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 2010  aprile 21 Mercoledì calendario

JAKI, UN’INCORONAZIONE VOLUTA DAL NONNO

Ora che a 34 anni è diventato presidente della Fiat, la favola di John Elkann finisce e comincia la vita. Quella vera e dura, senza filtri protettori, dove quando sbagli la colpa è tua e se fallisci tre generazioni di Agnelli ti guarderanno irate dall’alto e nonno Gianni che ti ha voluto e tracciato la strada dirà corrucciato: «Jaki sei una fvana e io fui un pivla».

Naturalmente - speriamo - andrà invece tutto liscio ma questo è il rischio che corre il neopresidente dell’ammiraglia industriale del Paese. Finora ha avuto un’esistenza da principe azzurro che lo ha trasportato da un privilegio all’altro, coperto e ovattato, fino alle soglie della responsabilità. Adesso, la assume e senza paracadute. Vedremo se il nonno ha visto giusto e se il giovanotto ha messo a frutto tredici anni di tirocinio.

John Jacob Philip Elkann, detto Jaki, è il più giovane presidente della Fiat nel secolo e passa della sua storia e il primo che non porti il cognome degli Agnelli. Figlio dello scrittore-giornalista Alain, e di Margherita Agnelli, primogenita dell’Avvocato, Jaki - secondo la logica dinastica - non doveva capeggiare la Fiat. Al massimo poteva essere un dipendente di lusso con la presidenza di qualche satellite del ramo principale. Furono gli astri - si direbbe nelle favole - a cambiarne il destino. Ma spesso nelle grandi famiglie le favole prendono una piega drammatica.

Né l’Avvocato né suo fratello Umberto - gli Agnelli della passata generazione - riuscirono a insediare i loro rampolli al vertice dell’azienda. Edoardo, il figlio di Gianni e il primo in ordine dinastico, si rivelò inadatto. Toccava perciò al maschio di Umberto, Giovanni Alberto, capace e volitivo, assumere le redini. Ma una rara forma di cancro lo fece morire trentatreenne. Era il 1997. Fu così che, nello stesso anno, l’Avvocato scelse come proprio successore in pectore il ventunenne nipotino, John. L’interruzione del binomio Fiat-Agnelli - diventato ieri ufficiale dopo la reggenza di Luca Cordero di Montezemolo - cominciò da quella morte precoce e dalla scommessa dell’Avvocato sul virgulto del ramo femminile. John fu preso alla sprovvista. Non se lo aspettava proprio. Il nonno lo cooptò nel Cda della Fiat e la sua vita cambiò.

Nato a New York nel 1976, il primo di aprile - giorno annunciatore di sorprese -, Jaki era vissuto a Parigi dove la madre Margherita si era risposata e il padre Alain aveva la sua famiglia di origine rabbinica. Bravo studente, il ragazzo prese la maturità scientifica al liceo Victor Dury e si trasferì poi a Torino sotto l’ala del nonno e, per volontà di costui, si iscrisse al Politecnico. Pensava di godersi un po’ la vita in attesa di laurearsi in Ingegneria gestionale, ramo tipico del futuro manager. Gli piaceva scrivere ed era incerto se seguire le orme paterne. Iniziò, infatti, a collaborare alla rivista del Politecnico, La scheggia, che, viste le sue entrature, gli affidò diverse interviste a gente che le avrebbe date solo a lui. Era, come il padre, un intervistatore lieve e garbato. Non dovendo affrontare le forche caudine, si sottoposero volentieri alle sue soffici domande due calibri come Marco Tronchetti Provera e Luca di Montezemolo. Nelle parentesi tra studi e giornalismo, Jaki si faceva vedere a qualche festa e nel corso degli anni gli sono state attribuite passioncelle che ne denotavano il buon gusto. Si fecero i nomi di Carla Bruni, oggi in Sarkozy, e Martina Colombari.

I nuovi compiti lo costringevano però alla circospezione. Lasciò quindi al fratello minore, Lapo (ha anche una sorella, Ginevra), il ruolo di scapestrato e assunse per sé quello di bravo figlio. Conobbe, nello stesso anno in cui entrò nel Cda Fiat, Lavinia Borromeo e si fidanzò di lì a poco. La sposò nel 2004 con un faraonico matrimonio sulle Isole Borromee: 700 invitati bipartisan, tra i quali il premier Berlusconi, il segretario Pd, Fassino, il ministro Tremonti, l’ex missino Mirko Tremaglia. Dalle nozze sono scaturiti due maschietti. Leone, il primogenito, che può ritenersi fortunato. Del secondo, che è stato chiamato Oceano, si aspettano reazioni e rimostranze appena capirà crescendo che gli è stato affibbiato un nome più da spider decapottabile che da essere vivente.

John si è laureato nel 2001 mentre si faceva le ossa in azienda. Per anni, il ragazzo è stato un pesce fuor d’acqua, intimidito dal ruolo. Circondato da vecchioni esperti - il nonno, lo zio, gli amici di famiglia, i Gabetti, i Galatera, ecc. -, John si è limitato ad annuire. Sempre in giacca e cravatta, lontano dai divertimenti dell’età, pareva - ha detto un testimone - un bambino vestito da grande. Facile ai rossori, rispondeva a monosillabi alle domande dei giornalisti, dicendo il meno possibile e solo banalità per il timore si sbagliare. Se costretto a discorsi più lunghi - in ogni caso mai più di mezzo minuto - si guardava attorno disperato cercando l’incoraggiamento del portavoce, dello zio e, alla sua morte, di Gianluigi Gabetti che lo ha svezzato.
Con il suo aplomb da bambinotto quasi glabro che doveva crescere in fretta in laboratorio, Jaki ha percorso in pochi anni una carriera stratosferica. Dopo uno stage alla General Electric che lo ha portato in Asia, Stati Uniti e vari Paesi europei, è diventato, succedendo allo zio Umberto morto nel 2004, vicepresidente della Fiat. Per li rami ha preso la presidenza della Stampa, il quotidiano agnellesco, ed è entrato nel Cda del Corsera, diventando un magnate dei media da fare invidia al Cav. Dal 2008 è presidente della finanziaria di famiglia, Ifil, oggi Exor.

Scomparso l’Avvocato (2003), purtroppo per lui, ma peggio per la città di Torino, John ha cominciato a occuparsi della Juventus che era ancora il gioiello sportivo della famiglia. Fu lui ad affrontare la baraonda di Calciopoli. Quando Moggi e gli altri dirigenti furono inquisiti, lasciò che fossero sommersi dalle accuse di brogli arbitrali senza un cenno di difesa. Voleva, infatti, liberarsene forse perché li considerava troppo triviali rispetto agli standard cui era abituato: l’insuperabile nonno, il volenteroso imitatore, Luca Cordero, ecc. Accettò senza colpo ferire la retrocessione in B della squadra e la sottrazione di due scudetti in favore dell’Inter. Fu lui a scegliere come presidente Monsieur Blanc e ad avvallarne le scelte tecniche che hanno trasformato la Vecchia Signora in una vecchia tout court (con la Juventus il francese è d’obbligo). Ora che con le nuove intercettazione si comincia a capire che il truogolo era universale, Moggi si lascia andare a sbeffeggiamenti sull’infelice John e ironizza «sui i disastri sportivi che la Sua (maiuscola prendi fondelli, ndr) illuminata gestione ha saputo regalare ai tifosi». Con la fredda educazione che lo contraddistingue, il neopresidente Fiat ha reagito, con riferimento alla disastrosa classifica juventina, con un’ammissione: «Non siamo soddisfatti». Come si vede una frase veemente da grande condottiero che galvanizzerà la squadra come tre bottigliette di valium ingerite con una fiasco di varecchina. Sui blog, i tifosi auspicano che Elkann vada a ripetizione di eloquio da Gaucci o, in mancanza, che trasmigri nella pallacanestro.

Nella nota vicenda dell’eredità nascosta insinuata da Margherita Agnelli, Jaki si è messo contro la madre. La signora se l’è presa soprattutto con Gabetti, il curatore testamentario, e John si è trovato tra due fuochi. Gabetti è infatti il suo mentore. Fu il nonno, morendo, ad affidare all’amico di famiglia il completamento dell’educazione manageriale del nipote. Si deve a lui se, negli ultimi tempi, il giovanotto - l’Ingegnere come lo chiamano in azienda - ha acquistato maggiore sicurezza e ha dismesso la peluria infantile del volto sostituita da una barba (rasata, s’intende) da adulto. Dunque, tra la madre - che ha sollevato lo scandalo ereditario facendo balenare doni occulti dell’Avvocato a sue presunte amanti - e l’aio, John ha scelto fin qui di stare col secondo. Adesso però le cose potrebbero cambiare. Da un lato, la mamma è stata sconfitta in giudizio e gli Agnelli non dovranno versarle nulla. Dall’altro, Gabetti in maggio lascia ogni incarico e non si occuperà più del pupillo. Ci sono perciò tutte le condizioni per una riconciliazione.

Con la riappacificazione e la neopresidenza, Jaki sarà nelle migliori condizioni di spirito per fare del suo meglio. Resta l’incognita di Oceano e della sua possibile vedetta. Vedremo. Nelle more, Ingegnere, auguri di buon lavoro.