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 2010  aprile 20 Martedì calendario

GOLDMAN? UNA STORIA GI SCRITTA

Che bravi i ragazzi di Paulson & Co, che tra il 2007 e il 2008 fecero guadagnare al loro hedge fund il 600 per cento. E che bravi quelli di Goldman Sachs che, mentre tutte le banche americane perdevano soldi e anche le più blasonate rischiavano la bancarotta, riuscirono invece ad avere utili per 2,3 miliardi di dollari nel 2008 e di 13,4 nel 2009: più di quanti ne fecero nel 2007,quando l’euforia del credito aveva portato alle stelle tutti i valori delle attività finanziarie. Troppo bravi, se sono vere le accuse portate dalla Sec alla grande Goldman Sachs. Ribattezzata Government Sachs dai maligni che, viste le profonde relazioni della banca d’affari con la Federal Reserve, con il Tesoro americano e con i governi di tanti altri paesi al mondo, sospettavano potesse avere chissà quali informazioni di primissima mano. E, a sentire la Sec, Goldman avrebbe in effetti avuto buone informazioni: perché, mentre da un lato sollecitava i propri clienti a comprare i titoli legati ai mutui casa, dall’altro essa stessa li avrebbe venduti, addirittura allo scoperto. Soprattutto c’era l’hedge fund di Paulson che li stava vendendo attraverso una complessa operazione, concepita e combinata assieme alla banca d’affari.
Di quella che l’organo di vigilanza americana sospetta essere stata una truffa diede per primo notizia nel dicembre 2009 il New York Times. Ma quell’operazione venne descritta, per la prima volta, proprio dal Sole 24 Ore. E fu nell’estate del 2006:ben prima che scoppiasse la bolla sul credito e quasi quattro anni prima che le autorità americane cominciassero ad indagare. La notizia venne riportata da chi scrive ( si veda Il Sole del 19 agosto 2006) e, a dire il vero, non ci fu il sospetto che potesse trattarsi di un’operazione fraudolenta. Ma che fosse complicata e in un certo senso persino machiavellica, se ne ebbe la compiuta sensazione. La cosa importante è che l’ardita alchimia finanziaria era stata concepita e messa in opera almeno sette mesi prima di quanto ipotizzato dalla Sec: poiché il corpo del reato, ossia Abacus, il veicolo creato da Aga Capital per l’operazione e interamente controllato da Goldman, porta la data del febbraio 2007. In realtà tutto quello che è descritto in quel prospetto coincide perfettamente con quanto raccontato da questo giornale nell’agosto 2006.
Nell’estate di quell’anno, raccogliemmo le informazioni da una fonte vicina all’hedge fund di Paulson incontrata nella City londinese. La condizione era quella del più assoluto anonimato. La fonte non rivelò che la banca d’affari con cui era stata costruita l’operazione era Goldman Sachs, ma fece capire che si trattava di una delle maggiori istituzioni finanziarie Usa. Fece una premessa di carattere macroeconomico: che il mercato immobiliare americano era in bolla speculativa, che i prezzi delle case sarebbero caduti nei mesi successivi e che tantissimi mutuatari subprime non sarebbero stati più in grado di pagare le rate. Insomma il sistema, che tanta parte aveva avuto nel creare l’euforia sul credito di quegli anni, sarebbe presto tracollato. Mentre l’esuberanza spingeva gli investitori a comprare qualsiasi tipo di carta che avesse un credito alla base, il fondo di John Paulson stava facendo la scommessa contraria.
Per preparare questa scommessa e per renderla appetibile al mercato, il fondo aveva acquistato mutui subprime erogati nelle aree residenziali più speculate del paese (specie in California). Li aveva spacchettati, scremati, isolando i migliori e dividendoli in tranche in base al rischio che alcune agenzie dirating (Moody’s e Standard & Poor’s)avevano prontamente ricalcolato. Ne uscì che circa il 70% di quella carta subprime era stato classificato con la tripla A (quella che si dà ai titoli del Tesoro americano), un altro 10-15% era valutato con due A (comunque roba buona) e solo il restante 10-15% era spazzatura. Come della carta subprime potesse diventare improvvisamente oro, era cosa difficile da comprendere. E dopo aver fatto notare alla fonte che c’era quanto meno una contraddizione logica (oltreché lessicale), questa rispose sorridendo: «Si vede che lei non è del mestiere. Il lavoro delle agenzie poggia su raffinati strumenti statistici».
Nel prospetto di Abacus del febbraio 2007 si ritrova un concetto assai simile, poiché tra i «track record» vantati da Aca C. si legge anche questo: «Nessun titolo presente nei Cdo di Aca è mai stato degradato». Undici mesi dopo le agenzie tagliarono il rating al 99% dei mutui presenti nel veicolo di Goldman.
Ritorniamo al nostro informatore. Parte di quella carta subprime, opportunamente trasformata in oro, venne venduta dal fondo con elevati guadagni. Parte venne impacchettata in strumenti finanziari dalla forte leva, di cui chi scrive sentì allora parlare per la prima volta (i Cdo, ossia Collateral Debt Obligation), che vennero venduti e soprattutto venduti allo scoperto. Siccome la nostra fonte non aveva dubbi che il sistema sarebbe collassato, era anche convinta che quei mutui insalsicciati nei Cdo sarebbero finiti nell’insolvenza. Ecco perché il fondo di Paulson & Co s’era tutelato, acquistando dei credit default swap, un’assicurazione contro il possibile fallimento dei mutuatari.
Quasi due anni più tardi conoscemmo, a un convegno milanese, il vero ideatore di quell’operazione: Paolo Pellegrini, un italiano che aveva pressoché dimenticato la lingua madre, cui Paulson aveva data ampia fiducia. Il fondo venne ripagato con una plusvalenza di una quindicina di miliardi e tutti i manager ricevettero compensi pluri-milionari. Si disse che quello di Pellegrini fosse addirittura miliardario. Il lato curioso era che il viaggio da Londra a Milano l’aveva fatto con una compagnia low cost.