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 2010  marzo 08 Lunedì calendario

BALDUCCI, AZIONE! NON PER AIUTINO MA PER TALENTO

D’accordo, la chiacchierata sul Tg1 a ora di cena, «l’aiutino» commissionato dal direttore Augusto Minzolini su paterna richiesta di Angelo Balducci, l’ex potente collaboratore di Bertolaso nonché ”Gentiluomo di Sua Santità” di cui stiamo scoprendo misfatti pubblici e vizietti privati. Evocata in un’intercettazione finita sui giornali, suona come una marchetta disonorevole l’intervista di Vincenzo Mollica al giovane Lorenzo Balducci in vista dell’uscita di Io, Don Giovanni, diretto dallo spagnolo Carlos Saura e fotografato dall’oscarizzato Vittorio Storaro.
Il film, prodotto da Raicinema e distribuito da Lucky Red, non sarà stato un capolavoro, ma Balducci jr, 27 anni, romano, ne era il protagonista assoluto, nei panni di Lorenzo da Ponte, amico e librettista di Mozart. Pure bravino, nel contesto generale, certo più di Tobias Moretti nel ruolo di Casanova, anche capace di rivaleggiare con Ennio Fantastichini travestito da Salieri. Davvero così riprovevole quell’intervista?
Invece, nell’Italia dei raccomandati, sotto un diluvio di rivelazioni stuzzicanti, il giovane Balducci è diventato l’emblema di una carriera dorata, senza gavetta, oggetto di uno spot promozionale ordito per lanciare, si leggeva anche l’altro ieri su un sito, «un aspirante attore (più aspirante che attore)». Ma forse le cose non stanno così. Magari le colpe dei padri non dovrebbero ricadere sui figli; magari Lorenzo Balducci, nelle intercettazioni detto «quel piccolino», non è un attore così ”cane”; magari tanto accanimento alla fine risulterà un po’ esagerato.
In fondo, al netto dei sospetti più o meno maliziosi sui suoi orientamenti sessuali, dovrebbero essere i film (21) e le fiction (17) a parlare per lui. Allora vediamo: I cavalieri che fecero l’Impresa e Il cuore altrove di Pupi Avati, Ma che colpa abbiamo noi di Carlo Verdone, El Alamein di Enzo Monteleone, 3 metri sopra il cielo di Luca Lucini. Sono solo alcuni dei film nei quali figura in ruoli ancora secondari. Ma già nel 2007 appare accanto a Valeria Golino, attrice dal caratterino mica male, sempre esigente nello scegliere i progetti, nel film del polacco Krzysztof Zanussi Il sole nero. Non una riuscita, anzi decisamente brutto, ma capita anche ai grandi registi. Intanto, però, gira in francese, accanto a Monica Bellucci, il thriller sovrannaturale L’eletto di Guillaume Nicloux, e l’anno dopo André Téchiné lo vuole nel film I testimoni, protagonisti Emmanuelle Béart e Michel Blanc. Racconta in un’intervista: «Mi sento un po’ un outsider. Lavorare con registi stranieri è stata la mia più grande benedizione». Infatti l’esigente Téchiné lo rivuole per un film da girare in Italia, Le Terminus des anges, con Carole Bouquet e André Dussolier.
Alto, magro, la voce educata, una bellezza ambigua che tende a mascherare facendosi crescere la barba e vestendo casual, Balducci possiede, cinematograficamente, un temperamento drammatico. Leonardo DiCaprio e Ewan McGregor i suoi modelli, anche se gli piacerebbe girare una commedia alla maniera del Jim Carrey di Yes Man. La sua ambizione: «Vorrei non andare sul sicuro, provare a sperimentare».
Quando, dopo l’anteprima al Festival di Roma 2009, esce Io, Don Giovanni, a lungo rimasto nel cassetto, i critici stroncano il film, certo pretenzioso e teatrale nella messa in scena, quasi un delirio fotografico di Storaro, ma risparmiano Balducci. In effetti, si muove in abiti settecenteschi, tra parrucche e marsine, o anche senza, con una certa disinvoltura, la dizione è decente. «Siete prete, dunque. Nonché poeta, libertino e sobillatore», lo interroga in una scena l’imperatore Giuseppe II. Da Ponte è appena arrivato a Vienna da Venezia, è il 1781, per scontare un lungo esilio. Poco dopo conoscerà Mozart, col quale creerà il Don Giovanni.
Insomma, Balducci ne esce decorosamente, e anche nel successivo Ce n’è per tutti di Luciano Melchionna, accanto a Stefania Sandrelli, Michaela Ramazzotti e Ambra Angiolini, non sfigura. Nei panni di Gianluca, ventenne depresso e pallido che si inerpica in cima al Colosseo per farla finita, ”parla” col fantasma della nonna. Poco prima, ricevuto da una manager arrogante, il poveretto era esploso così: «Lei mi sta proponendo di lavorare gratis. E come vivo? Mangio il mio straordinario talento?». Curiosa battuta.
L’arresto del padre, nel quadro dell’indagine fiorentina sugli appalti del G8 alla Maddalena, lo coglie a Berlino, dove è volato a presentare Due vite per caso di Alessandro Aronadio: una sorta di Sliding Doors all’italiana, accanto alla brava Isabella Ragonese, nel quale incarna un personaggio la cui vita prende due strade (no global e carabiniere) destinate a riunirsi tragicamente. Proprio in quelle ore, inseguito dall’Ansa, Balducci rilascia una dichiarazione in cui si dice «devastato dal massacro mediatico». Ricorda di avere cominciato a fare l’attore «anche contro la volontà dei miei genitori, con la caparbietà dei giovani». Il padre, invece, secondo le prime indiscrezioni, ne avrebbe favorito la carriera, eccome. «Ma io per tutti i ruoli che ho interpretato fino ad oggi ho dovuto sostenere innumerevoli provini prima di essere presto, e tante volte anche rifiutato», si difende. Aggiunge, si direbbe in tono autocritico: «Avendo da sempre desiderato fare solo l’attore, mi sono completamente disinteressato dell’attività di mio padre. Forse troppo, al punto da non aver intuito assolutamente nulla di quello che stava per succedere. E di questo me ne dolgo profondamente». Ancora: «Questo per me è come se fosse l’anno zero, quello da cui, dopo aver rimosso il dolore, dovrò ripartire. Chiedo ai media di avere rispetto delle indagini in corso, come anche della vita privata delle persone coinvolte loro malgrado in tutto questo».
Non sapeva, quel 17 febbraio, che la sorte gli avrebbe riservato qualche settimana dopo una seconda botta, con le rivelazioni attorno alle frequentazioni omosessuali del padre. Racconta Patrizia Cafiero, che ne cura l’ufficio stampa: «Lorenzo è una persona travolta dal dolore, a terra, distrutto dalle ultime rivelazioni. I giornalisti lo cercano da giorni, ma cosa mai dovrebbe dire? Sta male e basta. Lasciatelo in pace». L’avvocato gli ha consigliato di non rilasciare interviste. Parlerà più tardi, a fine mese, quando uscirà nelle sale Due vite per caso e per forza dovrà presentarsi alla conferenza stampa.
Parla invece Angelo Barbagallo, ex socio storico di Nanni Moretti, ora titolare della Bibi Film: ha prodotto con la Rai La meglio gioventù, Sanguepazzo, adesso la serie Le cose che contano, sei ore in quattro puntate. Dove Lorenzo Balducci incarna Nino, il fratello minore al centro della vicenda, accanto ad attori del calibro di Claudio Santamaria, Paola Cortellesi, Ennio Fantastichini, per la regia di Gianluca Maria Tavarelli. «Posso solo ripetere ciò che ho già detto. Lorenzo è un attore intenso e duttile. L’abbiamo preso perché ci piaceva. A giochi fatti, nonostante le polemiche di questi giorni, posso dire che lo riprenderemmo tranquillamente». Barbagallo conferma quanto rivelato a Paolo Conti del Corriere della Sera, cioè di aver ricevuto una segnalazione da Giancarlo Leone, vicedirettore della Rai. «Normale che lo senta, lo conosco da anni lavorando con lui, ma non ho mai ricevuto né una pressione né una raccomandazione. Ho chiesto al regista di incontrare Balducci, tacendo, per mia regola, della telefonata di Leone. Il provino andò benissimo, Lorenzo fu visionato anche dagli sceneggiatori Rulli e Petraglia, che ne furono entusiasti».
Così stanno (starebbero) le cose. Poi, certo, Lorenzo Balducci faticherà a scrollarsi di dosso la nomea di super-raccomandato. Tuttavia può essere utile, a completare il quadro, sentire Carlo Verdone, che lo ebbe come figlio in Ma che colpa abbiamo noi. «Lo ricordo come un ragazzo serio, educato, scrupoloso, anche emozionato. Doveva scambiare alcune battute difficili con me, padre sciagurato, e se la cavò bene. Lo scelsi dopo un provino, preferendolo ad altri due candidati. Vorrei essere chiaro: non accetto raccomandazioni, io. Mai».
Michele Anselmi, Il Riformista 8/3/2010