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 2010  aprile 15 Giovedì calendario

MINI-DIETA PER GLI STIPENDI DEI MANAGER - MILANO

La crisi dà un´altra timida sforbiciata agli stipendi dei super-manager mondiali. Ma la fine del tunnel (peraltro sempre dorato) pare vicina. E a fare da apripista, tanto per cambiare, sono i big della finanza che – dimenticati subprime, polemiche e Lehman – hanno ripreso già nel 2009 a distribuire bonus a piene mani.
Le buste paga delle prime 200 aziende di Wall Street, secondo la Equilar, sono scese l´anno scorso del 13%, il secondo calo consecutivo, tornando ai livelli del 2004. Il compenso medio di un amministratore delegato è stato di 7,7 milioni di dollari (5,6 milioni di euro), pari a 306 volte quello di un impiegato. Molto di più delle 107 volte del 1990, quando la forbice era molto più stretta, ma un po´ meglio del 2000, quando – con le diseguaglianze salariali ai massimi – ci volevano gli stipendi di 525 dipendenti per fare quello del numero uno dell´azienda. I giganti della finanza di Wall Street, dopo un 2008 di vacche magre, hanno ripreso a coprire d´oro i loro manager: non tanto gli ad (che per evitare polemiche si sono tagliati i compensi del 30%) quanto le seconde linee, gratificate alla chetichella con un aumento del 15,7% delle remunerazioni.
Il copione è andato in scena in fotocopia in Italia. Le 10 maggiori imprese industriali tricolori hanno ridotto del 16% il monte-stipendi per i dirigenti con responsabilità strategiche. I top manager delle prime quattro banche, invece, hanno festeggiato il calo dei profitti 2009 dei loro gruppi (-41%) premiandosi con un aumento del 25% delle buste paga.
I nostri condottieri d´azienda si fanno onore anche nella graduatoria dei Paperoni d´Europa. Sfumato il pericolo di un tetto ai compensi dei dirigenti pubblici (o semi-pubblici), Paolo Scaroni, numero uno dell´Eni e 4,2 milioni di paga 2009, non sfigura nell´Olimpo dei petrolieri dove si ritaglia un posto sul podio dietro l´irraggiungibile Rex Tllerson di Exxon (20 milioni) e a un soffio dal suo omologo Bp. Cavandosi però la soddisfazione di lasciarsi alle spalle i vertici di Shell e Total.
Bene anche il tandem Fiat Luca Cordero di Montezemolo-Sergio Marchionne, che grazie ai cospicui aumenti (oltre il 40%) dell´anno scorso vengono battuti nel vecchio continente solo da Martin Winterkon (Vw) ma fanno mangiar polvere ai loro colleghi di Daimler-Mercedes e Bmw. Si fa onore pure Stefano Parisi (Fastweb) che si consola dei grattacapi per l´inchiesta sull´evasione Iva con 3,9 milioni di stipendio, più di Franco Bernabè (Telecom) e dei numeri uno di Deutsche Telekom e di Vodafone.
Sul fronte della finanza, l´italiano più pagato è... un francese: Antoine Bernheim, combattivo presidente di Generali destinato – controvoglia – a lasciar tra pochi giorni la poltrona a Cesare Geronzi. Lo scorso anno si è messo in tasca 5 milioni, più di Michael Diekmann (4,9) ad operativo di Allianz e il doppio di Henri de Castries (Axa).