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 2010  aprile 14 Mercoledì calendario

IL MANAGER "ETNICO" ULTIMA TENTAZIONE IN BANCA


Le nuove poltrone in banca? Crescono all’ombra del campanile. Eppure, appena sei mesi fa, il Governatore della Banca d’Italia esortava le Fondazioni azioniste dei grandi istituti a «sollevare lo sguardo al di sopra dei campanili, per contribuire alla maturazione di un sistema solido, pronto ad affrontare le sfide della concorrenza internazionale». A giudicare però da movimenti e dichiarazioni che caratterizzano le nomine bancarie in corso pare che l’approccio «global» del Governatore, inteso a favorire l’efficienza del sistema bancario a discapito dei localismi, non goda di grande popolarità. Di certo i suoi appelli non risuonano nelle stanze dei banchieri né tantomeno in quelle delle Fondazioni, che restano cinghia di trasmissione tra politica e credito e dunque già tendono ad regolarsi sui nuovi equilibri elettorali e sul successo della Lega. Tanto da sostituire spesso al decantato «rapporto con il territorio» un più prosaico esame preventivo dei certificati di nascita.
L’esempio più eclatante - ne ha scritto scandalizzato anche Alessandro De Nicola del pensatoio liberista Adam Smith Society - è stato l’inedito auspicio del Governatore del Veneto Luca Zaia di avere per l’appunto un veneto come «country manager» di Unicredit in Italia.
Le aspettative del ministro non sono state del tutto soddisfatte visto che ieri per quel ruolo è stato scelto Gabriele Piccini, brianzolo, è vero (Seveso, 1956), ma presumibilmente senza retropensieri di tipo etnico. Ma Zaia ha comunque promosso l’ad della banca Alessandro Profumo, aggiungendo anche che «lo ringrazio per i tanti veneti inseriti nel cda, perché la banca più è local è più ci piace». Uomo di facili soddisfazioni, il ministro, visto che nel cda di Unicredit i consiglieri nati in Veneto sono due su 23. La stessa quota di quelli nati in Sicilia.
Ma non di sole tentazioni leghiste è fatto il nuovo panorama della banca «etnica». In fondo anche nel ribilanciamento dei pesi tra Torino e Milano che la Compagnia di San Paolo guidata da Angelo Benessia ha cercato - finora senza successi memorabili - di perseguire, passa attraverso esercizi che guardano al certificato di nascita oltre che al curriculum vitae. Anche per questo c’è stato il tentativo di portare Fabio Gallia (Alessandria, 1963) per al posto di direttore generale della banca dei Territori - offerta declinata dall’interessato - andato poi Marco Morelli (Roma, 1962).
E nella partita ancora aperta per la nuova presidenza del consiglio di gestione, che all’epoca della fusione era stato dato a Torino, Benessia ha provato a scalzare Enrico Salza (Torino, 1937) con Emilio Ottolenghi (Torino, 1932) contando proprio sulla città di nascita del candidato, nonostante lo stesso Ottolenghi sia da anni esponente di spicco della componente bolognese dell’azionariato. Adesso il duello resta fra lo stesso Salza e Domenico Siniscalco (Torino, 1954) che non pare messo a rischio da qualche remota ascendenza salernitana...
C’è chi della componente etnicomanageriale prende atto con grande naturalezza. Così Massimo Ponzellini (Bologna, 1950), presidente della Popolare di Milano nonostante la nascita e la residenza emiliana e un passato non ostile al centrosinistra («Vicino a Prodi? Sì, vicino di casa», recitava una disincantata replica del portavoce del Professore, Silvio Sircana») ha di recente spiegato al Corriere della Sera che se Umberto Bossi lo sponsorizza così tanto «credo che si debba alle mie origini varesine», visto che suo padre è nato in quella Provincia. C’è anche chi si smarca dalle etichette politiche, come ha fatto l’ad di Veneto Banca Vincenzo Consoli (Miglianico, 1949), usando proprio il certificato di nascita.
Lui, per non essere caratterizzato come banchiere della Lega, sottolinea le sue origini materane. Ma anche questo è un segno dei tempi in cui i banchieri devono girare sempre più spesso con il certificato di nascita. certo è che se sul panorama italiano si affacciasse un nuovo Enrico Cuccia avrebbe i suoi problemi ad affermarsi. Chi vorrebbe «un siciliano a Milano»?