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 2010  aprile 15 Giovedì calendario

NEL NOME DI GRILLO

(Il successo di Cinque stelle in Emilia) -

C’è stata davvero una mutazione politica dell’Emilia-Romagna? fondata l’idea di una sopravvenuta contendibilità? Queste tesi sono enfatiche, mentre è vero che l’Emilia-Romagna ha messo in risalto una sua originalità. Errani, infatti, ha vinto con solo il 52 per cento ma la destra è rimasta a distanza di sicurezza. La Lega è sì dilagata nel territorio, ma rimetabolizzando il voto della destra. stata piuttosto la performance della lista Grillo a segnare la vera novità. Il volto sbarazzino del giovane Favia, con la sua erre arrotata da liceale, come naturale complemento dell’usato garantito impersonato nel migliore dei modi da Errani. Perché il grillismo sembra davvero una manifestazione intrinseca all’humus della regione. Se in Piemonte ha cavalcato la frattura No-Tav, azzoppando la Bresso, in Emilia ha bucato le urne (con un 7 per cento tondo) tanto più felicemente in quanto non era in discussione la riconferma del Pd e di Errani. Ma chi sono i ’grillini’ e di quale habitat si alimentano.

Prima di tutto la geografia del voto. Se la Lega scende lungo i sentieri della marginalità territoriale trovando i propri enzimi lungo i crinali della montagna e le golene della bassa cispadana, i grillini si muovono lungo la Via Emilia. Viaggiano in prima, con il drink in mano. ’Altri libertini’, fauna rigogliosa in regione e già celebrata da Tondelli, avvertiti dal tam tam della Rete, che si danno convegno nelle città dislocate sulla via-madre della regione. Le adunate massime, sul 10 per cento, si registrano a Bologna e in tutta la sua area metropolitana, a Parma e dintorni, nella metropoli costiera centrata su Rimini. Luoghi topici della post-modernità, laddove le altre città, pur penetrate in forza dal grillismo, restano più ancorate alla loro identità industriale. Bologna, Parma e Rimini sono città d’arte, teatrali, dello spettacolo, dell’immaginazione, del loisir, della mediazione/rappresentazione culturale. Spazi ideali per una proposta di partecipazione iper-democratica orientata a mordere il deja vu della politica. La geografia elettorale dei grillisti scava dentro le fortezze urbane del Pd, laddove la Lega attacca in massa ai margini delle periferie territoriali, tradizionaliste e anti-secolari (come illustrato da Ignazi e Spencer su ’L’espresso’).

Poi l’identikit. Chi è il ’grillino’? Il simpatizzante grillista ha caratteri molto precisi: prevalentemente maschio, soprattutto giovane (quasi l’80 per cento con meno di 49 anni, di cui il 40 per cento fra i 18 e i 34 anni), con livello medio di istruzione, appartenente in forza (per il 73 per cento) al blog-people. Una ’massa navigante’ capace di penetrare in profondità gli strati studenteschi, gli impiegati, ma anche operai e disoccupati. En passant, figure decisamente laiche, lontane dalla Chiesa, frequentatrici delle feste dell’Unità e con la tessera coop. Per nulla esacerbate dall’antipolitica, ma piuttosto dalla crisi economica della manifattura export-oriented della regione. Fiduciose nella Ue e persino nella Giunta regionale. Che si riconoscono, e ne vanno fiere, nella tradizione di buon governo della regione. Per la metà circa dei casi il grillino viene dalla tradizione di sinistra, ma per l’altra metà attinge in vari pozzi: per il 26 per cento da esuli di sinistra e da persone spoliticizzate, e per il 23 anche da gente che si colloca o ha deviato a destra. Perciò una figura ’piantata’ nel cuore della sinistra, ma capace di attirare vari tipi di naufraghi. Non è secondario ricordare come il 60 per cento circa dei simpatizzanti Cinque stelle lo sia anche del Pd e dell’Idv. Questi aspetti sembrano suggerire che il take-off elettorale del grillismo non sia affatto avvenuto sugli squilli di un programma antagonista radicale o sulle stonature del qualunquismo aggressivo. Certo tali aspetti si notano, ma sono secondari. Larga parte dei votanti grillisti avrebbe potuto opzionare il Pd o l’Idv. Se non l’ha fatto è perché le modalità di offerta della lista Grillo ne ha intercettato il desiderio di novità. Non tanto dal lato dei contenuti, ma da quello del medium espressivo: la Rete, Internet, il franchising.

Infatti, tirando le somme, è vero che la tastiera percossa da Beppe Grillo è varia: la critica alla casta, alla corruzione politica, ai monopoli finanziari, ai media, alle istituzioni, alla dissipazione ambientale ecc. Ma non è ascoltando il dettaglio di queste note che gli ascoltatori si sono incamminati al seguito del maestro d’orchestra. Più probabile che abbia agito la novità del prodotto. Meglio ancora: più il packaging che la sua qualità intrinseca. Come nei cibi iper-cromatici effigiati al fast food.

E qui s’impone una nota sul Grillo-party. Si dice la Rete, i gruppi, la comunicazione orizzontale. E sembra di essere su una sorta di e-bay della politica. In realtà Grillo ha fatto ricorso alle tecniche più esplorate della commercializzazione. Il franchising come accreditamento dei più svariati punti di vendita. Chiunque libero di vendere il suo prodotto una volta accreditato col marchio di fabbrica. I Vaffa-day in Piazza (Maggiore) come kermesse di multilevel marketing, dove il guru intrattiene la platea con iperboli comico-catartiche e promuove i migliori venditori (giovani, puliti, competenti, come nell’occasione del canotto). Scontato il paragone con la Forza Italia delle origini. Là un tycoon con le movenze da piazzista, qui un istrione irrituale. Identico il rapporto pseudo-carismatico con il ’popolo’. Ma con due differenze. Una di stile: Grillo mena paradossi surreali (cioè verità) laddove Berlusconi vende balle. L’altra relativa al medium: non più la televisione, ma Internet e i rally di piazza.

Perché attecchisce in Emilia più che altrove? Perché l’Emilia-Romagna, e la sua capitale in particolare, sono suscettivi come pochi ai prodotti nuovi e allusivi di modernismo-futurismo. Come ha bene raccontato Edmondo Berselli in ’Quel gran pezzo di Emilia’ la regione è double face: tradizionalista, continuista, con la testa all’indietro, ma anche ingenuamente disposta ad accogliere (e rielaborare in proprio) le trovate che cascano dal cielo della modernità. L’Emilia è country e post-moderna, lavorista e consumista.

Liscio&Rock&Roll. Passata da Casadei a Ligabue e Vasco Rossi, per il tramite di Guccini. L’Emilia-Romagna è la prima in Italia per i consumi culturali (libri, cinema, teatro, giornali, sport, musica). C’è abbondante materia grigia ma anche un pubblico motivato nelle fasce basse, alfabetizzate sin dai ’60 dalle biblioteche comunali delle giunte rosse. noto che Bologna è un luogo topico per i testaggi commerciali dei nuovi prodotti, cosiccome per misurare l’auditel dei programmi d’avanguardia (è al PalaDozza, non per caso, che Santoro ha messo in piedi il network contro la tv di Stato).

Il grillismo è perciò un fenomeno fluido, largamente interno al campo della sinistra e alla dinamica sociale della regione. Per adesso, un ’lancio’, una manifestazione pungente di autentica modernità emiliana, esatto contraltare radico-democratico all’altra greve novità avanzata sulla destra: la Lega come prodotto d’importazione maturo. Un controcanto sociale e culturale, ma anche un vaccino, forse necessario per offrire al Pd quegli anticorpi di cui oggi sembra difettare.