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 2010  aprile 20 Martedì calendario

2 ARTICOLI - SICURO, RILASSATO, DIRETTO: IN UN´ORA E MEZZO DI DIBATTITO TELEVISIVO NICHOLAS CLEGG HA SCONVOLTO LA CAMPAGNA ELETTORALE DELLA GRAN BRETAGNA

Sarà stato al ventottesimo minuto, quando mentre ascoltava un bisticcio tra i suoi due avversari si è girato di profilo, il suo lato migliore, e ha infilato le mani in tasca, come al pub, assumendo un´aria supremamente rilassata? Oppure è stato già al primo minuto, quando facendo il sermoncino introduttivo ha guardato dritto dentro la telecamera, in pratica fissando in faccia i telespettatori, a differenza degli altri candidati, che giravano la testa a destra e a manca in continuazione per cercare gli occhi del pubblico in sala? O forse è successo al cinquantaduesimo minuto, quando ha respinto l´insistente corteggiamento del laburista Gordon Brown e del conservatore David Cameron, tagliando corto con sincerità disarmante: «E´ inutile che continuiate a dire che adesso volete fare insieme a me le riforme del sistema politico e di quello finanziario, che volete cambiare tutto».
«Io le ho proposte in parlamento un anno fa, quelle riforme, e voi le avete entrambi respinte. Facciamola finita con questa manfrina - ha concluso - non siamo uguali. Gli elettori non sono obbligati a votare per la solita, stessa minestra. Un´alternativa esiste, per provare a cambiare davvero questo paese». Di certo c´è che, allo scoccare del novantesimo minuto, il tempo di una partita di calcio, lo spazio riservato al primo dibattito televisivo tra gli aspiranti alla premiership nella storia britannica, è nata una stella. Nick Clegg, leader liberal-democratico, fino a un momento prima un carneade, è diventato re in una notte. E se farà il bis, poi il tris, negli altri due dibattiti in tivù prima delle elezioni del 6 maggio, potrebbe perfino diventare primo ministro.
Lo dicono i sondaggi: l´ultimo, pubblicato ieri dal quotidiano Sun, porta i lib-dem in testa, con il 33% dei voti, un balzo di 13 punti percentuali in quattro giorni, davanti ai Tory con il 32 e al Labour con il 26. Lo conferma un rilevamento che eleva Clegg addirittura allo status di uomo politico britannico più popolare di tutti i tempi: alla pari con Churchill, il vincitore di Hitler. Lo ammettono a malincuore Brown («Nick ha fatto un buon dibattito») e Cameron («In un´ora e mezzo ha stravolto la campagna elettorale»). Quest´ultimo è il più amareggiato: era stato lui a imporre il dibattito a tre in tivù, che il premier Brown inizialmente non voleva, era il leader conservatore che sperava di trarne vantaggio, invece si è visto portare via la platea dal terzo incomodo, l´outsider, lo sfavorito. Come è potuto accadere? «E´ nuovo, spontaneo e diverso dal solito, è un Obama bianco», riassume Trevor Kavanagh, decano dei columnist londinesi. «Come immagine è perfetto, un grande comunicatore che sa parlare a braccio», osserva Alastair Campbell, l´ex-stratega e portavoce di Blair (pur insinuando che, dopo la forma, bisognerà verificarne la sostanza). «La tivù e i sondaggi premiano sempre la novità, ma alla lunga non la gente non lo prenderà sul serio», minimizza Boris Johnson, sindaco (conservatore) di Londra, ex direttore del settimanale Spectator. Come che sia, media e politici di mezzo mondo, non più solo del Regno Unito, si interrogano su un caso da manuale: lo sconosciuto che sale su un podio, ai nostri giorni televisivo, replicabile all´infinito su Internet, e conquista tutti. Se c´è riuscito Clegg, ragionano consulenti elettorali e spin-masters, i maestri di manipolazioni mediatiche, possono riuscirci anche altri, altrove: la lezione è sicuramente da studiare.
Col senno di poi, gli ingredienti del suo prodigioso successo in tivù si potevano vedere anche prima. Clegg è giovane, per cominciare: 43 anni, la stessa età di Cameron, ma portati meglio, tant´è che ne dimostra parecchi di meno (per tacere di Brown, che ne ha 59). Poi è bello o perlomeno belloccio, di sicuro più dei suoi due rivali: somiglia vagamente a Colin Firth, l´attore che fa l´innamorato "buono" di Bridget Jones nel film omonimo, e anche il fascino di Clegg odora di bravo ragazzo da sposare, sebbene debba la sua prima fama all´incauta confidenza, fatta in un´intervista, di essere andato a letto con «non meno di trenta donne» in vita sua. Bella è pure sua moglie, Miriam Gonzales Durantez, spagnola come suggeriscono il nome e l´accento quando parla. Affermata avvocatessa, sta continuando a lavorare, diversamente dalle "first lady" di Brown e Cameron che ormai fanno campagna elettorale a tempo pieno con il proprio coniuge: Miriam segue Nick solo nel weekend, e anche questo contribuisce a dare alla coppia un´aria di normalità. Normali ma diversi, rispetto ai politici tradizionali: Clegg ha fatto il maestro di sci e giocato a tennis, ha recitato "Cyrano" all´università diretto dal futuro premio Oscar Sam Mendes, è mezzo olandese (per parte di madre) e un quarto russo (per parte di padre), parla quattro lingue. In altri tempi, tanta diversità poteva essergli d´ostacolo, ma nel clima di antipolitica generato dallo scandalo dei rimborsi spese al parlamento di Westminster è diventata motivo di consenso: almeno, pensano in tanti, non è come tutti gli altri. Anche perché fa il deputato della camera dei Comuni solo da una legislatura: prima era a Strasburgo, al parlamento europeo, prima ancora a Bruxelles, alla Commissione.
Un altro vantaggio, meno scontato: come leader del più piccolo fra i tre principali partiti del Regno Unito, Clegg ha meno soldi da spendere in campagna elettorale. Brown e Cameron hanno assunto costosi veterani della campagna presidenziale americana per farsi insegnare tutti i trucchi dei dibattiti televisivi, una scienza collaudata negli Usa dai tempi della celebre sfida Nixon-Kennedy. Lui non ha assunto nessuno. Il risultato è che i leader di Labour e Tory sono apparsi legnosi, impacciati, meccanici, perché avevano la testa piena di istruzioni (non fare questo, non dire quello) che comunque non riuscivano a seguire alla perfezione, mentre Clegg è sembrato sincero, disinvolto, insomma un uomo normale. In più, non aveva niente da perdere: i sondaggi indicano da tempo che né Brown, né Cameron otterranno una maggioranza assoluta alle urne, e che dunque uno o l´altro dovranno necessariamente allearsi con lui per formare un governo di coalizione. La novità è che l´alleanza ora potrebbe rovesciarsi, con Clegg nel ruolo del più forte. Perlomeno più forte percentualmente: perché una sua vittoria come numero di voti si tradurrebbe lo stesso quasi certamente in meno seggi di quelli di Labour e Tory, per via del sistema maggioritario britannico. Clegg, non a caso, vorrebbe cambiare anche quello, trovando ingiusto che il Labour, alle ultime elezioni, abbia ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi con il consenso di appena il 22 per cento dell´elettorato.
Nelle due settimane e mezzo che mancano al voto, pronostica il Financial Times, «la rivoluzione di Nick Clegg si sgonfierà», gli elettori lo conosceranno meglio, scopriranno che è troppo europeista per l´euroscetticismo britannico, che non è meno "posh" ossia meno elitario di Cameron, provenendo anche lui da una famiglia di banchieri e da costose scuole private, magari farà qualche gaffe. Però non è detto. La fine delle ideologie, la crisi della politica (ora per molti anche quella della religione) e il potere della televisione, adesso moltiplicato dal web, possono produrre fenomeni imprevedibili. Viene in mente "Quinto potere", preveggente film di Sidney Lumet degli anni Settanta, in cui un mezzobusto della tivù, invece di annunciare le news, una sera si mette a gridare dal video, «siamo incazzati neri e non sopporteremo più tutto questo», diventando l´alfiere di una rivolta che divampa in tutto il paese. Ma come porta istantaneamente sugli altari, la televisione può fare precipitare velocemente nella polvere. Nick Clegg spera di essere diventato re "in" una notte. Non "per" una notte soltanto.
ENRICO FRANCESCHINI, la Repubblica 20/4/2010

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Esattamente 50 anni fa John F. Kennedy affrontò un faccia a faccia alla televisione con Richard Nixon durante la loro campagna per la presidenza degli Stati Uniti. Tutti sanno che a vincere il dibattito (e la presidenza) fu Kennedy, e secondo la maggior parte delle persone avvenne perché Kennedy apparve giovane, abbronzato, affascinante e fiducioso, mentre Nixon - che si era rifiutato di farsi truccare -stanco e irritabile. Quanto al contenuto del loro botta e risposta, Nixon parve più convincente, tanto che il pubblico radiofonico aggiudicò la vittoria al candidato repubblicano. Ma fu la televisione ad avere la meglio.
Nacque allora il concetto secondo cui nella moderna era è la televisione a fare i leader. Non si tratta di un mito. In alcune culture la televisione è per un uomo politico il mezzo di comunicazione per eccellenza.
Tra i leader odierni, Barack Obama si è indubbiamente conquistato una buona maggioranza con le sue apparizioni sul piccolo schermo. Il presidente Sarkozy si è fatto conoscere quando si è assicurato che la televisione coprisse la sua iperattività come ministro delle Finanze prima e ministro degli Interni poi. In Italia, unico caso al mondo tra le democrazie, Berlusconi possiede o controlla i canali più seguiti e riesce così facendo a dominare più o meno a suo piacere il mezzo televisivo.
La settimana scorsa, nel primo dibattito televisivo svoltosi in Gran Bretagna tra i leader di partito prima di un´elezione, Nick Clegg, leader del partito liberal-democratico, ha vissuto il suo momento magico, lo stesso di Kennedy. Ha parlato rivolgendosi direttamente alle telecamere; ha ripetutamente detto che il conservatore David Cameron e il laburista Gordon Brown sono leader di «partiti vecchi»; si è ricordato i nomi degli spettatori che gli rivolgevano le domande. apparso, insomma, giovane, fresco, in forma, appassionato, proprio come Kennedy.
Dei tre uomini in quello studio soltanto il primo ministro Gordon Brown non è stato avvantaggiato dalla televisione: Brown è un uomo dell´apparato laburista, cresciuto nel partito nei suoi 20 anni, in Parlamento a 30 anni, per poi diventare una figura importante a 40 per il suo partito, e ancora nel governo sulla cinquantina e oltre. Adesso ha quasi 60 anni, mentre Clegg e Cameron ne hanno entrambi 43.
La domanda più scottante sulle imminenti elezioni è se Clegg saprà conservare il vantaggio: adesso è sotto attacco in buona parte dai conservatori, che per vincere devono conquistare seggi dei liberal-democratici. Per i britannici la vera domanda è un´altra: Clegg e ancor più il suo partito, sarebbero effettivamente in grado di governare la Gran Bretagna?
Il Partito Liberale è stato uno delle due grandi forze politiche (l´altro è stato il Partito Conservatore) della Gran Bretagna del XIX e dell´inizio del XX secolo. Partito della nuova middle-class era contro lo Stato forte, favorevole al laissez-faire, ma nell´ultima parte del secolo, la sua ideologia si è trasformata, è diventata "liberal-socialista" e ha iniziato a dire che uno Stato forte era necessario per contrastare la povertà e la pessima situazione contingente. Dopo la Prima guerra mondiale, ha rapidamente perso terreno a favore del Patito Laburista e da allora si è sempre collocato al terzo posto, anche se negli anni ”70 alleandosi al social-democratici visse una svolta di grande importanza e la fusione portò alla creazione degli odierni liberal-democratici.
Essendo rimasto per quasi un secolo lontano da incarichi di governo non ha esperienza nel governare uno Stato. Ha cercato di far passare in secondo piano l´immagine di partito di coloro che sposano uno stile di vita alternativo e si interessano soltanto alla politica locale; nondimeno resta un partito più di opposizione che di governo. ostile a ogni intervento all´estero: si è opposto all´invasione dell´Iraq e vuole il ritiro dei soldati britannici dall´Afghanistan. La sua leadership è molto favorevole all´Unione Europea, posizione che probabilmente lo colloca in opposizione alla maggioranza della popolazione. su posizioni liberali per ciò che concerne la criminalità e l´immigrazione - altra posizione di minoranza in un Paese sempre più in allerta per l´immigrazione di massa e per il tasso di criminalità. Ha in Vince Cable, ministro ombra delle Finanze, una figura di spicco, popolare e competente, ma mai messo direttamente alla prova. Di sicuro, al pari di chiunque altro sarà eletto il 6 maggio, il futuro cancelliere occuperà una poltrona molto impegnativa.
Questi punti a sfavore potrebbero di fatto trasformarsi in punti di forza. Sulle imminenti elezioni prevale una sensazione di anti-politica, che non è propriamente anarchia bensì stanchezza nei confronti dei laburisti e dubbio nei confronti dei conservatori. Questa potrebbe essere la chance di Clegg: se non riuscirà a portare al governo il suo partito, potrebbe diventare una forza politica importante, una forza di rado vista negli ultimi decenni nel suo partito. Giovedì ci sarà un altro dibattito in televisione, e sarà per lui ancora più importante.
(Traduzione di Anna Bissanti)
JOHN LLOYD, la Repubblica 20/4/2010