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 2010  aprile 15 Giovedì calendario

I DUE IMPERI COLPISCONO ANCORA

Non si sono mai conosciuti né frequentati; però, per almeno quattro secoli, dal II prima al II dopo Cristo, sono stati i più grandi imperi d’Oriente e d’Occidente, improntando così l’intera Storia successiva: la Cina sorge quando Qin Shi Huangdi la unifica, 221 a.C.; e contemporaneamente, Roma, conquistate Grecia e Cartagine, prospera. Per la Cina, Roma è il ”Grande Qin”, il grande Impero: verso il 100 d.C., le spedisce un’ambasceria, che però non può valicare il mare e si blocca in Persia; e forse, dei Romani giungono a Luoyang nel 166: ma chissà se per diplomazia, o traffici. Due Stati già sviluppati; Qin, il ”Primo Augusto imperatore” (si noti l’assonanza), esaminava ogni giorno 72 chili di documenti: tanti, pur se il bambù pesa più della carta, inventata da Cai Lun nel 105 d.C.. Ma nell’Urbe c’era un mercato di sete mediate da mercanti arabi: Cesare le usava nelle cerimonie. I due Imperi, l’aquila e il dragone, sono raccontati in 459 oggetti (e dei 200 cinesi, alcuni non si erano mai visti nemmeno a Pechino) con una mostra-evento, finora ammirata soltanto da «400 mila cinesi, a Pechino e Luoyang», dice Gu Yucai, dell’Amministrazione di Stato della Cultura. Curata da Stefano De Caro, Maurizio Scarpari e Xu Pingfang, ora approda in Italia: fino al 5 settembre a Milano, Palazzo Reale (org. MondoMostre, cat. Motta), e in autunno a Roma, anche per i 60 anni della Repubblica popolare cinese.
Due storie di «leadership culturale, allora e oggi», dice Mario Resca, direttore per la Valorizzazione al Ministero, raccontate con dovizia di splendidi materiali: 9 Guerrieri dell’esercito di terracotta del primo imperatore, e poi modelli di case alte cinque piani e uno di torre alto due metri; vasi con su scolpiti cortei di cavalieri e guerrieri («uno etrusco è identico», dice De Caro); dipinta su tela, la prima divinità, Taiyi, di 2.500 anni fa; un incredibile Albero delle monete, bronzo e terracotta alto un metro, con la dea e un’assistente-lepre sui rami e gli ex voto appesi; monete; monili; lacche; giade (anche un sarcofago, 185 cm, duemila tessere multicolore); un telo (in tutto, ve ne sono due) con il corteo per l’Aldilà; un sarcofago in giada che è un unicum, 2.090 tessere; documenti su canne di bambù (ecco perché scrivevano in verticale); le armi. Perché gli Imperi nascono dalle guerre: i Qin lo fondano con un milione e 700 mila decapitati in 100 anni; ma poi, bastavano 27 uomini ad amministrare una provincia d’un milione e 400 mila anime.
Cesare Mari ha dipinto in verde le sale cinesi e in blu le romane: sculture togate alte due metri, decreti scritti nel bronzo, iscrizioni elettorali, pettini e specchi, i giochi (anche un dado già truccato), il poggiagomiti scolpito d’un letto con eleganti figure (il fulcrum), la statua di una stupenda Bambina con colomba, un’impensabile Tavola della maledizione, che riporta 26 volte il nome di Cecilia Prima augurandole una morte terribile. I mosaici e gli affreschi: uno l’ha scavato lo stesso De Caro, ed eterna le nozze di Alessandro Magno e Rossana, la seconda moglie persiana («da qui l’unione dei due Stati»); ma di tre immense pareti nel ”secondo stile” pompeiano, alte quasi tre e lunghe cinque metri, uno dei gioielli dell’esposizione, purtroppo poco si dice e troppo si tace. Vengono da una villa ancora ignota: scavata dai ”tombaroli”, magari a Boscoreale. Non si è mai trovato il buco che hanno lasciato sottoterra, e forse gli altri dipinti che ornavano quella villa. Però, non si dice nemmeno che sono stati recuperati a Ginevra, nei locali in Porto Franco del ”predatore” Giacomo Medici: in parte già restaurati da padre e figlio Bürki, quelli che sistemano anche il Cratere di Efronio restituito dal Metropolitan; ma perché mai tanta reticenza, per un recupero che è un vanto dell’Italia e di chi - carabinieri, giudici - ha indagato?
Tra le tante curiosità, nell’anteprima due immensi animali fantastici in pietra, un po’ cani e un po’ leoni lunghi due metri, con una coccarda rossa al collo: «Nel trasporto di statue così grandi, mettiamo sempre un fiocco rosso, che è di buon augurio», spiegano i cinesi. Alle loro cassette di giochi, l’Urbe risponde con una per medicinali; ai bronzi (uno strumento che pare una zampogna), con gli argenti; con necessaire chirurgici o di bellezza ai loro bruciaprofumi e scaldavivande, ai pesi a forma di cammello. Con sarcofagi ai sepolcri imperiali; «noi sopra la terra, loro sotto», dice De Caro. Quella del ”primo Augusto” non è stata scavata: le fosse hanno restituito l’esercito, ma è sepolto a 50 metri di profondità, in una sala di 460 x 390 metri che ritrae l’universo. Quanti tesori i due Imperi nascondono ancora?