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 2010  aprile 15 Giovedì calendario

L´ERRORE STORICO DI MITTERRAND"

La giusta distanza, sugli Anni di Piombo. Tra Italia e Francia, due nazioni e due modi completamente differenti di guardare a quel tragico periodo della nostra storia recente. L´asticella è fissata decisamente in alto. Eppure: «Penso che sia finalmente arrivato il momento di dare la parola alla Storia».
Marc Lazar, professore a Sciences Po e alla Luiss, dov´è Presidente della School of Government, è il curatore di L´Italie des années de plomb, appena pubblicato in Francia dell´editore Autrement, in uscita presso Rizzoli nel prossimo autunno. Il tentativo è quello di costruire tra i due Paesi una memoria condivisa sul terrorismo. Di mezzo c´è la "Dottrina Mitterrand", che permise a decine di ex terroristi di trovare rifugio e protezione Oltralpe, e scatena ancora oggi scontri diplomatici e ideologici. «Ma il cambio generazionale tra gli studiosi permette un approccio meno drammatico e ideologico» è la speranza di Lazar, insieme a Marie-Anne Matard-Bonucci curatore della raccolta che comprende contributi di testimoni dell´epoca come il consigliere di Mitterrand, Jean Musitelli, Anna Bravo e Luigi Manconi, i procuratori Gian Carlo Caselli e Armando Spataro, e storici, spesso giovani, come Guido Panvini, Julien Hage, Sophie Whanich.
Professor Lazar, i casi di Paolo Persichetti e di Cesare Battisti hanno improvvisamente riaperto un conflitto diplomatico che si pensava relegato al passato. Davvero è possibile trovare una sintesi storica?
«Questo libro italo-francese vorrebbe essere un contributo alla stesura della nuova storia degli Anni di Piombo, in verità appena iniziata. Da argomento ricorrente di polemiche, questo periodo sta finalmente diventando materia di studio per gli storici. un percorso classico: dopo trenta o quaranta anni, gli eventi traumatici possono essere osservati in modo più equilibrato, esplorando temi in parte trascurati. Per gli Anni di Piombo, la Storia si basa soprattutto sul lavoro, spesso eccellente, realizzato quasi a caldo da specialisti di scienze sociali e politiche, da commissioni parlamentari, inchieste giudiziarie, e poi dall´apertura, ancora incompleta, di alcuni archivi. Il volume che pubblichiamo prende spunto anche dagli studi di giovani storici portatori di un approccio più distaccato».
Nel libro lei riprende la definizione "guerra civile a bassa intensità", molto amata da alcuni intellettuali francesi.
«In Italia parole come "terrorismo" o "Strage di Stato", hanno significati pesanti e conseguenze politiche. Ho voluto affrontare anche l´idea della "guerra civile a bassa intensità", inventata successivamente agli Anni di Piombo, per capire come mai quest´espressione si è diffusa così facilmente in alcune frange dell´opinione pubblica italiana e ancor di più francese, dove ha attecchito in modo prepotente. Da noi è servita a chi voleva giustificare i militanti di estrema sinistra che partecipavano alla lotta armata. Ho invece cercato di dimostrare che è un´espressione totalmente fuori luogo, sbagliata e non condivisa dalla schiacciante maggioranza dei protagonisti dei fatti dell´epoca».
Eppure in Francia questa rappresentazione del terrorismo italiano gode ancora di buona stampa e illustri portavoce.
«Spero che questo libro venga letto, discusso e commentato in Francia come in Italia. I malintesi franco-italiani sono dovuti a una ricostruzione molto ideologica e unilaterale degli eventi, cominciata negli anni Settanta. Abbiamo analizzato la lettura che danno certi intellettuali e esponenti socialisti francesi della contestazione italiana degli anni Settanta, molto influenzata dai militanti italiani che avevano scelto la lotta armata e si sono poi trasferiti Oltralpe. Ritengo che ci sia stato, da parte francese, un fraintendimento sul sistema politico italiano, sulla Dc e sul Pci. Inoltre, ci sono anche molti equivoci sulle vere ragioni che hanno portato in clandestinità una parte dell´estrema sinistra, sulla repressione dello Stato e sulla reazione della giustizia italiana».
La "Dottrina Mitterrand" è anche il frutto di questo equivoco?
«Un primo accesso, ancorché parziale, agli archivi del presidente Mitterrand, e la raccolta di diverse testimonianze, ci permettono di inquadrarla meglio. In realtà, non ha mai avuto alcun valore giuridico. Negli 1981, quando Mitterrand venne eletto e molti terroristi italiani decisero di trasferirsi in Francia, ci furono divergenze tra i rispettivi vertici dello Stato. Nell´orientamento del presidente francese pesarono anche le sollecitazioni di Bettino Craxi che, tra il 1983 e il 1984, temeva che il ritorno in Italia dei condannati per lotta armata avrebbe ricostituito il fronte della "fermezza" tra Dc, repubblicani e partito comunista».
Gli ultimi presidenti francesi si sono comportati in modo diverso e spesso contraddittorio sulle richieste di estradizione dei rifugiati italiani.
«La "Dottrina Mitterrand" non è un testo scritto e univoco. In realtà, è composta da alcune esternazioni pubbliche del presidente e dal blocco delle estradizioni, nient´altro. L´obiettivo iniziale era il reinserimento degli italiani, a due condizioni: la rinuncia alla lotta armata e il non aver commesso crimini di sangue. Il rispetto di quest´ultima condizione è cambiato nel tempo a seconda delle pressioni dell´Italia e delle mutazioni interne alla politica francese. Dopo Mitterrand non c´è più stata una linea omogenea nei confronti degli italiani rifugiati in Francia. Con Jacques Chirac e Nicolas Sarkozy le decisioni sono state prese caso per caso, a seconda dell´umore del momento».
Nella raccolta che ha pubblicato si parla anche di amnistia. Mitterrand decise di perdonare alcuni ex terroristi degli anni Settanta. Crede ci possa essere un paragone con l´Italia?
«La Francia non può permettersi di dare lezioni all´Italia sul ricorso all´amnistia. Penso che oggi l´unico obiettivo degli storici, italiani e francesi, debba essere quello di comprendere e di spiegare la complessità degli Anni di Piombo».