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 2010  aprile 15 Giovedì calendario

LEGA DI LOTTA E DI LOTTIZZAZIONE - «

chiaro che le banche più grosse del Nord avranno uomini nostri a ogni livello». E ancora: «La gente ci dice: prendetevi le banche e noi lo faremo». Poche ma precise parole di Umberto Bossi con le quali ha dato piena e autorevole conferma ai peggiori timori.
Il leader del Carroccio ha infatti confermato i timori per le conseguenze economiche dell´indubbio successo elettorale della Lega nelle regioni settentrionali.
Il «senatur» non è sceso nei dettagli di questa campagna di infeudamento politico del credito, ma non ce n´era bisogno. Si sa che i cavalli di Troia del suo disegno di potere sono quei mostriciattoli delle Fondazioni - nate per lo più sulle spoglie delle vecchie Casse di Risparmio - che hanno l´ipocrisia di farsi chiamare «ex bancarie» e, invece, continuano a detenere importanti pacchetti azionari di primari istituti: come Unicredit o IntesaSanpaolo.
Fondazioni i cui consigli d´amministrazione sono per la gran parte nominati dagli enti locali: regioni, province e comuni, dove al Nord la Lega impazza.
Bisogna davvero risalire molto indietro nel tempo per ritrovare accenti politici di pari arroganza lottizzatoria nei confronti del sistema creditizio.
Occorre ritornare ai fasti più squallidi della cosiddetta Prima Repubblica, quando l´ineffabile Franco Evangelisti proclamava - con un´improntitudine che oggi chiameremmo bossiana - che l´emblema delle Casse di Risparmio avrebbe dovuto essere inciso a fuoco nello stemma scudocrociato della Democrazia Cristiana.
A questo punto forse si comincia a capire un po´ meglio che cosa intendeva un altro esponente di spicco della Lega, il ministro Maroni, quando - all´indomani delle elezioni - ha spiegato che il suo partito era ormai diventato la nuova Democrazia Cristiana per il futuro dell´Italia. Sociologi e politologi hanno cercato di spiegare queste parole con argomenti più dotti: la capacità di radicamento popolare, l´attenzione ai bisogni della gente comune, il totale allineamento alla Chiesa e al Vaticano sui temi etici (in verità, immigrazione a parte). Ora par di capire che la similitudine abbia anche una sostanza molto più rude: della vecchia Dc la Lega intende rinverdire perfino i vizi peggiori, a cominciare da quello di una sistematica subordinazione dell´economia agli interessi della lotta politica.
Qualcuno dovrebbe spiegare a Bossi che «le banche più grosse del Nord» verso cui vuole allungare le mani - in particolare le citate Unicredit e IntesaSanpaolo - oggi sono società da tempo quotate in Borsa e, in varia ma non piccola misura, partecipate da capitali che vengono dall´estero. Quindi, che i suoi proclami di conquista politica rischiano di influenzare pesantemente l´andamento dei titoli sul mercato, con conseguenze pure per il portafoglio della vasta platea dei piccoli azionisti. Anche perché va ricordato che i precedenti bancari della Lega depongono per il peggio: com´è il caso di quel Credieuronord che fu salvato dal fallimento con un avventuroso (e anche un pò torbido) intervento della Popolare di Lodi ai tempi della famigerata gestione Fiorani.
Il fatto più sorprendente, tuttavia, non è che dalla bocca di Bossi escano simili spropositi. Ancora più allarmante è che le sue parole siano state accolte senza il minimo scandalo da gran parte degli esponenti del centrodestra. Quelli stessi, per intenderci, che seppero crocifiggere con parole di fuoco la ormai celebre battuta («Allora, abbiamo una banca») pronunciata da Piero Fassino quando sembrava vicina al successo la scalata di Unipol alla Bnl.
Questa logica dei due pesi e delle sue misure getta un´ombra inquietante sulla mossa di Bossi. Non si vorrebbe che la sua sortita sia soltanto un mettere le mani avanti in una guerra sotterranea, ma già aperta dentro la maggioranza, per la spartizione del potere dapprima dentro le Fondazioni e poi all’interno delle banche.