. E quello di Fini?
«Berlusconi è uscito vincitore dalle elezioni, ha lasciato passare qualche tempo per far cuocere nel brodo di una certa frustrazione Fini poi è andato da lui, gli ha fatto pat pat, dandogli qualche pacca sulle spalle e quello gli ha risposto a brutto muso. Fini ha una notevole antipatia personale, è un freddo, è il contrario del Berlusconi
a cui piace tanto piacere e quindi si dispiace perché Fini, che è un impasto di complessi di inferiorità e superiorità, roba da sofà freudiano, non lo tratta in maniera amicale. Eppure potrebbe farlo: ha meno di 60 anni e il premier ne ha più di 70».
Anche gli ex colonnelli di Fini hanno un ruolo.
«Fini ha governato il suo partito in modo autoritario, con un certo disprezzo nei confronti della sua nomenklatura da cui si sentiva lontano. Questo è un errore che Berlusconi non farebbe mai, è sempre identico alla gente che dirige, invece Fini ha portato i suoi colonnelli all’esasperazione. E invece Berlusconi li coccola, li vezzeggia, li promuove politicamente».
Fini ha accusato Berlusconi
di averli "comprati"...
«Io trovo oscena l’accusa che viene loro rivolta di essere dei venduti, ha un che di para-stalinista».
Tornando al presidente della Camera, lei tifa perché Berlusconi si accordi con lui, per caso è diventato finiano?
«No. Io trovato interessante la decisione di Fini di cominciare un percorso solitario, cercando di mettere insieme delle idee dentro il Pdl, idee che al 95 per cento non condivido. Ma lui ha cercato e cerca di battersi per un partito meno legato al puro gesto populista del capo. Io credo che su questo abbia ragione e penso che convenga a Berlusconi evitare il brutto gesto dell’emarginazione di un’area che contribuirebbe a dare un’immagine ampia e pluralista del Pdl. Berlusconi è uno che nei suoi momenti migliori ha tenuto dentro Pannella! Me le ricordo io le riunioni con Pannella, con Berlusconi che andava a pranzo a casa sua e Marco lo faceva aspettare. E ora perché essere aggressivo con Fini? Senza il suo controcanto l’Italia sarebbe un Paese morto. Berlusconi non deve fare dei gesti padronali, il suo animus è quello ma lo deve superare e deve comporre un accordo sensato e poi subirne anche le conseguenze». Ossia? «Fini ha il 10 per cento, secondo me anche meno. Ma Berlusconi è preoccupato dell’opposizione a fisarmonica. Dice: "Sì, quello ha il dieci ma se su un certo tema aggrega, poi si intitola una battaglia e cresce". Ma questa è legge della democrazia in politica. Peraltro lui non corre nessun pericolo. E’ più ricco degli altri, i voti ce li ha lui, ha una maggioranza fortissima e un carisma che va al di là dei confini del suo stesso schieramento. Come può avere paura di una cosa di questo genere? C’è un elemento fobico e leggermente psicotico in tutto ciò. E invece a Berlusconi torna utile avere dentro Fini, sennò diventa il reuccio populista. Invece dovrebbe ragionare come Walt Whitman: deve dire a se stesso "contengo moltitudini". Se proprio vuole essere narcisista lo sia come il grande poeta americano della nuova frontiera».
Maria Teresa Meli