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 2010  aprile 14 Mercoledì calendario

GRAFFITI E SCOMUNICHE. I "SI DICE" DEL CASO CLAPS

 passato quasi un mese, ma l’unica cosa certa intorno al ritrovamento del cadavere di Elisa Claps è il clamoroso divario, ogni giorno più ampio, tra il silenzio e la segretezza della polizia scientifica e della magistratura e il rumore sempre più pressante dei media, che a tamburo battente stanno immaginando piste, nomi, risposte, molto spesso fantasiose. Il popolo di internet, la società civile e i teleutenti appassionati di gialli chiedono a gran voce la verità, non senza mal dissimulati furori contro i «poteri», tra cui la Chiesa, rappresentata a Potenza da monsignor Agostino Superbo, ma la magistratura, giustamente, lavora nel silenzio, e non si lascia trascinare nel generale ”dagli all’assassino!”. Quand’anche però Danilo Restivo - il principale indiziato dell’omicidio di Elisa Claps - fosse un killer seriale, in pochi si sono ancora chiesti se sia davvero giusto e corretto vedere inscenata in televisione un giorno sì e l’altro pure questa feroce caccia all’untore, come se lo stato di diritto non valesse anche per chi si macchia dei crimini più feroci. Il caso Claps, perciò, rischia di diventare un piccolo Vietnam della cronaca nera, o, alla meglio, un popolare reality-show che tira avanti a furia di nomination.
Intanto a Potenza la stanchezza e il nervosismo si fanno sentire. Il fratello di Elisa, Gildo Claps, tuona contro Restivo e contro la Chiesa, e dice che «il tempo è scaduto» per il colpevole e per i complici della morte della sorella. Filomena, la madre, ha deciso che i funerali della figlia avverranno all’aperto, «perché in Chiesa Elisa ci è già stata diciassette anni». Praticamente si sta andando dritti verso un parossistico caos sentimentale, giudiziario e mediatico.
L’anatomopatologo Francesco Introna ha consegnato l’altro ieri alla Procura di Salerno i risultati della sua indagine autoptica, ma neanche gli avvocati di parte hanno potuto ancora leggerla. Nell’attesa che il «corpo di Elisa parli», come ha detto Introna, i riflettori sono puntati sulla Chiesa della Trinità e Potenza, tanto che è nato un gruppo su Facebook che chiede a gran voce la sconsacrazione del luogo di culto. A Potenza, come molti già sanno, sono anche comparse due scritte sui muri. La prima dice: «Don Mimì sapìa» («sapìa» è in dialetto potentino il passato di sapere, quindi significa «sapeva». Evidente anche il gioco di parole tra il suo cognome Sabìa e la parola «sapìa»); la seconda, subito coperta da vernice, chiede l’allontanamento del vescovo Superbo. In una lettera pubblica di Gildo Claps alla sorella veniamo anche a sapere che un anno fa nei bagni del Gran Caffè di Potenza qualcuno scrisse che Elisa era nella Trinità. Nessuno se ne accorse a quel tempo? E come mai? Non è facile decifrare questi messaggi murali, e alto è il rischio che i writers si facciano beffe della fame di notizie dei media, tanto che nei giorni scorsi è nata una cabalistica e un po’ astrusa decifrazione di alcune scritte murali in cui il numero 5 e il numero 3 erano affiancati da una croce rovesciata (il 5 sarebbe la lettera numero 5 dell’alfabeto, quindi E di Elisa; il 3 sarebbe la lettera numero 3 dell’alfabeto, quindi C di Claps, o magari Chiesa). Per non parlare del numero 12, che sempre ricorrerebbe nei presunti assassinii di Restivo.
Tutti, comunque, si aspettano dalla perizia di Introna il nome e il cognome dell’assassino. Probabilmente questo non accadrà; e, se così fosse, ci aspettano mesi di rabbia, di tifoserie e di accanimento mediatico a vuoto. Anche perché in pochi hanno sottolineato il dato che il corpo di Elisa non è stato ritrovato mummificato, ma quasi tutto scheletrizzato (a parte un piccolo pezzo di gamba destra, appena mummificato). Di certo non sarà facile stabilire cause della morte di Elisa e dinamica dell’assassinio; e forse si sta esagerando nel riporre assoluta fiducia alle sole indagini scientifiche. Danilo Restivo ha fatto sapere che si sottoporrà all’esame del Dna, a cui non sarebbe obbligato per legge. Ieri comunque i consulenti tecnici hanno smentito la possibilità che Elisa sia stata accoltellata, avvalorando l’ipotesi della morte per strangolamento.
Tornando però alle notizie convulse di Potenza, si dice che don Mimì Sabìa avesse chiesto formalmente nel 1996 di fare lavori di restauro nel sottotetto (dimostrando, a posteriori, di non sapere). Ma poteva, don Mimì Sabìa, non sapere? Si dice anche che sin da gennaio di quest’anno don Wagno, l’attuale viceparroco della Trinità, sapesse di quel cadavere, ma che, nel comunicarlo al vescovo, anche a causa di una non perfetta conoscenza dell’italiano, abbia fatto qualche pasticcio. Si dice che Potenza sia una città omertosa, piena di notabili, massoni e poteri forti. Si dice, si dice. Nessuno però dice, tanto per fare un esempio, che per l’omicidio di Heather Barnett a Bournemouth, oltre a Danilo Restivo, sono state indagate fino ad ora almeno quattro persone, di cui una incarcerata per alcuni mesi. Questo lo afferma l’avvocato di Restivo, Mario Marinelli, che si chiede per quale ragione nessuno l’abbia ancora scritto. Appunto, perché nessuno l’ha ancora scritto? E c’è modo in tempi rapidi di leggere gli atti sul processo Barnett affinché questa notizia dell’avvocato Marinelli venga confermata nero su bianco?
Potenza comunque sta emergendo sui media come città omertosa e vischiosa, tanto che il sindaco Vito Santarsiero ha scritto una lettera aperta in cui ha parlato di accuse infamanti rivolte alla sua città. La vera speranza, in attesa che «il corpo di Elisa parli», è che parlino Eris Gega ed Eliana De Cillis, evanescenti e silenziosi amici di Elisa (Eliana disse che se al posto di Elisa ci fosse stata lei avrebbe fatto la stessa fine: quale fine?); o che vengano sentite altre persone con cui Elisa aveva rapporti in quel periodo (pare si frequentasse con un ragazzo che a Potenza faceva il militare). Si torni, cioè, a una strategia investigativa a tutto campo, senza certezze aprioristiche e senza teoremi.
Ci rendiamo perfettamente conto che Danilo Restivo ha la faccia giusta (e gli indizi giusti) per fare il protagonista di questa brutta storia, e che molti gravi indizi lo pongono al primo posto tra i colpevoli, ma non ci si deve mai dimenticare dei comprimari e delle comparse, e soprattutto della presunzione d’innocenza, che vale fino a prova contraria, cioè fino a sentenza passata in giudicato (e Dio ci scampi sempre dagli errori giudiziari!). Prima però si cerchi la verità, e solo in seguito si facciano i nomi e i cognomi. Infine, i professionisti della morale pubblica depongano le armi e dichiarino piena fiducia nella magistratura, che sta lavorando a riparo dai bagliori dei fuochi incrociati. Si evitino carriere mediatiche nel nome di Elisa. E si accerti il colpevole senza cercare un capro espiatorio. I processi e le indagini non si fanno con la pancia, ma con la testa.