Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  aprile 15 Giovedì calendario

TERRA ROSSA ONDA VERDE

(Come la Lega si è imposta anche in Emilia Romagna) -

Yes as pol. Che poi sarebbe la traduzione dialettale del famoso slogan di Obama solo che fiorisce sulle labbra di Alan Fabbri, 31 anni, il primo sindaco della Lega sotto il Po in un comune con più di 15.000 abitanti. Alan sta nel municipio di Bondeno onusto di gloria, dove ’Giuseppe Garibaldi il 6 settembre 1859 affermò la caduta del governo teocratico’ come ricorda una lapide, e lo presidia con la sfrontata irriverenza della sua età. Capelli raccolti in un codino sulla nuca, maglione girocollo, jeans, giacca e nessun simbolo verde: un eretico. L’incarnazione esatta del neologismo ’glocal’ se nel suo personale Pantheon ci sono Kurt Cobain e Umberto Bossi, Barack Obama e gli antenati Celti. Suona il basso nel gruppo rock ’Nausicaa’, figlia di Alcinoo re dei Feaci, nella mitologia greca la figura che racchiude il concetto di ospitalità per come accolse lo straniero Ulisse. Un cortocircuito ideologico, a valutarlo con vecchi schemi. Lui, ingegnere dei materiali, un po’ gioca a sorprendere se confessa sottovoce di trovarsi più a suo agio con certi coetanei di sinistra che con gli alleati del Pdl di cui non condivide i gusti soprattutto estetici e la mania a infoderarsi dentro una divisa d’ordinanza. Del resto nell’albero genealogico conta comunisti (da parte di madre) e democristiani (il padre), legati al mondo agricolo, come costuma in questa landa del Ferrarese che è già un po’ Lombardia e un po’ quel Veneto che sta proprio oltre il Dio Po: "L’esatto centro della Padania", riassume Alan che avrà anche i suoi miti spostati ed eterodossi ma sulle parole chiave non deroga dalla linea di via Bellerio, Milano. Identità, federalismo, sicurezza e, per dribblare parole orrende come xenofobia e razzismo, ’welfare sciovinism’. Traduzione: protezioni sociali anzitutto per i nostri e poi, solo poi e se ne avanza, per gli immigrati. Che qui, in questa terra di zanzare e tortelli di zucca, significa musulmani. Obiettivo raggiunto in due mosse. Nelle graduatorie per le case popolari o per gli asili nido si privilegia il parametro della residenzialità (più anni sul territorio, più punti) e si concede un vantaggio alle famiglie dove anche la donna lavora.

Dopo un anno di un sindaco così, le urne di Bondeno delle recenti regionali hanno detto 40,96 per cento al Pd, 20,89 al Pdl, 24,31 per cento alla Lega (13,6 per cento nell’intera Emilia Romagna). E il paese è diventato un simbolo dell’avanzata verde a cascata, lungo la direttrice che dal grande fiume porta al mare Adriatico, in senso ovest-est, e che dalla pianura risale le pendici degli Appennini, li scollina e dilaga nella (ancora per quanto?) Etruria rossa, lungo l’asse nord-sud. ’Yes as pol’, ’Sì, si può’, coniugato a questa latitudine, diventa allora il guanto di sfida lanciato all’eterno potere comunista e post-comunista nell’idea in via di consolidamento che l’Emilia Romagna sia "contendibile", e così la Toscana, le Marche. L’onorevole Angelo Alessandri, leader del Carroccio in Regione, rilanciato dalla ’Padania’ in prima pagina, ha già proclamato: ’Conquisteremo Bologna’. Il riferimento è alla corsa al sindaco dopo la sciagurata esperienza Delbono. Pare, guardando le cifre, piuttosto velleitario. Perché di verde si stanno colorando campagne e valli, non ancora le grandi città. Ma è indicativo di un clima, di un’euforia che può diventare contagiosa se la sinistra non trarrà qualche lezione e le contromisure per fermare il Carroccio su cui viaggiano le armate postume di Alberto da Giussano.

Una lezione arriva da Bondeno, e si torna al luogo dove l’avviso di sfratto arrivò addirittura dieci anni fa quando i Ds ratificarono l’ordine di chiusura dell’ospedale locale, declassato a poliambulatorio, deciso dal partito a Ferrara. Piccola questione di campanile? Da lì è cominciata la slavina che ha prodotto il cambiamento di segno alla giunta. Con conseguenze palpabili ancora oggi se indietro non si è più tornati, se Alan Fabbri ha potuto costruire la sua squadra di ragazzini e, col vento del Nord alle spalle, adesso può maramaldeggiare su un’avversaria, l’avvocato Patrizia Micai, che aveva spedito nelle case un dvd col suo programma "quando qui ci sono vecchi contadini che non sapevano nemmeno cosa fosse". Mentre lui spendeva il suo tempo "nei bar all’ora degli aperitivi". E il resto lo passava su Facebook (quasi 1800 amici) per coniugare tradizione e innovazione e catturare nella rete, reale e metaforica, tutti i potenziali elettori. Senza soldi in tasca, senza nemmeno una sede se non casa propria, ma col porta a porta neanche fosse il venditore ambulante di un prodotto nuovo: "Provate la Lega, signori". E più vendeva e più si rendeva conto che non c’era la concorrenza a riproporre l’usato garantito. Sparita la sinistra da molte piazze, offuscato quel "rapporto col territorio", formula magica che tante soddisfazioni diede al Pci e che ora viene riproposta in salsa verde.

"Bossi ce lo ha sempre raccomandato. Gazebo, gazebo, gazebo, fuori per strada, tra la gente, cosa ci fate qui chiusi in una stanza?". Mauro Manfredini, 68 anni, modenese, recordman di preferenze tra i leghisti eletti in regione (7.392), si rilassa sulla poltrona dell’ufficio mentre fa l’amarcord dei bei tempi andati quando "eravamo quattro gatti". Tempi andati ma non nello spirito se ancora la settimana scorsa per quattro giorni e quattro notti è stato su un camper al presidio permanente davanti al "Palazzo eroina" di Modena, un casermone di 280 alloggi dove vivono molti extracomunitari e dove, a suo dire, "dallo spaccio in su succede di tutto". "Ma per il tempo che ci siamo stati tutto è filato liscio e la notte dopo che ce ne siamo andati si sono accoltellati. E allora ci torneremo". La Lega c’è, vuole dire. Sulla sicurezza figurarsi, ma anche dove devono costruire un megaimpianto del gas e "la comunità non lo vuole". Dà una mano nella processione del Venerdì Santo su nel suo buen retiro appenninico di Fanano. Alleati della Chiesa, come dei verdi, o degli operai in lotta contro la chiusura di una fabbrica. Laddove insomma, c’è un problema. E senza bisogno di andare sulle televisioni. Col linguaggio brusco di chi taglia le discussioni con l’accetta sentenzia: "Immigrati? Non c’è posto. Forse c’era spazio per loro un tempo quando l’economia andava bene. Ma adesso fuori, non possiamo permetterceli". E nemmeno recede davanti alla constatazione pragmatica che magari gli emiliani certi lavori non li vogliono più fare: "Chi l’ha detto? Li faranno".

Resta un mistero come possa coniugare quello che è stato con quello che è. Fino al 1999 fu comunista. Attivista, di quelli della diffusione militante dell ’Unità’ la domenica mattina. Poi successe che a lui, venditore ambulante ramo abbigliamento, il partito fece "un affronto". Decisero di costruire a Bologna in piazza VIII agosto un parcheggio "dove facevamo il mercato che ci garantiva il guadagno più grosso della settimana. Sta bene, ma volevano mandarci al Parco Nord, in periferia, dove non sarebbe venuto nessuno". Manfredini si infuria, prende un treno e scende a Roma alle Botteghe Oscure per farsi sentire e ricordare le sue benemerenze: "Mi risposero che era tutto deciso". Così risale la Penisola, cambia casacca e si mette quella dell’Umberto. Non un caso isolato. Fausto Anderlini, studioso di flussi elettorali in Emilia Romagna, quantifica in un quarto gli elettori leghisti con una biografia orientata a sinistra, un terzo quelli con genitori di sinistra. Ne traccia un identikit piuttosto largo: imprenditori, liberi professionisti, operai, precari, casalinghe, sotto i 34 anni. Favorevoli alla pena di morte e alle ronde, ostili al Parlamento, all’Unione Europea e al solidarismo regionale. Molto ostili agli immigrati, molto propensi al welfare sciovinism e al labour sciovinism. Cioè: il lavoro, se c’è, va dato anzitutto agli autoctoni. Non propriamente un profilo brillante.

L’accento deve essere messo sull’anagrafe: under 34. E lì che la Lega raccoglie la massa del consenso. Le cronache segnalano scazzottate notturne, soprattutto nei paesini, tra giovanotti locali e forestieri? Ecco che si rafforza il dualismo ’noi-loro’. E la Lega incassa. Dei quasi tremila amici che il ’vecchio’, così si definisce, Mauro Manfredini ha su Facebook, la stragrande maggioranza sono giovani. Lui è in collegamento costante. C’è un Matteo che non è ancora maggiorenne e gli manda messaggi d’amore. Un gruppo gli ha composto dei rap per la campagna elettorale: "Con tutti questi qui non ho paura di nessuno e fra cinque anni mandiamo a casa Errani". C’è un’altra pagina Internet che consulta con frequenza pari a quella di Facebook. il sito che si chiama ’Padania office’. Una sorta di riedizione moderna del centralismo democratico (o della struttura staliniana del partito, fate voi). Hai bisogno di scrivere un’interpellanza su un tema specifico? Ecco che c’è un fac-simile da cui copiare. Non sai che posizione prendere su una determinata materia? Chiedi a ’Padania office’ e ti sarà risposto. Manfredini si giustifica: "Ho fatto la terza media, mica posso sapere tutto". C’è un grande fratello a via Bellerio che dà la linea. Perché le spalle una volta fragili dei nuovi avamposti del Carroccio pur sempre sulla Lombardia poggiano. Da Milano arriva il verbo, i trombettieri lo fanno rimbalzare, sempre più a sud, sino alle terre che sembravano refrattarie.

La nuova frontiera si chiama Romagna, nello schema leghista una regione autonoma dall’Emilia. Leggenda vuole che un tempo gli albergatori riminesi si mettessero fuori dal casello della A14 in attesa dei turisti del Nord e a chi li scherniva rispondessero: ’Intent ia roiva’, ’Tanto arrivano’. Oggi sono i precursori del leghismo che da quella stessa autostrada aspettano idealmente l’onda verde che dovrà colorare una capitale cosmopolita del turismo. Aveva percentuali da prefisso telefonico, la Lega, e ora sta sopra il 10 per cento, con punte del 24 a Pennabilli, borgo dove abita il poeta Tonino Guerra, staccatosi l’estate scorsa dalle Marche. Esulta Giancarlo Diotalevi, 51 anni, insegnante di diritto ed economia nelle scuole superiori e capogruppo in Provincia: "Cresciamo nella Valmarecchia come nella riviera. E il risultato di una semina antica. E pensare che io ho perso delle amicizie perché sono della Lega fin dalle origini e qualcuno ancora oggi fa fatica a salutarmi se sono sotto un gazebo. Mi sembra razzismo all’incontrario. Noi vogliamo riportare la democrazia nel suo alveo naturale che è quello dell’alternanza. Dal dopoguerra non è mai successo". Anche a Rimini, l’anno prossimo, si vota per il sindaco. I ragazzi della Lega stanno già rimontando i gazebo per la nuova battaglia: "Dai, ripartiamo subito". Giovani, motivati, uniti per la causa, spendono per il partito ore e ore del loro tempo gratis. Come un tempo facevano i comunisti.