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 2010  marzo 06 Sabato calendario

«NOI RICICLIAMO TUTTO». E SPUNTA ANCHE LA LEGA

Centottanta faldoni. Centoquarantasettemila pagine. Ottantacinque indagati, cinquantasei dei quali in arresto. In due dvd sei anni di indagine dei carabinieri del Ros e del nucleo valutario della Guardia di finanza sulla «frode colossale», ideata dal gruppo di Gennaro Mokbel, che ha coinvolto Fastweb e Telecom Italia Sparkle e ha costretto alle dimissioni il senatore Nicola Di Girolamo, che oggi verrà interrogato in carcere. C’ è di tutto. Informative, decreti di perquisizioni, verbali di sequestro, interrogatori, memorie difensive e foto dei pedinamenti. E nelle intercettazioni spunta la Lega. La rete di Mokbel il 21 settembre 2007 quando il Ros ascolta una conversazione tra la moglie di Mokbel, Giorgia Ricci, Marco Toseroni e Silvio Fanella. Non sanno che nell’ ufficio di viale Parioli 63, il quartiere generale di Mokbel, i carabinieri hanno piazzato una cimice. Toseroni, una delle menti finanziarie del gruppo, spiega: «...Diciamo sei milioni di conto... e così ricicliamo veramente tutto, per cui abbiamo superato i 15 milioni dati alla Lega... il federalismo è proprio...». Il 12 febbraio 2008 nell’ ufficio ai Parioli ci sono Mokbel, Toseroni, Fanella e Aurelio Gionta. Il capo appare irritato perché gli affari non vanno come vorrebbe: «...tanto è vero che quando verrà Nicola (Di Girolamo), se tu me ricordi, quando siamo stati a cena con Dell’ Utri, con Alberto (nell’ intercettazione non si capisce se il riferimento sia a Marcello Dell’ Utri o al fratello Alberto, ndr), e lui ha fatto "... C’ è la possibilità di una banca, importante, perché con due milioni e mezzo io posso comprare una cosa a Milano"... gli ha attaccato una pippa Nicola... che lui so’ tutte chiacchiere, quello non ci sta, quell’ altro non ci sta, quello sta fuori...». La testimonial Agli atti dell’ inchiesta c’ è pure una conversazione tra l’ avvocato Paolo Colosimo e Barbara D’ Urso. In poche righe si riferisce che il penalista, ora in carcere, «rappresenta alla nota presentatrice la possibilità di farle avere un contratto come testimonial in una catena di gioiellerie». Quelle di Mokbel, uno dei tanti business del gruppo. L’ allarme Il 18 maggio 2007 gli indagati sanno già che l’ inchiesta è in corso e sono preoccupati. Augusto Murri è al telefono con una donna e con un uomo non identificati. «I brutti stanno continuando a lavorare - dice la voce femminile - però niente, si sta cercando di controllare e porre rimedio quando sarà». Subentra la voce maschile: «Noi continuiamo ma io ho dato lo stop a marzo. Deve finire ’ sta tarantella, perché bisogna inizia’ a prepararsi bene, perché non stamo manco a combatte con uno scemo. Questo è un... è il numero tre d’ Italia, quello che ci sta a rompe i coglioni». La difesa di Scaglia «Adesso vediamo la macchinosità dell’ operazione, ma ribadisco che per noi la compravendita di traffico era un business assolutamente regolare». Il 13 marzo del 2007, al Comando del nucleo valutario della Guardia di finanza, il fondatore di Fastweb si difende dalle accuse. «L’ affare phuncard - spiega - nasce come esigenza di continuità di rapporto con la società Cmc, che era un cliente che non volevamo perdere. Per noi il rischio era quello dell’ insolvenza, per cui avevamo previsto il meccanismo del prepagamento. Ci siamo posti un problema di "effettiva e reale" convenienza dell’ affare. Prima del 2002 il fatturato con i numeri Premium era di qualche decina di milioni di euro. Nel 2003 il fatturato con le phuncard arriva a 200 milioni di euro». Per ora l’ azienda ha fatto ricadere la colpa sui «funzionari infedeli», fra cui Bruno Zito. Ma lui sarebbe pronto a collaborare con gli inquirenti per far capire che non è così. Focarelli, la mente In una telefonata del 26 gennaio 2007, dopo le prime notizie sull’ indagine, un non identificato dipendente di Fastweb dice a Carlo Focarelli, l’ ideatore del meccanismo, che «riceverà comunicazione di chiusura fornitura traffico. Perché è stato proprio lui in persona a decidere di bloccare tutto». Gli investigatori scrivono che «permangono interessi e rapporti economici» per i quali il dipendente di Fastweb chiede a Focarelli che «per la società europea, quella nuova che stiamo aprendo, sarebbe opportuna l’ apertura di un nuovo conto corrente estero per evitare passaggi diretti di denaro». Patate e bitorzoli A spiegare il complesso meccanismo della truffa è Carlo Focarelli, il «puzzone» per Mokbel. In una telefonata del 30 marzo del 2007 lo fa con tale Luigi, forse Luigi Marotta. Luigi: «Pronto. Posso andare avanti libero?». Carlo: «Eh non... quello comunque non si può». L.: «Eh... allora mi devi dire quando...». C.: «Io qui sono come un’ ombra, se io vado in un albergo dopo cinque minuti stanno lì. Fammi capire che c... vuoi». L.: «Io che sono il primo che... che riceve il sacco di patate... quando ce l’ ho...ricevo cento patate, a un dato momento lo dò a centoventi, l’ altro mi deve pagare a centoventi, e allora dove è il... l’ utile? Perché se mi paga!». C.: «Ma che sei str...?». L.: «Siamo in... siamo in tanti a esserlo». C.: «Ok? E gli mandi cento patate». L.: «Cento patate». C.: «Punto!». L.: «Perfetto». C.: «E a chi le mandi?». L.: «Le dò al... al numero uno». C.: «A quello grande no?». L.: «No! Cento patate arrivano, siamo qui a Tubatau e io mando cento patate al mio amico giù». C.: «Nooo! Tu sei scemo! Le patate vanno direttamente al suo interlocutore, quello grande». L.: «Ah arrivano al grande T, il grande T poi le passa al numero uno, giusto? Quando le passa al numero uno, sono... a parte il suo cinque, c’ è anche un... un qualcosa in più. Allora il numero uno deve pagargli questo!». C.: « una partita di giro no? Quindi è un costo!». L.: «Ma il numero uno è nostro». C.: «Ma che c... stai a dì? Statte zitto». Dopo vari tentativi Focarelli riprova con la patata e il bitorzolo (l’ IVA). C.: «Ma all’ anima de li mortacci tua! C’ hai presente un trasportatore? Che fa, prende la merce e i soldi no?». L.: «Tu l’ hai... l’ hai già fatto per un anno e mezzo, io no! E nessuno di questi lo ha fatto». C.: «Allora, io ti dò la patata e ti dico "che me la porti a...". Però siccome sono fuori (dall’ Italia, ndr) ti dò solo la patata, senza... senza il bitorzolo. Tu che la devi dare internamente, gli devi dare la patata e il bitorzolo. Quando tu la dai a qualcun altro, gli dici: "Scusa, io sono stanco, che gliela porti te? Quanto vuoi? A me mi hanno dato cento lire, a te ti va bene se te ne dò novantanove, più il bitorzolo su novantanove?». L.: «Sì... sì». C.: «La patata non c’ entra un c..., tu non paghi la patata, vieni pagato, ti danno la patata e i soldi perché la devi trasportare». L.: «Spiegami chi è che fa la fattura». C.: «T, grande T fa la fattura che si incolla il trasporto al tuo posto perché tu stai a fa’ da passamano no! Fattura a te novantacinque più Iva, va bene? Ci sei?». L.: «E tu fatturi, io te la dovrò fatturare a te se ti dò la patata». C.: «L’ anima de li mortacci tua! Ma tu quando telefoni, che fai telefoni e fai pure la fattura o paghi la bolletta? E allora sarà uguale no!». Lavinia Di Gianvito Virginia Piccolillo