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 2010  aprile 15 Giovedì calendario

A INTESA SANPAOLO LA CARTA SINISCALCO

la Lega non fa più la propria banchetta. Ora punta a conquistare i colossi, senza rivoluzioni legislative.
Enrico Cuccia ripeteva che le azioni si pesano e non si contano. Il fondatore di Mediobanca intendeva dire che le partecipazioni di soggetti importanti, competenti e lungimiranti nelle grandi imprese esercitano fatalmente un’influenza superiore a quella dei risparmiatori anonimi, degli investitori istituzionali e degli speculatori finanziari. Come si sa, il buono che c’era in quel pensiero finì con il diventare, in mani non adatte, l’alibi della conservazione di élite non meritevoli. Umberto Bossi pensa la stessa cosa dei voti della Lega in economia. Ha conquistato il Veneto e il Piemonte e già promette o minaccia di insediare uomini della Lega nelle grandi banche a tutti i livelli perché tanto gli chiederebbe il popolo. A ben vedere due regioni non sono l’Italia; a Torino e Venezia la Lega è al potere anche con i voti del Pdl. Eppure, con un consenso minoritario se confrontato con quello degli altri partiti messi assieme, ma concentrato nelle zone più ricche del paese, Bossi dichiara l’ambizioso obiettivo di ridisegnare gli organigrammi delle banche. Avrà le mani adatte?
Qualche anno fa, la Lega aveva promosso una sua banca in Lombardia, la Credieuronord. Fu un fiasco. Nello stesso periodo, Giulio Tremonti, con l’appoggio della Lega, cercò invano di sottomettere le fondazioni bancarie agli enti locali e le banche al governo riservando a società di gestione certificate dal ministero dell’Economia le partecipazioni che vi avevano le fondazioni. Ma da allora è passata molta acqua sotto i ponti. Le banche hanno perso buona parte del loro prestigio. La Grande crisi riscatta l’intervento pubblico. Il mito della globalizzazione cede il passo alla riscoperta delle radici. E la Lega ha imparato la lezione e ora punta a conquistare i colossi, senza rivoluzioni legislative.
Quando proponeva i Tremonti bond, il ministro amico giurava di non volere con ciò assumere partecipazioni nelle banche: «Il governo non intende fare il banchiere», spiegava per rassicurare i mercati. La Lega sembra contraddirlo. Ma è apparenza. I Tremonti bond costano e impongono pesanti condizioni all’esercizio del credito. Le grandi banche li hanno rifiutati. Ora Bossi vuole dettare la linea in sintonia con Tremonti e lancia un’Opa (offerta pubblica di acquisto) sulle banche: un’Opa speciale, senza esborso di cassa, e però capace di procurare lo stesso potere di nomina di chi fa un’Opa vera. Avrà successo? E’ difficile dirlo adesso, ma qualcosa sta cambiando. Unicredit e Intesa Sanpaolo hanno un capitale diffuso, anche all’estero. La Lega pensa di esercitarvi un’influenza dominante attraverso le fondazioni. Ci vorrà tempo. Le fondazioni sono governate da consigli con scadenze diverse, espressi sia dagli enti locali che dalla società civile: camere di commercio, università, chiesa, non profit. E tuttavia le parole di Bossi possono abbreviare l’attesa inducendo gli amministratori a correre in soccorso del vincitore.
In Intesa Sanpaolo, si leggono alcuni segni di questo particolare vento del Nord nel nuovo consiglio di sorveglianza, per quanto le liste siano state concordate prima delle elezioni, ma soprattutto parlano le tensioni sul consiglio di gestione, ancorché la decisione della Compagnia di San Paolo di sfiduciare Enrico Salza coroni un processo che era iniziato nell’area del centro-sinistra piemontese . In Unicredit la ristrutturazione degli assetti organizzativi è stata accompagnata dai commenti costanti di Luca Zaia, quasi che il governatore del Veneto dovesse dare i voti: prima male, poi bene, domani chissà. La gestione resta al management in carica, e però la Lega intende apertamente condizionarlo in nome del territorio e della piccola impresa.
La difesa del territorio è facile se c’è una fondazione sola. A Siena l’intreccio tra enti locali, fondazione e Monte dei Paschi regge, perché la fondazione ha la maggioranza assoluta della banca. Ma quando le fondazioni hanno tra il 10 e l’1%, si rischia la balcanizzazione ove i campanili non vengano filtrati da un management autonomo sebbene controllato negli obiettivi. E questi non sono così semplici da definire. C’è stato un tempo nel quale l’analisi del merito di credito veniva influenzata dalla politica e le nomine erano lottizzate. Il risultato fu un carico crescente di sofferenze e poi di perdite. Oggi le banche sono private e le partecipazioni, che in esse hanno conservato le fondazioni, costituiscono il cuore del patrimonio delle medesime e la loro prima fonte di reddito da redistribuire nel territorio.
Massimo Mucchetti