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 2010  marzo 07 Domenica calendario

CENTRALE DEL LATTE, UN’AMARA LEZIONE

Si parla sempre di certezza e rapidità della giustizia come componente essenziale della competitività del Paese, e poi una transazione economica rilevante non diventa «cosa giudicata», dunque non più modificabile, nemmeno dopo 14 anni. Per effetto di una sentenza del Consiglio di Stato, depositata il primo marzo, il Comune di Roma torna a essere proprietario della Centrale del Latte, che era stata privatizzata nel 1996 dalla giunta Rutelli. La decisione accoglie il ricorso presentato nel 2000 da un pretendente scartato, la LatteSano, società laziale della famiglia Lorenzoni che in corso d’opera nulla aveva obiettato. In precedenza, per 9 volte Tar, Consiglio di Stato e Cassazione avevano avallato la cessione. Anche la Commissione europea aveva dato il suo placet. Il colpo di scena deriva dal rispetto delle forme o dall’ossequio al formalismo? Certo è che le conseguenze negative sono evidenti.
Privatizzare non è sempre la scelta migliore, ma privatizzare la Centrale di Roma lo era. Superata l’antica l’esigenza sociale di assicurare la tazza di latte ai poveri, restava il disastro delle clientele, che perdeva 30 miliardi di lire su 100 fatturati: in altre parole, ogni anno i contribuenti sussidiavano per 30 miliardi gli allevatori che fornivano la materia prima a caro prezzo, i dipendenti che costavano 90 milioni pro capite e i due distributori privati che drenavano imargini commerciali. Vendere il 75% della Centrale alla Cirio per 80 miliardi di lire è stata cosa buona e giusta. Specialmente se tramite una procedura di evidenza pubblica, sorvegliata da un comitato di garanzia di giuristi ed economisti di chiara fama.
La gestione privata, soprattutto quella della Parmalat, che ai tempi di Tanzi aveva assorbito il settore latte di Cirio, ha molto migliorato i risultati. E ora il Comune, amministrato da Gianni Alemanno che fieramente si oppose alla privatizzazione assieme alla sinistra comunista, si ritrova in mano un valore di 200 milioni di euro. E anche l’obbligo di risarcire il danno (30-50 milioni, si dice) alla LatteSano. Ammesso che superi le prevedibili reazioni della nuova Parmalat, che farà? Chiederà a sua volta i danni alla giunta Rutelli? Con un ministro come Andrea Ronchi, anche lui ex An, che vuole privatizzare anche le gestioni idriche, difficilmente il sindaco Alemanno potrà tenersi la Centrale. La darà ai fornitori? Conflitti d’interesse a parte, i 4 mila allevatori dell’Agro romano, antica riserva di caccia elettorale di An, difficilmente raccoglieranno i soldi necessari per acquistare la Centrale risanata. Vedremo. La finanza sa sempre inventarsi compratori.
Nell’attesa, due osservazioni: a) se dopo 14 anni tutto può essere ribaltato in questo modo, sarà ancor più difficile privatizzare, anche quando parrebbe ovvio farlo; b) Paesi come l’India o la Cina possono permettersi certe forzature perché sono mercati immensi e imprescindibili, l’Italia è quella che è, e deve stare più attenta.
Massimo Mucchetti