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 2010  aprile 16 Venerdì calendario

LA SELEZIONE NATURALE E’ LA FORZA DELL’EVOLUZIONE BIOLOGICA E CULTURALE

In un articolo di qualche giorno fa ho risposto a critiche mosse da Massimo Piattelli-Palmarini all’importanza delle ricerche di Darwin sull’evoluzione. Nel suo intervento più recente, le critiche sono rinforzate con nuove affermazioni che la selezione naturale di Darwin non è la forza motrice principale dell’evoluzione. Il modo più semplice di rispondere a questo nuovo attacco è di porsi coraggiosamente il problema: che cosa è la vita? Molti la considerano un mistero insondabile, ma oggi siamo abbastanza vicini ad averlo capito, tanto che probabilmente diventerà possibile, in questo secolo, costruire in laboratorio esempi di nuovi organismi viventi partendo da sostanze chimicamente semplici.
La capacità caratteristica ed unica di un organismo vivente è quella di produrre copie quasi identiche di se stesso, un fenomeno detto auto-riproduzione. Essa lo distingue da tutti gli organismi non viventi e quindi è la proprietà fondamentale della vita, anzi è la vita stessa.
Come avviene l’auto-riproduzione? Ogni organismo lo fa grazie a un manuale di istruzioni, o programma, che gli permette di eseguire tutte le operazioni necessarie a questo scopo, usando materiale chimico nel cibo trovato nell’ambiente in cui vive, ed energia chimica nel caso di animali, solare nel caso delle piante. Questo programma è scritto nel Dna, in un alfabeto e linguaggio diverso dai nostri. Oltre al programma occorre un macchinario che sappia leggere il Dna ed eseguire le istruzioni che contiene. Semplificando, a scopo di chiarezza, l’esecuzione consiste nell’usare come partenza il cibo presente nell’ambiente di vita per sintetizzare le proteine, sostanze complesse alcune delle quali costituiscono il corpo e gli involucri delle cellule. Altre proteine dirigono le reazioni chimiche necessarie per creare e far lavorare tutti gli organi responsabili delle molte funzioni necessarie per mantenere e far riprodurre l’organismo. Estendendo il paragone, alcune proteine sono quindi usate come mattoni di vari tipi, altre come operai specializzati che svolgono funzioni particolari.
Gli antichi avevano avuto l’idea che tutti gli esseri viventi avessero un’origine comune e la storia di questi cambiamenti si potesse ricostruire in base alle loro somiglianze superficiali. Nell’Illuminismo queste idee riaffiorarono molto timidamente, un po’ mascherate, ma occorse la Rivoluzione francese per liberare il pensiero dei Naturalisti: la prima teoria dell’evoluzione compare all’inizio dell’Ottocento e si deve a Lamarck, il quale notò che esistono differenze della struttura e funzione corporea fra i membri di una famiglia o popolazione o specie, che sono trasmissibili ai figli, e li chiamò cambiamenti ereditari.
Ne dedusse che pertanto, le popolazioni e le specie devono cambiare nello spazio e nel tempo, senza indicare esattamente come o perché. Fu Darwin il primo a immaginare la forza motrice dell’evoluzione: sapeva che solo una piccola frazione dei figli generati in qualunque specie arriva alla maturità e a riprodursi, di solito perché la gran maggioranza muore prima. Perciò propose che questo permette ad una specie di migliorare il suo adattamento all’ambiente, grazie a un meccanismo del tutto automatico che chiamò selezione naturale, poiché quei pochi che arrivano a riprodursi sono probabilmente più « adatti all’ambiente » di quelli che non vi riescono. La teoria dell’evoluzione incontrò forti resistenze religiose in tutto il cristianesimo ed è solo poco più di un anno che il papa Benedetto XVI l’ha accettata ufficialmente.
Nel Novecento la genetica chiamò i cambiamenti ereditari mutazioni e li studiò quantitativamente, dimostrando che sono molto rari e casuali. Negli anni Venti tre genetisti, RA Fisher, JBS Haldane, S. Wright e M. Kimura negli anni Trenta posero su forti basi matematiche la teoria genetica dell’evoluzione. Fu dimostrato che esistono quattro fattori fondamentali di evoluzione: mutazione, selezione naturale, migrazione, drift. In questa teoria, lo studio quantitativo della selezione naturale è completamente legato ad una analisi demografica: la probabilità di sopravvivenza per età e la loro fecondità in termine di numero di figli per età sono la misura dell’adattamento di singoli tipi genetici, di popolazioni, di specie. Il successo per selezione naturale è l’aumento numerico del tipo genetico, o della popolazione, o specie. chiaro che i movimenti migratori spargono una specie ed anche le loro mutazioni intorno ai loro punti di origine. L’assenza o rarità di migrazione tende a creare isolamento genetico, e specie se una popolazione rimane piccola, o parte da un piccolo numero di fondatori, si hanno forti variazioni statistiche della composizione genetica delle popolazioni ben prevedibili con il calcolo della probabilità. questo il fattore chiamato drift. Essi possono spiegare senza difficoltà gli esempi citati da Piattelli nel suo ultimo articolo.
La nostra specie ha avuto un enorme successo negli ultimi 60 mila anni, aumentando da circa 1000 individui di una tribù dell’Africa orientale a parecchi miliardi oggi, un aumento di vari milioni di volte. Di queste, l’unica capace di far avanzare l’adattamento all’ambiente, cioè determinare il successo di singoli tipi ereditari o di popolazioni è la selezione naturale, e lo fa automaticamente perché è basata sulla riproduzione del più adatto. Ma chi è il più adatto? Il tipo che si riproduce di più, e quindi mantiene ed espande la vita.
Il grande aumento numerico dell’uomo è dovuto sempre più a un nuovo tipo di evoluzione, legata alla diffusione di idee nuove anziché di mutazioni del Dna. Il cervello umano è cresciuto di quattro volte rispetto a quando la linea evolutiva che ci ha generato si separò dai cugini più vicini, gli scimpanzé. Ciò ha permesso un notevole sviluppo della nostra capacità inventiva, e di un sistema di comunicazione legato al linguaggio, che permette la rapida diffusione delle conoscenze: l’evoluzione culturale. Qualcuno ha espresso l’opinione che non è soggetta a selezione naturale. Invece, vi è sottoposta come qualunque altra sorgente di cambiamenti. Un esempio? Basta pensare che oggi il pericolo più grande cui è esposta la nostra specie è che una grande invenzione molto recente, l’energia atomica, venga usata in una guerra nucleare. Potrebbe essere la fine della nostra specie, e non solo della nostra.
Luigi Luca Cavalli Sforza