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 2010  aprile 20 Martedì calendario

SE IL TENNIS DIVENTA UNA SCELTA DI VITA

Gianni Clerici – ex tennista professionista, giornalista, scrittore, poeta – è nato il 24 luglio 1930 a Como. Ebbene, sostiene il Vecchio Scriba (sua stessa sintesi delle 4 voci di cui sopra), in sospeso tra realtà e immaginazione, di aver in qualche modo assistito proprio quell´anno alla prima edizione degli Internazionali d´Italia di tennis. Che non si tennero al Foro Italico, bensì al Tennis Club di Milano. «Vuole la leggenda che mia mamma Lucia Castelli, incinta di cinque mesi, fosse stata invitata…». Erano i tempi di Big Bill Tilden – «uno, credetemi, non da meno di Federer» – giocatore formidabile e personaggio controverso, arrestato anni dopo sul Sunset Boulevard per molestie a un adolescente. In finale Big Bill distrusse Uberto de Morpurgo 6-1, 6-1, 6-2. «Rimase dunque in casa della famiglia Clerici, la leggenda di quel match che io dovetti intuire tramite liquido amniotico». E da lì «l´inclinazione che mi spinse non solo a partecipare alle prime cinque edizioni del dopoguerra, ma a rimanere accanitamente coinvolto nel più bel gioco del mondo».
Una storia dunque cominciata 80 anni fa: il Vecchio Scriba ha la stessa età del torneo che proprio adesso ricomincia a Roma, con Federer, Nadal, Serena Williams, tanta mondanità e un nuovo Centrale da 10.500 posti. Sono vite che si incrociano e si ritrovano in Gianni Clerici agli Internazionali d´Italia (Rizzoli). Il tennis è lo sfondo di un mondo di campioni (Gardini, Merlo, Pietrangeli, Panatta, McEnroe, Borg, Noah, Lendl, Sampras, Nadal ma anche la Pericoli, la Evert, la Sabatini) storie, aneddoti (1962: «Laver mi diceva di aver perso solo a Forest Hills: non mi ricordavo? Io fingevo di sì, non osando dirgli che quel giorno avevo preferito andare a pesca nella baia che tanto mi ricordava il mio lago di Como») avventure, amici (i fraterni Nicola Pietrangeli e Bud Collins) o grandi personaggi del passato (la Divina Suzanne Lenglen) ma è soprattutto uno stile di vita. Forse una religione, addirittura. Si comincia con una poesia: «Ho passato una vita a guardare una palla divenuta nel tempo da bianchissima gialla… Forse a ciascuno tocca una sua religione». Il tennis ha aiutato Clerici a coltivare i suoi vezzi da dandy e da intellettuale e a dissacrare con eleganza quel mondo di cui ha fatto 50 volte il giro: da Times Square all´Australia («Ci sono stato almeno 30 volte» e in una di queste scrisse la storia, «assolutamente vera nella mia immaginazione», di Gertrud custode di uno zoo che si innamorò del gorilla Mango) fino all´Isola di Tonga per la dieta di un sovrano da 209 chili.
Gli Internazionali di Italia finirono al Foro Italico perché il Duce, sebbene inizialmente perplesso, era stato colpito al Tennis Club Parioli da quello sport giocato in "candide flanelle". E così aveva voluto un campo in terra rossa a Villa Torlonia, per poi addirittura trasferire d´imperio i campionati da Milano al Foro Mussolini nel ´35. L´ultimo italiano che ha vinto resta desolatamente Adriano Panatta, nel ´76. «La folla ha intonato lunghi cori, alternando nenie calcistiche al nome dell´eroe, suo papà Ascenzio ha pianto e sua moglie Rosaria ha avuto una piccola deliziosa crisi, della quale ho approfittato per baciarla a mia volta».
Gianni è entrato nell´Hall of Fame del tennis a Newport, e ha scritto una quindicina di libri fra cui sceneggiature teatrali e raccolte di poesie. stato ripubblicato in edizione tascabile anche Divina (Fandango): la Lenglen, diva tra le due guerre, scandalosa per aver giocato a braccia nude a Wimbledon. Vinse tutto, trasformò il tennis in fenomeno, morì a 39 anni di leucemia.
Ma si scrivono libri anche "su" Gianni Clerici, come Il Cantastorie Instancabile (Lavenia e Pardini, Le Lettere). Godibilissimo l´aneddoto raccontato dal suo amico Bud Collins, giornalista americano e compagno d´avventure. Nel ´68 i due si trovarono a Cagliari, e, ammattito, Gianni convinse l´altro a rivolgere l´attenzione a uno striscione elettorale del Msi di Almirante: «Sono i nuovi fascisti: lo tireremo giù». Cosa che fecero usando la macchina e un cavo di traino. Timorosi di essere stati visti e quindi scoperti dalla polizia, Gianni decise di liberarsi del corpo del reato, scovando un sarto Peppone che confezionò ai pazzi due originali paia di "pantaloni anti-fascisti". «Nemmeno li avesse fatti l´amico Missoni».