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 2010  aprile 16 Venerdì calendario

DUE GUERRE DELLA CHIESA COL MONDO E CON SE STESSA

Ho notato che lei evita accuratamente di pubblicare lettere che trattino dei preti pedofili. Eppure escludo che non ne sia giunta veruna. Vorrei capire se sia in atto un attacco alla Chiesa cattolica dato che non è una novità che certi fenomeni assai spiacevoli e traumatici per le vittime avvengano ma finora il «chiacchiericcio» non era così insistente. Chi può essere interessato a un simile polverone? I comunisti sono ridotti ai minimi termini e la Chiesa è una loro alleata nell’accoglienza agli extra-comunitari. Gli ebrei attraversano un periodo di feeling con il cattolicesimo che non si sogna di perseguitarli e non insiste sulla questione Gaza. I leghisti mostrano di essere molto ossequienti ai dettami ecclesiastici in fatto di controllo delle nascite. Chi può cercare di mettere la Chiesa in difficoltà?
Alberto Cotechini
albertocotechini@tiscali.it
Caro Cotechini, facciamo un patto: io non pretendo che lei legga tutte le mie risposte, ma lei non pretenda di averle lette e di potermi quindi imputare eventuali omissioni. Ho parlato dei preti pedofili in due occasioni. Nella prima ho cercato di spiegare perché le vittime, a differenza di quanto accadeva in passato, si sentano incoraggiate a rivelare aspetti scabrosi della loro vita. Nella seconda ho risposto almeno parzialmente alla sua domanda cercando d’inquadrare la questione dei preti pedofili nel più vasto quadro dei difficili rapporti fra la Chiesa e la modernità. La Chiesa ribadisce principi che le società moderne mettono in discussione e ha molti avversari fra coloro che rivendicano il diritto di scegliere liberamente in materia di aborto, procreazione assistita, testamento biologico.
Ma la sua lettera contiene quesiti interessanti e suggerisce qualche altra considerazione. Non credo ai complotti e non penso che gli affanni della Chiesa possano essere spiegati andando alla ricerca di quanti potrebbero trarre vantaggio dalla sua crisi. Credo piuttosto che al centro delle proteste mosse al papato vi siano, insieme ad altri compagni di viaggio, i «conciliaristi», vale a dire tutti quei riformatori che avevano riposto molte speranze nel Concilio Vaticano II e hanno atteso per parecchi anni la radicale apertura della Chiesa a una diversa concezione delle gerarchie ecclesiastiche e a un maggiore ruolo dei laici nell’esercizio della sua missione. Queste attese sono andate in buona parte deluse dall’azione restauratrice del lungo papato di Giovanni Paolo II. Ma il Papa polacco delegò la funzione del «grande inquisitore» a Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede (il vecchio Sant’Uffizio), e finì per apparire, grazie al suo fascino e alla sua straordinaria capacità di comunicazione, l’esatto opposto di ciò che era in realtà sul piano istituzionale. Si potrebbe sostenere che il papato di Wojtyla fu in realtà una sorta di diarchia in cui il Papa parlava al mondo e il prefetto della fede rimetteva ordine fra le righe del clero, soprattutto in America Latina.
Ora il prefetto, succeduto al pontefice, continua a fare, con lo stesso rigore e con la stessa serena intransigenza, ciò che aveva fatto negli anni precedenti. Ma non è più coperto dallo straordinario carisma del Papa polacco e deve affrontare personalmente l’offensiva dei conciliaristi. Fra i quali esistono gruppi che si battono da molti anni contro il celibato dei preti e vedono negli scandali un’occasione per rilanciare la loro battaglia. Stiamo assistendo quindi a due scontri: quello della Chiesa con la modernità e quello, all’interno della Chiesa, fra i conciliaristi e i conservatori. Dei due il più pericoloso per la Chiesa è probabilmente il secondo.
Sergio Romano