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 2010  aprile 15 Giovedì calendario

NUOVE ACCUSE A GARATTI «IL CHIRURGO COINVOLTO NEL CASO MASTROGIACOMO»

Marco Garatti sospettato di aver «attirato» Daniele Mastrogiacomo nel Sud per farlo rapire dai talebani nel 2007. Il personale di Emergency sarebbe anche coinvolto nella vicenda di Gabriele Torsello un anno prima. E oggi i suoi medici «taglierebbero le mani ai poliziotti afghani per boicottarli nel loro impegno contro la guerriglia». Sono solo alcune delle «notizie» diffuse dai media afghani negli ultimi giorni contro i tre italiani e i sei afghani di Emergency arrestati sabato dai servizi di sicurezza locali con l’accusa di aver cercato di assassinare il governatore della provincia meridionale di Helmand. Le prove? Due giubbotti da kamikaze imbottiti di esplosivo già innestato, bombe amano, pistole e una mitraglietta Makarov trovati nei locali dell’ ospedale dell’Ong a Lashkar Gah.
Ma se quell’accusa era già abbastanza grave, ora la ridda di voci sulle «colpe» di Emergency giunge a nuovi orizzonti. L’ultima è di ieri pomeriggio, quando l’agenzia stampa Pajhwok, citando «alte fonti governative», ha riportato che il chirurgo Marco Garatti, il più senior tra gli italiani arrestati, sarebbe coinvolto nel sequestro Mastrogiacomo, il giornalista preso dai talebani e poi liberato dopo il pagamento di un riscatto (vennero invece assassinati l’autista e l’interprete). «Sono notizie che arrivano dai servizi coinvolti nelle indagini. Entro quattro giorni dovrebbero formulare accuse ufficiali. Affermano anche che Garatti si sarebbe tenuto 500.000 dollari del milione e mezzo pagato dall’Italia per il riscatto», ci ha detto in serata il direttore dell’agenzia, Danish Karokhel. Immediata la risposta di Cecilia Strada, figlia del leader di Emergency Gino, la quale ha precisato che in quel periodo Garatti era in Sierra Leone. Ancora Karokhel aggiunge che gli inquirenti avrebbero riaperto i dossier di un altro giornalista italiano rapito a Helmand. «Emergency aiutò i talebani anche a prendere Gabriele Torsello. Il riscatto doveva aiutare la guerriglia», precisa.
Per gli avvocati e la diplomazia italiana non aiuta il fatto che gli arrestati si trovino lontani dalla capitale. «Sono ancora a Lashkar Gah, probabilmente gli inquirenti stanno cercando di circostanziare i capi di accusa», si dice nei circoli diplomatici. Il piccolo giallo di due giorni fa sembra comunque risolto: gli arrestati non sono svaniti nel nulla.
L’ambasciatore italiano, Claudio Glaentzer, li ha visti una volta nella giornata di domenica. Anche i delegati della Croce Rossa Internazionale hanno chiesto di incontrarli. Ma senza esito sino ora. A complicare le cose c’è la profonda ostilità con cui vengono accolte le prese di posizione di Strada tra le fila del governo afghano e nei ranghi anglo-americani della coalizione militare alleata. Il pugno di operatori umanitari stranieri che operano faticosamente nelle provincie meridionali del Paese tendono in generale a tracciare una profonda differenza tra «l’indubitabile professionalità» dimostrata negli anni da Emergency e invece «il carattere estremista e provocatorio» delle posizioni politiche assunte dal suo massimo rappresentante. Sono molti tra l’altro a mettere in dubbio, con dati alla mano, che le truppe Isaf-Nato abbiano rallentato l’afflusso dei feriti talebani alle strutture mediche vicine alla zona di Marja, come invece aveva dichiarato Strada in febbraio. Il numero di feriti durante i combattimenti contro Nato-Isaf e ricoverati allora nell’ospedale di Emergency sembra fosse compreso tra le 20 e 30 persone. «Strada ha la grande capacità di affermare concetti anche giusti, ma nel modo più sbagliato e controproducente possibile», è il commento più diffuso.
Lorenzo Cremonesi