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 2010  marzo 06 Sabato calendario

Haute couture? morta - Sono giorni di sfilate a Parigi. E Pierre Bergé si prepara per uscire. «Vado da Givenchy

Haute couture? morta - Sono giorni di sfilate a Parigi. E Pierre Bergé si prepara per uscire. «Vado da Givenchy. Ho visto foto delle collezioni precedenti: interessante questo Riccardo Tisci». lo stilista (italianissimo) del marchio parigino. Un onore: sono anni che Bergé, per mezzo secolo compagno di Yves Saint Laurent e artefice della fortuna economica della maison, poi venduta ai Pinault, non assiste a un défilé. Tanto più che di questi tempi è particolarmente indaffarato. appena uscito un suo libro, Lettres à Yves, pubblicato da Gallimard, epistole di una sincerità a tratti imbarazzante per un uomo nato nel 1930, la sua verità su Saint Laurent. E ha trascorso tutta la giornata al Petit Palais, per gli ultimi ritocchi alla mostra sullo stilista, morto nel 2008, che aprirà i battenti l’11 marzo. Sì, Monsieur Bergé ora vuole dire la sua, dopo una serie di libri già usciti su Yves («io, comunque, non ne ho letto neppure uno»). Il testo è un atto d’amore, «ma non un’agiografia. Se dovevo mentire, allora non ne sarebbe valsa la pena». «Ti ho protetto da tutto, forse troppo» scrive a Yves in una delle lettere postume. Nel libro, Bergé si sofferma a lungo sugli ultimi 25 anni di vita dello stilista, accompagnati da abusi di alcool e droghe, «dove comunque seppe mantenere alta la sua creatività». Perso umanamente, ma mai nel suo genio. «Di stilisti come lui, che hanno avuto un’influenza così forte sulla società, c’è stata solo Chanel. E non ce ne saranno altri. Saint Laurent amava le donne ”precisa Bergé- . Permise loro di sviluppare la propria femminilità rendendole al tempo stesso più sicure di se stesse». Una sorta di rivincita che si compì in parte con l’adozione di indumenti prettamenti maschili, vedi lo smoking o la sahariana. L’esposizione al Petit Palais permetterà di ripercorrere questo cammino, dagli anni Sessanta in poi. Pierre e Yves si incontrarono nel 1958. Saint Laurent lavorava ancora per Dior. Poi partì per il servizio militare e venne sostituito. Al suo ritorno Bergé lo convinse ad aprire la propria maison: lui si convertì in abile uomo d’affari, ma conservando raffinatezza e gusto. «Oggi, invece, il mondo della moda è nella mani di businessmen puri. Che peccato». La haute couture? « morta, anche perché non corrisponde più alle esigenze attuali della società». Per anni il binomio Saint Laurent-Bergé è stato il più invidiato a Parigi. Qualcuno lo accusa di aver assecondato troppo il compagno, di averlo «infantilizzato», assistito in tutto e per tutto. «Sei stato dipendente dalla droga », scrive in una lettera a Yves. E con un briciolo d’amarezza aggiunge: «E pure da me». Ora che Saint Laurent non c’è più e che il marchio Ysl fa parte del gruppo Ppr, Bergé, comunque, a Parigi non l’hanno dimenticato. Ricchissimo (ancora di più da quando ha messo all’asta un anno fa il grosso della collezione di opere d’arte accumulata assieme al compagno, con 374 milioni d’incassi) finanzia attività tra le più diverse, dalle ricerche sull’Aids e su altre malattie rare (lui stesso è affetto da miopatia) a iniziative editoriali. Fino alla politica. Dicono che sia un «mecenate di sinistra ». «Mi riconosco in questa definizione. Sono un mecenate, è vero. E di sinistra lo sono sempre stato». Una delle personalità che più l’ha segnato è stato François Mitterrand. Con lui trascorreva tutte le feste comandate, compreso l’ultimo capodanno, pochi giorni prima che l’ex presidente morisse. La campagna di Ségolène Royal contro Sarkozy è stata finanziata in gran parte da questo grande vecchio. Lui che, nato nell’isola di Oléron, giunse a Parigi a 17 anni, senza un soldo, né diplomi o amicizie. Omosessuale dichiarato nella Francia dell’epoca: non fu semplice. La madre, ancora viva (103 anni), era una maestra dalle idee di sinistra. Appassionata del metodo Montessori. «Credo che questo abbia avuto una certa influenza su di me». Pierre, l’iconosclasta, spirito indipendente, autonomo. Scomodo, se necessario. Ancora oggi: non è mai cambiato.