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 2010  aprile 15 Giovedì calendario

LA VERIT SULLA CRISI ISLANDESE NEL TEATRO DI REYKJAVIK

Le luci della sera calano lente su Reykjavik, mentre le voci degli attori continuano ininterrotte e un po’ monotone. Effetto voluto: la lettura del rapporto che spiega, denuncia e riassume i motivi e le colpe del crac finanziario che hanno impoverito l’Islanda si svolge senza enfasi, con burocratica freddezza, come in un tribunale. Ma siamo in un teatro, il Reykjavik city theatre dove 45 attori si alternano senza posa dietro il leggio posto sopra il palco per il brano a loro assegnato e cedere poi il posto. Ventiquattro ore su ventiquattro, senza posa, senza pause e con di fronte il continuno flusso di spettatori che, gratuitamente, sono stati invitati a entrare e a partecipare al rito catartico della verità della parola letta come una sentenza. L’ideatore della maratona giuridico-artistica – il direttore artistico Magnus Geir Thordarson – che non ha esitato a cancellare le rappresentazioni previste per questo reading oceanico ha chiesto agli islandesi, meno di 250mila persone che abitano l’isola ai limiti del Circolo polare artico, di partecipare allo spettacolo, e di far parte di questa operazione pubblica che vuole essere una presa di coscienza e di partecipazione del dramma che non ha risparmiato nessun islandese. La lettura è iniziata lunedì, nel giorno nel quale il voluminoso rapporto radatto da un commissione indipendente è stato consegnato al Parlamento. Al ritmo costante e monocorde dei lettori-attori la kermesse di parole si sta concludendo in queste ore, dopo oltre cento passate e scandite dalle voci dei 45 attori, portatori della verità sulla crisi bancaria di due anni fa, primo segnale della tempesta finanziaria che si sarebbe abbattuta globalmente sul mondo. Perché la posizione dell’Islanda ne ha fatto curiosamente una sentinella e una spia degli accadimenti che a catena si sono succeduti come una slavina sui mercati del pianeta e soprattutto europei: dalla piccola, poco abitata ma molto influente ed esposta finanziariamente Islanda (con partecipazioni in molte società scandinave e anche britanniche), la valanga della crisi si è ingrossata e propagata sui mercati continentali. E l’isola con vulcani e ghiacciai ha pagato prima e più degli altri, intaccando i risparmi e la fiducia dell’intero paese. Ma allo stesso tempo gli islandesi hanno reagito per primi e dopo un anno chiusi nei loro confini (e aumentando di molto il tasso di natalità rispetto agli ultimi anni di espansione economica) hanno fatto i conti materiali e psicologici, ripartendo e cercando di mettere in fila tutte le responsabilità della crisi. La commissione formata da un giudice della Corte suprema, dall’Ombdusman parlamentare e un economista (islandese) dell’università americana di Yale ha stabilito che le colpe vanno ripartite tra l’ex premier islandese e gli ex alti dirigenti del governo, compreso il governatore della banca centrale, accusati di ”grave neg l i ge n z a ” nel gestire la crisi finanziaria. Dunque i nomi dell’ex primo ministro Geir H. Haarde e la sua squadra di governo, fra cui l’ex ministro delle Finanze Arni M. Mathiesen e l’ex rasponsabile dell’Autor ità di sorveglianza finanziaria Jonas Fr. Jonsson e l’ex governatore della banca centrale David Oddsson, sono riecheggiati più volte nella sala del Reykjavik city theatre, ripetuti nelle duemila pagine del rapporto. Perché, come ha detto Thordarson ”quello di creare un profondo contatto con la società. La nazione islandese ha atteso a lungo il rapporto della Commissione Investigativa Speciale nominata dal Parlamento: il teatro intende mettere il documento a disposizione di tutti, nella maniera più semplice e naturale. Nello stesso tempo, questa performance sarà simbolica, nel senso che il teatro diventerà il santuario nel quale la gente può venire, ascoltare il reading e riflettere sul tema”. E far sì che un intero popolo impari a memoria una lezione da non dimenticare.