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 2010  aprile 21 Mercoledì calendario

NON SOLO DOROTEI: COS CRESCEVANO I PARTITI

Strumenti di democrazia, o gruppi di potere per alimentare il settarismo e il frazionismo nella vita interna dei partiti per poi, magari, organizzare possibili scissioni? Il dibattito teorico sul ruolo delle correnti organizzate nella prima repubblica è stato sempre piuttosto animato e non è mai giunto a conclusioni definitive. Eppure nei maggiori partiti di allora le correnti ci sono state quasi sempre.C’erano nella Dc, nel Psi, e persino nell’Msi. Discorso a parte per il Pci che le bandiva in nome del centralismo democratico. Anche se basta pensare allo scontro tra Ingrao e Amendola, e al ruolo politico svolto poi dai miglioristi, per capire come per non avere le correnti non basta vietarle con regole statutarie.
Soprattutto nella Dc le correnti erano la regola. La corrente storica più forte è stata quella dei dorotei. Nacque nel 1959 nel convento di Santa Dorotea, dopo le dimissioni di Fanfani da presidente del consiglio e segretario della Dc. I dorotei, contrari a quella che giudicavano un’eccessiva apertura del leader aretino verso il Psi, abbandonarono "Iniziativa democratica" e favorirono così l’ascesa di Aldo Moro alla segreteria del partito. La corrente dorotea ha sempre rappresentato quello che alcuni chiamavano «il corpaccione centrale del partito» ed è stata sempre presente e decisiva nel determinare le scelte dei presidenti del consiglio e dei segretari dc. Tra i suoi capi Antonio Segni, Mariano Rumor, Emilio Colombo, Silvio Gava, Flaminio Piccoli. E successivamente, anche se allora si parlava di grande centro o corrente del golfo, Antonio Gava.
C’erano poi le correnti di sinistra della Dc. In particolare Forze nuove, che faceva capo a Giulio Pastore e poi a Carlo Donat Cattin, la quale poteva contare sul sostegno di una parte significativa della Cisl e aveva anche suoi organi di stampa come "Sette giorni" prima e "Terza fase". E poi c’era la sinistra di base,la corrente di Ciriaco De Mita, Riccardo Misasi, ma anche, al Nord, di Giovanni Marcora e Luigi Granelli. Poteva anche contare sull’agenzia di stampa "Radar".
Sulla destra era collocata la corrente di Impegno democratico, nella quale si ritrovarono Giulio Andreotti, Mario Scelba e Oscar Luigi Scalfaro. Quantoa Fanfani, la sua corrente dopo la scissione dorotea si chiamerà «Nuove cronache» e da essa prenderà le mosse anche Arnaldo Forlani. Moro a sua volta avrà sempre la corrente più piccola della Dc. I morotei non superarono mai il 5% del partito. Ma proprio questo consentì al leader pugliese di avere un peso tanto rilevante nella vita interna del suo partito.
Va tenuto presente che i passaggi dei leader dc da una corrente all’altra furono frequenti. Enzo Scotti era detto Tarzan per la capacità di passare con rapidità istantanea da uno schieramento all’altro. Non c’è quindi da meravigliarsi se dirigenti dc di origine correntizia tanto diversa si sono poi alla fine ritrovati alla fine nel Caf. Nella Dc le correnti organizzate pur contando molto non sono mai state un antidoto al trasformismo.
Infine va ricordato che il momento topico nel quale le correnti facevano valere il proprio contravvenendo ad ogni disciplina di partito era quello delle elezioni del presidente della Repubblica. Ne sanno qualcosa diversi candidati ufficiali della Dc, a cominciare da Cesare Merzagora che si vide battuto da Gronchi, allo stesso Fanfani, che nonostante fosse segretario del partito Arnaldo Forlani, espressione della sua corrente, si vide sbarrare la strada del Quirinale proprio dalla dissidenza interna, che fu superata solo con l’elezione di Giovanni Leone con i voti decisivi dell’Msi il giorno della vigilia di Natale del 1971.
Altro partito di correnti è stato il Psi. Si comincia dalla contrapposizione tra " autonomisti" (contro l’unità d’azione con i comunisti) e "carristi", che si chiamavano così perché i suoi capi Tullio Vecchietti e Dario Valori avevano sostenuto l’intervento dei carri armati sovietici in Ungheria. Questi uscirono dal partito socia-lista, dando vita al Psiup, nel 1964. A quel punto nacque un’altra corrente di sinistra: i lombardiani. Tra questi, oltre a Riccardo Lombardi, si ritroveranno Claudio Signorile e Fabrizio Cicchitto. A loro volta, a ridosso dell’unificazione poi fallita con il Psdi, gli autonomisti si divideranno in due correnti: i nenniani (tra i quali c’è Bettino Craxi) e i demartiniani di Francesco De Martino.
Le correnti ci saranno anche durante la segreteria di Bettino Craxi: oltre ai craxiani, ci sono i lombardiani di Cicchitto e Signorile che cercheranno di rovesciare la segreteria ( tentativo fallito proprio perché De Michelis farà una sua corrente autonoma abbandonando i lombardiani). Alla fine però con Bettino si ritroveranno tutti: lombardiani, manciniani e demartiniani compresi.
Può sembrare strano, ma anche un partito per tanto tempo all’opposizione come l’Msi le correnti non se le è mai fatte mancare, sin dai tempi della contrapposizione tra Arturo Michelini e Giorgio Almirante. E del resto anche in An, in piena era berlusconiana, c’erano le correnti. Al congresso di Bologna del 2002 si confrontarono Destra sociale di Storace ed Alemanno, Destra protagonista di Gasparri e La Russa e infine Nuova Alleanza di Nania e Urso. Alla fine tutti si sono ritrovati ad affidare ancora una volta a Gianfranco Fini la guida del partito.