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 2010  aprile 19 Lunedì calendario

OMEOPATIA, ORA UN AFFARE MILIARDARIO

Per buona parte della medicina ufficiale è, più o meno, un placebo: una pratica controversa, senza alcuna evidenza scientifica di efficacia reale. Eppure tra i pazienti la sua popolarità è in costante crescita, e per centinaia di milioni di persone in tutto il mondo, incerte su Big Pharma e timorose degli effetti collaterali dei farmaci tradizionali, costituisce ormai la migliore alternativa ai rimedi classici.
Stiamo parlando dell’omeopatia, la pratica medica "altra" per eccellenza, nata dagli studi formulati a inizio ottocento dal medico tedesco Samuel Hahneman. Si fonda sul cosiddetto principio della similitudine del farmaco: l’idea, cioè, che il rimedio a una malattia sia nella sostanza che provoca gli stessi sintomi in una persona sana.
Accolta con scetticismo fin dagli albori, l’omeopatia non è una pratica medica accettata ovunque. In Francia, ad esempio, i prodotti omeopatici vengono rimborsati al 35% dal servizio sanitario, mentre nel nostro Paese è vietato pubblicizzarli. Ma nonostante gli ostacoli, l’omeopatia si è comunque diffusa con successo in tutto il mondo, ed è diventata la pratica medica non convenzionale più popolare in Europa e Stati Uniti.
Solo nel vecchio continente, il mercato dell’omeopatia ha raggiunto nel 2009 il valore di 1,09 miliardi di euro, e conta circa 125 milioni di utilizzatori. Anche in Italia la popolarità dell’omeopatia è in costante crescita, nonostante la normativa al riguardo sia ancora piuttosto confusa. Un decreto legislativo del 2006, infatti, definisce come "medicinali" i prodotti omeopatici, ma non esiste in legge una chiara definizione della stessa omeopatia. E anche se la Corte di Cassazione ha stabilito, nel 2007, che si tratta di una "attività riservata ai medici", non è previsto nessun rimborso dal Servizio Sanitario Nazionale per l’acquisto di prodotti omeopatici. Ma alcune regioni, come Piemonte, Toscana ed Emilia Romagna, li hanno inseriti nei propri piani sanitari. Inoltre sono in vigore alcune norme restrittive sulla vendita di prodotti omeopatici. Che, oltre al già citato divieto di pubblicità, non possono essere venduti con foglietto illustrativo né riportare sulla confezione indicazioni terapeutiche o posologia. Una situazione che, secondo le 18 imprese che aderiscono ad Omeoimprese l’associazione di categoria, nata nel 2008 dalla fusione di Anipro e Omeoindustria – contrasta con una normativa Ue del 2006, che prevede per le "specialità" medicinali omeopatiche l’autorizzazione all’immissione in commercio (AIC) come tutti gli altri farmaci. E, quindi, con la possibilità di esporre sul prodotto la composizione, l’indicazione terapeutica e la forma farmaceutica.
Nonostante l’assenza di rimborsi dal servizio sanitario e il divieto di pubblicità, l’omeopatia si è comunque fatta conoscere dagli italiani. Anche perché è possibile comprare preparati omeopatici non solo in farmacia, ma anche nelle parafarmacie e nei supermercati, senza bisogno di ricetta medica. Secondo il rapporto Eurispes 2010, pubblicato a fine febbraio, le persone che si affidano all’omeopatia nel nostro Paese sono aumentate del 65% negli ultimi 20 anni, di cui il 5% nel 2008 e quasi il 6% nel 2009. Adesso costituiscono il 18,5% della popolazione, pari a circa 9 milioni di persone. La pratica omeopatica è popolare in particolar modo nel Nord Italia, soprattutto fra donne e persone con un’alta scolarizzazione, assistite da circa 20mila medici e dalle 7mila farmacie che hanno un reparto specializzato. A livello europeo, dopo Francia e Germania, l’Italia è uno dei mercati più ricchi. Il fatturato dell’industria dell’omeopatia ha raggiunto i 300 milioni di euro (pari a circa l’1% del mercato farmaceutico totale nazionale). E le 18 imprese che aderiscono a Omeoimprese danno lavoro, in Italia, a più di 1200 dipendenti, versando nelle casse dello stato 50 milioni di euro all’anno in contributi e imposte.
Il 50% del mercato italiano è in mano a due sole aziende: la francese Boiron (nella sua declinazione Boiron Italia) e la lombarda Guna spa. Entrambe, come del resto il settore in generale, sono in rapida crescita. La Guna fabbrica nei suoi stabilimenti circa 800 prodotti diversi, ed è la distributrice esclusiva nel nostro Paese delle linee omeopatiche di molte grandi case europee, come Heel, Staufenpharma e Abbè Chaupitre. Fondata a Milano nel 1983 dal suo attuale presidente Alessandro Pizzocaro, la Guna è stata una delle prime aziende in Italia a distribuire e produrre prodotti omeopatici. L’impresa adesso ha 200 dipendenti, e ha vissuto, come sottolinea il presidente, "un’espansione ininterrotta da 30 anni". Soprattutto negli ultimi anni: dal 2001 a oggi il giro di affari della Guna è cresciuto al ritmo dell’8% annuo, fino ai 50 milioni di euro. Oggi detiene circa il 25% del mercato italiano e va così bene che, ironia della sorte, potrebbe addirittura assumere anche 100 nuovi lavoratori provenienti dal centro ricerche di Verona chiuso dalla Big Pharma Glaxo.
Ancora più brillanti i risultati di Boiron. Il gruppo francese è il primo produttore di omeopatici del mondo, con quasi 4mila dipendenti in più di 50 paesi. Fondato nel 1967 a Lione, già dal 1979 apre a Milano la sua prima filiale, che adesso si è trasformata nella controllata Boiron Italia. Il colosso dell’omeopatia francese, anche se minuscolo rapportato a Big Pharma, ha vissuto negli ultimi anni una crescita relativamente superiore a quella dell’industria tradizionale (o allopatica, come viene definita dagli omeopati). E nel 2009 ha chiuso con un aumento del fatturato del 12,7%, per un totale di 526 milioni di euro. E Boiron Italia, di cui è amministratore delegato Silvia Nencioni, ha fatto ancora meglio, incrementando il fatturato del 14,5%. Un dato superiore alla crescita media del gruppo, e che conferma l’Italia come il secondo mercato di punta della Boiron, dopo la domestica Francia. A dare una bella spinta è stata l’influenza A che, spiega la Nencioni, "ha contribuito alla nostra redditività". Il prodotto omeopatico della casa che ha fatto meglio, infatti, è l’Oscillococcinum, un preparato per la cura degli stati influenzali, che ha venduto solo nel nostro Paese più di 1 milione di confezioni, al costo di 14 euro ognuna, nonostante fosse sconsigliato dalle linee guida ministeriali per l’influenza. Ma anche senza influenza A la Boiron se la sarebbe cavata bene: pure il collirio Euphralia nel 2009 ha superato il milione di unità vendute, e adesso è il secondo più usato in Italia dopo l’allopatico Irinadue.
Per ora, l’uso di farmaci omeopatici è limitato a malesseri di scarsa gravità, come mal di gola e stati influenzali. Ma nel futuro, spiega Christian Boiron, figlio del fondatore e presidente del gruppo francese, anche questo limite sarà superato. L’azienda ha investito, nel 2009, 41 milioni di euro in ricerca e sviluppo di nuovi prodotti, in parte destinati al trattamento di malattie per cui la farmacologia classica non ha ancora trovato rimedi efficaci. "Il nostro mercato d’elezione è costituito dalle malattie lievi", spiega Boiron. "Ma il grosso è rappresentato dalle malattie più gravi, come il cancro e l’Aids. E i nuovi farmaciblockbuster nasceranno per queste patologie, sulle quali possiamo giocare un ruolo anche noi" .