Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  marzo 06 Sabato calendario

SONO PRONTE LE RAFFICHE DI CREDIT DEFAULT SWAP CONTRO L’EURO

 risaputo che i cosiddetti fondamentali dell’economia italiana, di quella europea e mondiale sono notevolmente peggiorati a causa della crisi sistemica globale. Per rimettere in moto l’economia e l’occupazione ci vorranno nuove energie, nuove visioni strategiche e tempi lunghi. Però non esiste alcuna ragione o giustificazione per aspettare bordate speculative contro l’Italia e l’Europa, senza prendere, da subito, indispensabili ed efficaci contromisure. Anzitutto si riconosca che, oltre alla Grecia, alla Spagna, al Portogallo e all’Irlanda anche il nostro paese è entrato nel mirino della grande speculazione. All’inizio di febbraio, a New York, si è tenuto un «pranzo di lavoro» esclusivo dei manager dei più grandi hedge fund internazionali, a cominciare dal Soros Fund Management, lo stesso che guidò l’attacco contro la lira e le altre monete europee nel 1992. Costoro hanno scommesso che entro la fine del 2010 si arriverà a una parità tra euro e dollaro. Uno degli strumenti per garantire che questa scommessa si avveri, portando loro ovviamente grandi profitti a spese delle economie nazionali, è l’utilizzo di derivati, in particolar dei credit default sawps (cds), che scommettono sul ribasso dell’euro. Si ricordi che persino Warren Buffet, il noto finanziere d’assalto americano, definì i cds «armi finanziarie di distruzione di massa!». Infatti questi fondi, usando l’effetto della leva finanziaria, manovrano derivati per venti-trenta volte il valore del contratto iniziale. Alcuni già paragonano il caso della Grecia alla banca americana Bear Stearns, la prima a crollare nel 2008, e quello del Portogallo alla Lehman Brothers che navigò a vista per mesi prima di fallire e innescare la crisi finanziaria globale. Si stima che i derivati contro l’euro siano già una grossa parte dei 3 trilioni di dollari contrattati ogni giorno sul mercato monetario globale. Dall’inizio di gennaio il prezzo dei cds per la Grecia è raddoppiato. Anche gli swaps sul debito sovrano dell’Italia sono aumentati, passando da 80 a 120 punti base, secondo i dati forniti da Bloomberg. Ciò significa che, per assicurare 10 milioni di dollari di debito pubblico italiano per 5 anni contro il rischio di fallimento, occorre pagare 120 mila dollari annui di «assicurazione». Per lo stesso ammontare di debito pubblico greco il costo è di 340 mila dollari. Certamente nella scala del rischio l’Italia viene dopo la Grecia, che oltre a un debito pubblico di 125% del Pil, di poco superiore a quello italiano, ha anche un deficit del 13% del Pil. Anche la Spagna corre gravi rischi perché, sebbene abbia un debito pubblico di 67% del Pil, che sommato a quello privato arriva però a 4,9 trilioni di dollari cioè a 342% del Pil, ha anche un deficit dell’11,4%, una disoccupazione del 20% e una gigantesca bolla immobiliare con 1,3 milioni di case invendute. Ma non è da sottovalutare il fatto che Robert Mundell, premio Nobel per l’economia nel 1999, studioso della moneta unica europea, abbia di recente affermato che «l’Italia è ad alto rischio. Essa è la minaccia più grande per l’economia dei 16 paesi della zona dell’Euro». I cds in circolazione a livello internazionale sono oltre 36 trilioni di dollari (stima di fine giugno 2009). Tutti derivati Otc e quindi fuori bilancio. I grandi operatori sono naturalmente le solite 4 grandi banche americane, JP Morgan, Bank of America, City Bank e Goldman Sachs con l’aggiunta della Deutsche Bank tedesca e della Barclays inglese. Poi vi sono gli hedge fund internazionali. Si calcola che soltanto il 5% di queste operazioni rappresenti coperture di credito per effettivi valori sottostanti. Tutto il resto è meramente virtuale e speculativo. Urge che si imponga una semplice regola che limiti queste operazioni solo alla copertura di situazioni vere e provate. Sembra che nei prossimi giorni il governo tedesco intenda affrontare questo problema. Sarebbe opportuno che dalla pura analisi si passasse in sede europea a iniziative concrete per garantire il futuro dell’Europa e dell’euro. Altrimenti, paradossalmente, le banche con le loro speculazioni puniranno gli Stati per non averle sottoposto alle regole!