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 2010  marzo 06 Sabato calendario

POZZO, L’ILLUSIONISTA

Il tema a cui dedicò tutta la sua vita di pittore, architetto e scenografo fu la prospettiva. «Con ammirabile diletto inganna il più accorto de’ nostri sensi esteriori, ch’è l’occhio», scriveva Andrea Pozzo, religioso della Compagnia di Gesù, figura chiave dell’arte del XVII secolo. Nato a Trento nel 1642, padre Pozzo muore a Vienna nel 1709, ma il fulcro della sua attività si svolse a Roma, tra 1681 e il 1702. E nel centenario della morte Roma gli rende omaggio con la mostra «Mirabili Disinganni», che si è inaugurata ieri all’Istituto nazionale per la Grafica, dove resterà aperta fino al 2 maggio. L’Istituto, che di recente ha acquisito le circa duecento matrici originali per la stampa delle illustrazioni della «Perspectiva Pictorum et Architectorum», presenta, tra le altre opere che arricchiscono le quindici sezioni, incisioni e schizzi preparatori che testimoniano l’attività dell’artista come pittore di figura e quadraturista. Dagli Uffizi provengono i raffinati disegni delle scenografie delle Quarantore, i testi sacri allestiti nelle chiese dei gesuiti e destinati all’esposizione solenne del Sacramento con grandi apparati, simili a scenografie teatrali, per la durata di quaranta ore durante la settimana santa e in prossimità del carnevale.

Ci sono anche i bozzetti di quello che è considerato il capolavoro del padre gesuita: la volta e la finta cupola della chiesa di Sant’Ignazio e ilmodello ligneo, di straordinario impatto visivo, eseguito per l’altare di san Luigi Gonzaga, sempre nella stessa chiesa. Chi visita la mostra può continuare il percorso nelle chiese, a due passi da Fontana di Trevi: quella appunto di sant’Ignazio, dove Pozzo trasferisce negli affreschi un’architettura dipinta, popolata da una folla danzante di angeli, uomini e animali e, nello spazio celeste che si apre sopra di loro, la rappresentazione della gloria di Sant’Ignazio, in una corrispondente gradazione dalle tenebre alla luce. Dipinti dal gesuita sul finire del Seicento, gli affreschi sono tornati a splendere nel Duemila, dopo due anni di restauri costati oltre un miliardo di lire.

L’altra è la chiesa del Gesù, dove nel transetto sinistro è situata la cappella in cui si venerano le spoglie del fondatore dell’ordine. Questa cappella è forse l’opera di Pozzo che più di ogni altra ha raggiunto fama mondiale, ma anche quella che durante la sua progettazione riscontrò maggiori travagli, suscitando non pochi subbugli e invidie, come raccontano Richard Bosel e Giovanni Papotto nel bel catalogo che accompagna la mostra, curato anche da Lydia Salvucci Insolera e pubblicato da Artemide.

Quando finalmente la cappella fu terminata, gli spettatori ammutolirono, «solo parlavano gli occhi, o attenti a contemplar per meraviglia, o intenti a lagrimar per consolazione», secondo la testimonianza diretta di Carlo Mauro Bonacina, direttore dei lavori e amministratore dell’opera progettata da Pozzo. Un’opera in effetti straordinaria, sia per la ricchezza dei materiali, dai lapislazzuli all’agata, dagli alabastri al bronzo dorato e alle pietre preziose di ogni genere che resero l’altare l’esempio più sontuoso del patrimonio barocco mondiale; sia per il modo in cui fu realizzato, quasi favoloso per quei tempi. Padre Pozzo infatti fece dialogare la tecnica prospettica con le conquiste scientifiche del XVII secolo, soprattutto nel campo delle «matematiche miste» e dell’ottica, dove gli scienziati gesuiti offrirono un contributo determinante.

Per entrare in questo affascinante mondo della conoscenza ci si può soffermare nel laboratorio ricostruito in mostra (con tanto di strumenti matematici e di disegno realizzati sulla base degli originali) sul modello dell’ «accademia» a cui lo stesso Pozzo diede vita, all’interno del Collegio Romano, istruendo una schiera di confratelli e giovani artisti provenienti da tutta Europa. Fu anche grazie a questa scuola che il suo trattato «Perspectiva Pictorum et Architectorum», opera di gran valore didattico e corredata da una splendida iconografia, le cui matrici originali vengono ora esposte al pubblico per la prima volta, si diffuse nel resto d’Italia e nell’Europa centrale, oltre che in luoghi a quel tempo remoti, come l’America Latina e persino la Cina.