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 2010  marzo 07 Domenica calendario

LEGGI TUCIDIDE PRIMO REVISIONISTA

«Quanto ai fatti... non ritenni di doverli scrivere attingendo al primo capitato, né "come a me pareva" ma vagliando il più possibile scrupolosamente sia gli eventi di cui ero stato direttamente testimone sia quelli che apprendevo da altri». nel primo libro della sua Guerra del Peloponneso che il grande storico ateniese Tucidide (probabilmente il più grande di tutti i tempi) dichiara il suo intento, vale a dire fondare la storiografia obiettiva e basata sull’accurata ricerca dei fatti (non, ad esempio, su qualche estemporaneo intervento delle divinità, come il suo predecessore Erodoto ogni tanto indugiava a credere). E perché non ci fossero dubbi nel lettore che si stava accingendo a leggere qualcosa di unico e memorabile, Tucidide continua affermando che il suo libro sarà «utile a quanti vorranno vedere con precisione i fatti passati e orientarsi un domani di fronte agli eventi, quando stiano per verificarsi, uguali o simi-li, in ragione della natura umana. Ciò che ho composto è un’acquisizione perenne, non un pezzo di bravura mirante al successo immediato».
Non si può dire che Tucidide non sia stato un buon profeta del destino che avrebbe incontrato la sua opera. Essa è stata per 2.400 anni studiata, interpretata, tradotta, citata da milioni e milioni di lettori che ne hanno ammirato la limpidezza,l’intelligenza, lo stile e hanno elevato il suo autore a un maestro non solo di storia ma di politica. E non c’è dubbio che uno dei più rinomati studiosi di Tucidide di sempre sia Donald Kagan, professore emerito dell’Università di Yale, autore di numerosi studi sulla Grecia del V secolo avanti Cristo e in particolare della monumentale The Peloponnesian War, opera in quattro volumi che in molti sono stati tentati di definire come il testo che ha messo una parola definitiva su quanto accadde tra il 431 e il 404 avanti Cristo.
Fortunatamente l’ingegno umano, per quanto non illimitato, è capace di creare sempre nuove ipotesi e stimoli e così Kagan, uno dei fari intellettuali dei neoconservatori in America, ha scritto il saggio
Thucydides. The reinvention of history nel quale il suo eroe viene analizzato e definito come il primo storico "revisionista". Nel linguaggio comune gli storici revisionisti sono definiti quelli che mettono in dubbio l’interpretazione storica di alcuni eventi generalmente accettata. Revisionisti sono coloro i quali hanno messo in discussione il fatto che le politiche di Roosevelt fecero uscire l’America dalla Grande depressione o che hanno esaminato senza particolare benevolenza la resistenza in Italia. Tucidide, che non aveva una Storia Ufficiale da confutare, ha interpretato gli eventi della guerra del Peloponneso in modo diverso da come lo avevano fatto i suoi contemporanei. Era un uomo del suo tempo, insomma, che non potè comprimere i suoi ideali, convinzioni e pregiudizi nel recinto della razionalità pura.
Il nocciolo della visione tucididea è il seguente: la guerra tra Atene e Sparta era inevitabile perché l’imperialismo della prima non avrebbe potuto essere sopportato indefinitamente dalla seconda. Tuttavia, Atene, nonostante la sua forza e la sua grandezza, era destinata a fallire a causa del suo sistema politico democratico. La democrazia diretta era in grado di funzionare solo quando la polis aveva lafortuna di essere guidata da un leader carismatico, colto, intelligente e disinteressato come lo era stato Pericle. Morto lui, il sistema politico era rimasto ostaggio di demagoghi spericolati e cinici come Cleone e Alcibiade che assecondavano gli istinti peggiori del
demos e inevitabilmente riuscivano ad avere
la meglio su politici moderati come Nicia, il generale-pacifista.
Intendiamoci, Tucidide non era un determinista storico. Per lui le azioni umane, la personalità degli individui e la Tiche,
il caso, contano eccome. Lo storico però vede come sono disposti i pezzi sulla scacchiera e traccia la linea logica tra la mossa iniziale e l’esito finale e, confidando sul fatto che l’animo e le propensioni degli uomini non mutano col passare del tempo, consegna ai lettori uno strumento utile su come orientarsi per il futuro. «Ciò che ho composto è un’acquisizioneperenne », appunto.
Vediamo come Tucidide interpreta, ad esempio, la strategia di Pericle il quale all’inizio delle ostilità pensò di rinchiudersi dentro le grandi mura della città, lasciando campo libero ai Lacedemoni di distruggere le coltivazioni e le proprietà in Attica durante il periodo estivo. Nel frattempo, grazie al predominio sul mare,l’impero ateniese avrebbe disturbato Sparta con continui attacchi mordi e fuggi, fiaccandone la resistenza e facendo leva sulla fazione meno bellicista all’interno della città dorica. Le grandi risorse finanziarie di Atene, secondo l’iniziale strategia, avrebbero assicurato che nel lungo periodo essa avrebbe prevalso. Quando, morto Pericle, anch’egli vittima della grande pestilenza che infiacchì la città, i nuovi leader si lanciarono in un conduzione più aggressiva della guerra, posero le basi per la sconfitta finale.
L’evidenza storica non ci dice questo però. Al terzo anno di guerra, quando venne a mancare Pericle, le risorse finanziarie stavano per esaurirsi, l’ammassarsi della popolazione dentro le mura aggravava gli effetti della peste e per quanto la strategia del leader fosse intelligente in astratto si stava rivelando fallimentare in concreto ed era vivacemente contestata dai suoi concittadini. Grazie a una buona dose di fortuna fu proprio l’odiato Cleone che con un’azione temeraria inflisse un rovescio umiliante agli Spartani nell’isola di Pilo togliendo gli ateniesi dall’impasse. La sconfitta finale arrivò solo 25 anni più tardi grazie alla disastrosa spedizione in Sicilia nella quale perì la migliore gioventù ateniese sotto la guida incerta di Nicia, unico politico cui il sommo storico dedica parole di commosso elogio, proprio per mistificarne l’inettitudine nel corso della grande, tragica avventura in Trinacria.
Il genio di Tucidide, però, si rivela anche quando i suoi giudizi non sono spassionati come lui pretende né, probabilmente, azzeccati. Da dove però può ricavare lo storico moderno gran parte dei fatti e degli argomenti necessari per controbattere alle tesi tucididee? Nell’opera stessa dell’eminente storico, fedele comunque alla sua missione di narrare «vagliando il più possibile scrupolosamente gli eventi» e raccontando quelli significativi. Parte di questa grandezza è ereditata da Donald Kagan, il quale ha scritto un libro che si legge come un romanzo giallo, in cui la passione per quell’epoca irripetibile e felice dell’avventura umana ne fa trattare i protagonisti come dei contemporanei e che riesce anche a impartire lezioni di metodo storico ai lettori di oggi. Un libro notevole, insomma.