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 2010  aprile 16 Venerdì calendario

LETTERE – AGRIGENTO E IL RIGASSIFICATORE ENEL

Mi riferisco a quanto pubblicato sul Corriere del 10 aprile, sotto il titolo «Porto Empedocle. La mafia, Montalbano e il sogno dell’ Enel». C’ è infatti una cosa che l’ esteso articolo di Rizzo e Stella omette di dire: il progetto del rigassificatore (già rifiutato a Montalto di Castro, Monfalcone, Taranto e Brindisi) prevede la costruzione di un braccio che dalla costa scivolerà per quasi un chilometro attraverso il Mediterraneo per consentire l’ attracco delle gigantesche navi gasiere, ben visibile dalla casa natale di Pirandello, dalla Valle dei templi e dalla stessa città di Agrigento. Chissà cosa avrebbe pensato Goethe se, giunto sulla sommità della collina greca, appoggiatosi al tempio dorico, avesse visto una lingua grigia infrangere l’ azzurro del mare. Del resto, la storia si ripete. Quando, nei decenni scorsi, anche qui si consumò il sacco edilizio che ha segnato a vita, con la costruzione di tolli tozzi e scriteriati, un borgo medievale dolcemente aggrappato ad una collina, si disse che era meglio di niente, che l’ economia si metteva in moto, che molti portavano il pane a casa (e alcuni, pochi, riuscirono anche ad arricchire). Se poi, anche per questa ragione, le prospettive turistiche della città ne sono state gravemente compromesse (coi turisti che ancora oggi si limitano a visitare in giornata la Valle ed ignorano la magia di un centro storico schiacciato ed oppresso dai grattacieli), è, appunto, solo, un problema dei posteri. Adesso si vuole scaricare, nell’ indifferenza generale, una formidabile colata cementizia sotto la casa di Pirandello e a ridosso della Valle dei templi. Che il Corriere scriva in difesa del faraonico progetto dell’ Enel fa parte del gioco di una democrazia liberale, in cui ciascuno è libero di esprimere le proprie idee e sostenere anche eventuali interessi lobbistici. Che però il più importante giornale italiano lo faccia senza dire che ogni turista italiano e straniero verrà ad ammirare, oltre alla casa natale di un premio Nobel e alla miracolosa armonia del tempio della Concordia, un quasi chilometrico braccio in cemento armato che, come un mostro silenzioso, si erga dalle acque del nostro mare, piace davvero meno (e risulta meno comprensibile). Lo si faccia il rigassificatore ma se ne conosca il prezzo. Continuino a far finta di niente le istituzioni e i media di questo Paese di fronte all’ ennesimo scempio paesaggistico. Del resto, chi non è condannato a vivere ad Agrigento, potrà sempre fare come Guido Piovene, il quale, dopo averla visitata ed amata tra il 1953 e il 1956 per scrivere l’ indimenticabile Viaggio in Italia, informato del sacco edilizio, fece l’ unica cosa che poteva fare: promise di non mettervi più piede. E fu di parola.
Marco Zambuto, sindaco di Agrigento
Il sindaco di Agrigento si tranquillizzi: se c’ è una cosa che al Corriere proprio non si può rimproverare è di non aver mai denunciato scempi ambientali. Compreso il «sacco edilizio» perpetrato nella Valle dei templi e dintorni. Nella sua dettagliata precisazione tuttavia Marco Zambuto ha dimenticato un paio di particolari che ci permettiamo di rammentargli. Il primo: quel «quasi chilometrico braccio di cemento» è lo stesso identico previsto dal Piano regolatore del Porto approvato nel 1963. Sarebbe stato già costruito da quarant’ anni, se solo quel Piano fosse stato completato. Per inciso, al progetto non era contrario per quanto ne sappiamo nemmeno il papà di Zambuto, Calogero Zambuto, definito dall’ assessore ai Beni culturali e al turismo dell’ attuale giunta comunale Settimio Biondi «il miglior sindaco che Agrigento abbia avuto dal dopoguerra a oggi». Secondo particolare: il via libera alla Valutazione d’ impatto ambientale è stato dato all’ inizio del 2008 quando al ministero dell’ Ambiente c’ era Alfonso Pecoraro Scanio, comunemente additato come una specie di fanatico pasdaran dei Verdi. Per quanto riguarda l’ accusa di «sostenere interessi lobbistici», non vale nemmeno la pena di replicare. la prova che Marco Zambuto non legge i nostri articoli. Tanto meno questo. (s.riz. e g.a.s.)
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