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 2010  aprile 14 Mercoledì calendario

LA CRESCITA DEL SOLARE CERCA NUOVE ENERGIE

Zero virgola quattro per cento. ­ la quota di energia elettrica che l’Italia ogni anno ricava dal sole. Letta da sola non­una percentuale che faccia molta impressione, e sembrerebbe confermato quel luogo comune secondo cui il nostro Paese­molto indietro nella partita globale dell’energia rinnovabile. Conviene allora partire da altri numeri per capire quanto sia dinamica la nostra industria del solare. Come dal +380% di potenza fotovoltaica installata in Italia tra il 2007 e il 2008, seguito dal +72% del 2009. O dai 48 centesimi di incentivo statale massimo per kilowattora fotovoltaico prodotto che fanno del nostro sistema di agevolazioni quello pigeneroso d’Europa.
I numeri del secondo Solar Energy Report realizzato dall’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano dimostrano che, grazie all’aiuto pubblico – l’unico modo, in tutto il mondo, di tenere in piedi lo svilup- po dell’energia alternativa ”, l’Italia negli ultimi anni­riuscita a guadagnarsi un ruolo non marginale nel business del solare. Il primo ’conto energia’, nel 2005, e soprattutto il ’nuovo conto energia’, partito nel 2007, hanno introdotto un sistema di aiuti all’installazione di impianti fotovoltaici che ci ha portati ad avere oggi una potenza cumulata installata di 1,04 gigawatt. Un dato che ci colloca al quinto posto nel mondo, dopo Germania (8,35 Gw), Spagna (3,9 Gw), Giappone (2,7 Gw) e Stati Uniti (1,68 Gw). L’obiettivo fissato con il ’nuovo conto energia’ era di mettere in piedi una capacit di 1,2 Gw. Il traguardo­ a un passo, e dalla seconda metdello scorso anno­ partita la caccia agli ultimi incentivi disponibili. Per le casse pubbliche l’investimento­importante, ma non esagerato: nel 2009 la spesa per incentivi­stata di 450 milioni di euro, contro entrate che – calcolando anche il gettito fiscale e i mancati esborsi per le emissioni di Co2 – valgono 300 milioni di euro.
Il ’nuovo conto energia’ ha permesso a molti italiani di ottenere a cifre contenute (attorno ai 16mila euro) impianti fotovoltaici domestici che, grazie agli incentivi, dopo una decina d’anni ripagano i costi di costruzione e garantiscono discreti ritorni sull’investimento. A questi si sono aggiunti gli impianti pigrandi per le imprese, per un totale di quasi 70mila impianti fotovoltaici. Questo sistema ha consentito lo sviluppo di una filiera che oggi, per la sola produzione e installazione dei pannelli, vale 2,3 miliardi di euro all’anno, mentre se si considera l’intero indotto supera i 4,5 miliardi.
Le imprese che lavorano nel fotovoltaico sono 700, alle quali si aggiungono 430 istituti finanziari che collaborano finanziando lo sviluppo o le assicurazioni degli impianti, mentre i dipendenti del settore sono 7mila, che con l’indotto diventano 20mila. I margini di crescita sono enormi. Il Solar energy report ha fatto qualche ipotesi: nello scenario ottimistico il settore potrebbe arrivare a occupare oltre 50mila dipendenti complessivi nel 2013, 20mila direttamente, mentre la potenza installata nel 2015 potrebbe portarsi a 7 Gw.
Tutto perdipende dai soldi che lo Stato sardisposto a metterci. Al convegno del Politecnico di Milano, Stefano Saglia, sottosegretario allo Sviluppo economico che si occupa del rinnovo del ’conto energia’, ha confermato le ipotesi circolate negli ultimi tempi: gli incentivi subiranno una riduzione graduale – inferiore a quella del costo dei pannelli ”, probabilmente un taglio del 5-10% che, promette Saglia,non impedirai nostri incentivi di rimanere i pigenerosi d’Europa. Il nuovo tetto di energia incentivabile sarfissato a 3 Gigawatt. Le aziende si aspettavano qualcosa di pi, chiedevano un tetto massimo a 7-8 Gw, ma la riduzione degli incentivi le accontenta. In Spagna un taglio del 35% ha provocato il crollo della filiera del solare, mentre anche la Germania qualche settimana fa ha annunciato un taglio degli investimenti pubblici nel solare attorno al 15%. E con il nuovo conto energia l’Italia potrebbe anche superare il maggior freno allo sviluppo del suo fotovoltaico: la burocrazia regionale che, nonostante una legge del 2003 fisserebbe a 180 giorni il tempo di autorizzazione per l’avvio di un impianto, in molti casi allunga le attese facendole durare anche diversi anni.