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 2010  marzo 07 Domenica calendario

ALLE ELEZIONI IRACHENE HA GIA VINTO L’IRAN

Oggi si aprono le urne in tutto l’Iraq. Ma quelle che dovrebbero essere le elezioni che confermano il cammino democratico del nuovo Iraq rischiano di trasformarsi in una trappola. Una trappola escogitata dagli iraniani per ottenere il controllo del Paese, ancora dilaniato dalla minaccia terroristica (sono 50 i morti negli ultimi giorni per gli attentati) e incapace di gestire autonomamente il comparto sicurezza e interi settori dell’economia. A lanciare l’allarme è Saleh Al Mutlaq, un politico sunnita escluso dalla competizione elettorale (insieme ad altri 511 candidati, quasi tutti sunniti) per i precedenti legami con il regime di Saddam Hussein. Intervistato dalla ”Stampa”, l’ex esponente baathista sostiene che c’è lo zampino dei Pasdaran di Teheran, e in particolare del comandante dei Guardiani della Rivoluzione, il generale Qassem Sulaimani, dietro la scelta delle principali candidature. E, in effetti, i fatti sembrano confermare questo preoccupante scenario: i sei principali candidati in corsa per il posto di primo ministro sono tutti sciiti, la religione di riferimento degli iraniani. In un paese multietnico e multireligioso come l’Iraq diviso fra un 55% di sciiti e un 42% di sunniti, è un dato che fa riflettere.
AMICI DEGLI AYATOLLAH
Fra i principali leader in lizza, il primo ministro Nuri al Maliki, gia esule in Iran durante la dittatura del Rais. A capo dell’Alleanza per lo Stato di diritto e del partito islamico Daawa, può vantare rapporti molto stretti con Teheran. Fu lui nel marzo 2008, ad accogliere trionfalmente Mahmoud Ahmadinejad, con grande disappunto degli americani. In quell’occasione il presidente pasdaran parlò di «clima fraterno e costruttivo», «comune visione», «rafforzamento della cooperazione economica, culturale e politica». Dalle parole ai fatti. Oggi l’Iran è il primo partner commerciale dell’Iraq con un volume di scambio che nel 2010 potrebbe superare i 5 miliardi di dollari. Il mercato iracheno in questi ultimi anni è stato invaso da merci iraniane a basso costo, materiali per l’edilizia e macchinari. Inoltre gli iraniani versano fiumi di denaro per progetti volti a migliorare le infrastrutture delle città sante sciite irachene, 20 milioni di dollari all’anno solo per Najaf. Il tutto per facilitare il flusso di pellegrini proprio dall’Iran. Teheran ha inoltre aperto a Bagdad una filiale della banca Melli, da cui passano anche i finanziamenti per le milizie sciite irachene che nel Sud del Paese hanno dato filo da torciere alle forze della coalizione internazionale. Fra i principali candidati che contendono al filo-iraniano alMaliki lo scettro del potere, c’è un altro uomo legato a doppio filo all’Iran: Ibrahim al Jaafari, leader dell’Alleanza Nazionale Irachena, che riunisce i partiti sciiti di ispirazione integralista. Dell’Alleanza fanno parte il Supremo Consiglio Islamico Iracheno, guidato da Ammar al-Hakim (appartenente ad una famiglia di oppositori di Saddam fuggiti in Iran) e la corrente del religioso fondamentalista Muqtada al-Sadr, la cui milizia nel 2004 scatenò una violenta battaglia contro il contingente italiano a Nassirya. Proprio attraverso il canale religioso passano molti contatti fra Iran e Iraq. Secondo il Council of Foreign Relations almeno un terzo Teheran a studiare nelle città sante irachene sciite come Najaf e Kerbala sono in realtà agenti segreti in missione per conto dei Pasdaran. Siamo lontani anni luce quindi da quando i kamikaze iraniani in moto si gettavano contro le linee irachene in nome di Khomeini. Oggi i due Paesi sono accomunati da legami strettissimi. Con il trionfo delle formazioni sciite filo-iraniane, Teheran spera di formare un asse che passando da Bagdad e Damasco dell’amico Assad arriva a Beirut delle milizie Hezbollah. Un controllo strategico dell’area che s’estende fino alla Striscia di Gaza gestita dalle milizie di Hamas.
L’ESERCITO ROSA
Fra le particolarità di questa tornata elettorale irachena non c’è solo la prevalenza degli sciiti, ma anche il gran numero di donne che si presentano come candidate. Sono ben 2.000, su 6.200 candidati. Un numero consistente, che indica comunque la voglia di cambiamento di un Paese che, tradizionalmente, non ha mai visto di buon occhio l’intervento del gentil sesso nella cosa pubblica.
Ciò che invece purtroppo non è cambiato rispetto agli anni scorsi è il pesantissimo bilancio di sangue provocata da un’ondata terroristica spaventosa. Dopo le minacce di Al Qaeda («restate a casa, non votate», hanno fatto sapere i seguaci di bin Laden) puntualmente infatti sono arrivati gli attentati. Ieri un’autobomba è esplosa nel cuore di Najaf, e ha investito in pieno due pullman di pellegrini iraniani. E iraniani sono dunque gran parte delle vittime: almeno quattro i morti e quasi sessanta i feriti. L’attentato, che porta ad oltre 50 il numero delle persone uccise negli ultimi giorni di campagna elettorale, è stato messo a segno vicino alla moschea-mausoleo dell’imam Ali.