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 2010  aprile 22 Giovedì calendario

L’UOMO CHE VUOLE SALVARE LA POLONIA


Alla vigilia del viaggio che lo ha portato verso una morte diventata leggenda, Lech Kaczynski ha voluto parlare con alcuni suoi uomini fidati. Uno di questi è Adam Bielan. Bielan ha 36 anni, è un eurodeputato eletto nelle liste del Pis (Legge e giustizia), il partito del presidente della Repubblica di Polonia, schiantatosi con il suo aereo con altre 95 persone a bordo, tra le nebbie di Smolensk ad appena 11 chilometri da Katyn, luogo dell’assassinio da parte di Stalin di 22 mila ufficiali polacchi nell’aprile 1940. Durante quel colloquio durato quattro ore, Kaczynski ha raccontato che intendeva impostare la sua campagna per la rielezione alla carica di capo dello Stato (prevista fino a quel sabato10 aprile, per l’autunno) usando come colonna sonora la ’Ballata del piccolo cavaliere’. La scelta ha un valore simbolico formidabile, quasi a sottolineare come lo scontro tra Pis e Po (Piattaforma civica), il partito liberale del premier Donald Tusk e dell’altro candidato alla presidenza Bronislaw Komorowski (maresciallo della Dieta e reggente le funzioni del capo di Stato), sia una scelta tra due visioni opposte del Paese. ’Il piccolo cavaliere’ è un personaggio inventato da Henryk Sienkiewicz, scrittore ottocentesco, Nobel per la letteratura, gloria di tutte le Polonie. Il suo capolavoro, il corrispettivo dell’italiano ’Promessi sposi’, è la ’Trilogia’ sul declino della Polonia imperiale nel ’600, quella che si estendeva dal mar Baltico al mar Nero, quando a Varsavia il trono reale è in vendita agli stranieri, mentre i nemici (cosacchi di rito ortodosso, svedesi luterani e turchi musulmani) mettono a ferro e fuoco la nazione. Il piccolo cavaliere è il ’Signor Wolodyjowski’, protagonista dell’omonimo libro conclusivo della ’Trilogia’, e da cui nel 1969 venne tratto un film di successo. La colonna sonora di quella pellicola è appunto la ’Ballata’ amata da Kaczynski.

In breve: il signor Wolodyjowski, ’la prima sciabola della Polonia’, dopo le molte delusioni subite nella vita, decide di farsi frate. Tirato fuori con inganno dal monastero in cui si è rifugiato, viene portato da amici a Varsavia, dove il comandante delle truppe, il futuro re Jan Sobieski (che poi sconfisse i turchi a Vienna, ma non arrestò il declino del Paese) lo manda a difendere la frontiera sud-orientale dagli attacchi degli ottomani. Il ’piccolo cavaliere’, piccolo di statura, come era Kaczynski, ubbidisce. Finisce male. Di fronte all’assalto degli infedeli, il nobile Wolodyjowski fa saltare in aria la Rocca che comanda. Prima di morire dice: "Spero che l’eco di queste esplosioni giunga a Varsavia". la Polonia antemurale christianitas: bella, nobile nell’animo e coraggiosa, che muore in difesa della fede e dell’onore, e che non si fida dei corrotti politicanti della capitale. La ballata parla di "una steppa così ampia da non essere misurabile dall’occhio di falco e che ascolta il canto del piccolo cavaliere". Ecco il manifesto del rimpianto della sconfitta, che non serba alcun messaggio di speranza per il futuro.

A Varsavia si auspica che tutto questo sia ormai solo passato. Politici, intellettuali, capitani d’industria parlano della necessità e dell’occasione di un nuovo inizio, di una lotta per il potere fatta in maniera pulita, senza insulti e calunnie, senza le minacce e i dossier dei servizi segreti dell’epoca del comunismo usati per attaccare gli avversari. La morte del presidente ha scatenato un momento catartico: e bastava vedere le decine di migliaia di persone che in silenzio, garofani bianchi e rossi oppure narcisi gialli simbolo della primavera alla mano, camminava verso il palazzo presidenziale a rendere l’ultimo omaggio a Kaczynski. Era una folla metropolitana composta nel dolore: ragazzi vestiti come i loro coetanei a Berlino o Londra, donne mature orgogliose dei segni dell’età, uomini in abiti casual. Molti dicevano: "Non l’ho votato e non l’avrei votato. Ma era il nostro presidente". Come se in questo inizio del Terzo Millennio una sobria religione civile fosse subentrata alla retorica della Polonia Cristo delle Nazioni. Sarà davvero così?

Si voterà a giugno. Prima della tragedia di Smolensk i sondaggi davano Komorowski, candidato della Piattaforma civica, come vincitore sicuro con circa 12 punti di scarto sull’uscente Kaczynski. E ora? C’è un fatto terribile, dicono tutti a Varsavia: il Pis è stato decapitato. Nell’incidente sono scomparsi tutti i suoi leader. Ad eccezione di uno: Jaroslaw Kaczynski, il gemello di Lech. stato, raccontano, Jaroslaw l’anima nera dei due fratelli e il cervello di ogni politica ferocemente antieuropeista, anti-russa, forcaiola (parlavano i due del ripristino della pena di morte), ostile ai diritti dei gay e nutrita dal risentimento verso le élites e i salotti buoni. Il secondo, anzi il primo Kaczynski: single, tutto dedito alle cure dell’anziana madre e alla politica, potrebbe essere un avversario duro di Komorowski. Molti lo temono e paventano che il tempo della concordia nazionale finisca appena i corpi dei martiri troveranno la sepoltura.

Komorowski invece, dicono coloro che gli sono vicini, è ottimista (anche se pure lui è sotto choc). Lo è per carattere, da sempre. E lo è perché meglio, e forse più di ogni altro, è un politico che incarna la nuova Polonia, quella che il passato lo guarda con giudizio e serenità, senza rimpianti, perché ha uno sguardo rivolto al futuro. un aristocratico decaduto Komorowski, e su questo suo status ci scherza spesso, in pubblico e in privato. Viene da una delle più antiche famiglie polacche, proprietari terrieri in Lituania, un ceto sociale che storicamente ha dato alla Polonia l’intellighenzia migliore: tollerante, paziente, illuminista, curiosa degli altri. Il bisnonno aveva una biblioteca di una ventina di migliaia di volumi. Il padre era antropologo, africanista, viaggiatore, poeta. Lo zio paterno Bronislaw Maria ("Porto il suo nome, ma a differenza di tanti altri non uso il secondo: Maria", dice Komorowski) è stato fucilato all’età di 16 anni dai tedeschi a Vilnius: "Era un soldato della resistenza". La madre sociologa convinse la Chiesa polacca a far studiare la sociologia ai sacerdoti. Komorowski, sposato, padre di cinque figli (tre femmine e due maschi, i maggiori impegnati nelle associazioni non governative) possiede oggi una bella casa nei pressi di Suwalki, al confine con la Lituania: terra di laghi, foreste vergine e cicogne su ogni tetto. Ma è nato, nel 1952 in Bassa Slesia, da profugo. Agli amici ama raccontare come per anni abbia abitato a Jozefow vicino a Varsavia: "Eravamo in cinque. In un locale di dieci metri quadri. A fianco: un ladro, una prostituta, un poliziotto. Il poliziotto copriva il ladro, il ladro proteggeva tutti, la prostituta rendeva allegra quella vita grama". Del mondo degli antenati gli è rimasto un servizio di porcellana settecentesco ("Abbiamo cominciato ad esibirlo solo alla fine degli anni Settanta, prima ci metteva in imbarazzo") e un vestito da prima comunione ("Eredità di un avo primate di Polonia, ma fautore dell’istruzione pubblica e illuminista").

L’attività politica di Komorowski comincia nel 1971. Quando per la prima volta viene arrestato, all’amico che gli dà la notizia, il padre dice: "Era ora. Finalmente sta combinando qualcosa di sensato". L’opposizione allora era divisa in due correnti, quella radicale democratica e quella nazionalista. Komorowski era amico di ambedue. "Odio i conflitti", spiega lui. conciliante, rassicurante, spiritoso. Privo di carisma. Qualcuno dice: poco coraggioso. Sarà. Ma si rivolge a una Polonia precisa. Per vederla basta una passeggiata tra la selva dei nuovi grattacieli di Varsavia, oppure vale la pane di sentire parlare i trentenni che fanno da manager delle grandi aziende. Sono sufficienti alcune cifre. Il Pil pro capite dei polacchi è quadruplicato dal 2000 al 2009, da 4.473 a 17.989 dollari. L’economia che aveva i ritmi di crescita superiori al 6 per cento, oggi in piena crisi economica segna comunque un più 1,5 per cento. La disoccupazione è all’8,9 per cento, un po’ sotto la media europea del 9,1 per cento. Secondo l’economista di un think tank di Bruxelles, Daniel Gross, tra una ventina di anni i polacchi staranno meglio dei tedeschi ("Le italiane faranno da badanti a Cracovia", dicono a Varsavia). E non è finita, al governo di Piattaforma civica, il partito di Komorowski, è riuscito un capolavoro: il premier Tusk ha conquistato la fiducia personale sia del russo Putin che della tedesca Merkel. Forse si tratta di una tragica ironia della storia: Katyn è il luogo in cui venne trucidata l’élite della Polonia d’anteguerra (gli ufficiali erano perlopiù riservisti, laureati). L’eccidio fu possibile perché Stalin era il miglior alleato di Hitler. Oggi per la prima volta nella sua storia la Polonia è amica di due vicini che da sempre ha giustamente temuto. una Polonia che spera di vincere a giugno e ha avuto l’appoggio del cardinal Dziwisz, già segretario di papa Wojtyla, il quale ha chiamato i suoi connazionali a "riconciliarsi con i russi". L’esatto contrario del progetto politico dei Kaczynski.

Nell’entourage di Komorowski hanno pochi dubbi sulla vittoria. Più cauto un dissidente storico, l’ex ministro della pubblica istruzione Miroslaw Sawicki: "Siamo un popolo capace di slanci irrazionali. L’ondata di emozione può giocare a favore dell’altro candidato". Rimane infatti il lutto. E il necessario ricambio del personale: occorre trovare un nuovo governatore della Banca centrale, rimpiazzare l’intero vertice delle forze armate (integrate nella Nato grazie al lavoro di Komorowski ministro della Difesa). E sono morti eroi veri: Anna Walentynowicz per esempio. per protesta contro il suo licenziamento che nell’agosto 1980 cominciò lo sciopero nei cantieri navali di Danzica. Nacque Solidarnosc e iniziò la fine del comunismo.