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 2010  marzo 06 Sabato calendario

L’OMICIDA E’ UN AMICO DI GUEDE

Ha scelto lui, Rudy Hermann Guede. Per raccontare la verità, 28 mesi dopo il delitto, l’ivoriano accusato dell’omicidio di Meredith Kercher si è fidato di Mario Alessi, il muratore siciliano condannato all’ergastolo per aver rapito e ucciso, la sera del 2 marzo 2006, il piccolo Tommaso Onofri. Al killer, che ha due volte la sua età e il doppio di anni da scontare, ha detto quel che si è rifiutato di confessare ai giudici di Perugia, nonostante due gradi di giudizio. E lui, il manovale siciliano trasformatosi in infanticida, ha inviato una lettera all’avvocato Giulia Bongiorno, difensore di Raffaele Sollecito (coimputato assieme ad Amanda Knox dell’omicidio di Metz), chiedendo un incontro.
E’ il 9 novembre 2009. All’avvocato Bongiorno Alessi racconta il contenuto della «confessione» di Rudy alla quale avrebbero assistito altri tre detenuti del carcere di Viterbo. Non solo. Delle confidenze Alessi aveva messo a parte anche suor Annunziatina e padre Antonio, i due religiosi che operano nel carcere. Le dichiarazioni dell’assassino di un piccolo di 17 mesi sono state videoregistrate, il nastro è stato depositato alla procura di Perugia. Dalle presunte affermazioni di Rudy quella notte del 2007 le cose andarono in maniera opposta a quella finora sostenuta dalla magistratura umbra.
Amanda e Raffaele, avrebbe detto l’ivoriano ribattezzato il Baro per la propensione alla menzogna, non c’erano. Loro non c’entrano nulla. Racconta un’altra storia, Rudy, scagionando i due ex fidanzati. Dice che la notte del delitto lui e un suo amico, non invitati, si sarebbero recati da Meredith che era sola in casa. Avrebbero preteso un rapporto a tre e al rifiuto della giovane londinese Rudy si sarebbe allontanato, recandosi in bagno, mentre l’amico avrebbe continuato le avance. Al ritorno l’ivoriano avrebbe tentato anche lui un secondo approccio, posizionandosi dietro la studentessa. Sarebbe stato a quel punto che l’amico di Rudy avrebbe tirato fuori un coltello col quale avrebbe ferito Meredith che tentava di divincolarsi. Sempre lui, l’amico di cui nessuno aveva mai sentito parlare, avrebbe deciso di ucciderla. «Finiamola, se no questa ci fa marcire in carcere», avrebbe detto, sferrandole una coltellata al collo e poi fuggendo.
Era stato Rudy, allora, a soccorrere l’inglese. Poi, spaventato perché non respirava più, era fuggito e in discoteca aveva, fortuitamente, incontrato l’amico che gli aveva dato del denaro, forse appartenente a Metz. Una ricostruzione che spariglia le carte e alla quale i difensori dell’ivoriano, gli avvocati Walter Biscotti e Nicodemo Gentile, mostrano di non credere. «Parliamo di cose serie», dicono.