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 2010  marzo 06 Sabato calendario

Ratzinger Georg

• Pleiskirchen (Germania) 15 gennaio 1924. Prete. Fratello di Joseph. Ex maestro del celebre coro dei Domspatzen - i passerotti del Duomo, le voci bianche più famose di Baviera (1964-1994) nel 2010 al centro di una scandalo di pedofilia (almeno cento casi di violenze, spesso compiute dai monaci sui confratelli più giovani, dal 1958 al 1973) • «[...] Joseph e io siamo rimasti i cari fratelli inseparabili di sempre, gli ultimi della famiglia rimasti in vita. [...] avemmo la vocazione e scegliemmo insieme, giovanissimi, di abbracciare il sacerdozio [...] I ricordi sono tanti, difficile dare preferenze a un momento o all’altro della memoria. Ma rammento soprattutto la gioia di quando ci rincontrammo alla fine della guerra, tornando entrambi a casa appena liberati dalla prigionia. E poi l’inizio della nuova vita: cominciammo insieme a studiare teologia, fummo ordinati sacerdoti nello stesso periodo e cominciammo insieme il servizio spirituale [...] Io fui fatto prigioniero in Italia, lui in Germania. Fummo separati per tutto il tempo della prigionia [...] Io fui arruolato nel 1942, catturato dagli americani il 15 aprile 1945, e tornai a casa nel luglio 1945, dopo la fine della guerra. Per tutto quel periodo, prima della prigionia, ci vedevamo solo nei brevi momenti di mio congedo a casa. Lui fu fatto prigioniero all’inizio di maggio dagli americani presso Ulm e tornò a casa prima di me, alla fine di giugno [...] appena adolescenti vivemmo lo stesso arruolamento forzato come un obbligo in totale contraddizione con la nostra fede. Ma era un’epoca in cui obiettare sembrava impossibile. Eravamo solo in unità ausiliarie, ma vivemmo entrambi quel momento come un profondo conflitto interiore. Entrambi, quando fummo fatti prigionieri dagli Alleati, vivemmo la cattura e la prigionia come una liberazione. E dopo, rivedendoci a guerra finita, noi due fratelli ce lo confessammo. Scoprimmo quel sentimento in comune. Sembrerà paradossale, eppure fu così: la prigionia di guerra come liberazione, come fine di un servizio che per noi non era cristiano. La fine di una condizione di prigionieri di fatto del nazismo [...] La grande svolta, in prigionia, fu avere di nuovo il servizio religioso, sacerdoti accanto a noi per la messa e la preghiera. Poi in prigionia sia Joseph che io incontrammo studenti di teologia. Con loro avviammo discussioni appassionate sulla fede e sul senso dell’impegno cristiano nel nostro paese devastato [...] Fui lui a deciderlo per primo, e per primo lo confessò a me: ”Amato fratello, il mio posto nella vita io lo vedo nella Casa del Signore” [...] Il coro del seminario fu un momento che non abbiamo dimenticato. La musica, e fare musica insieme, fu per noi fin da giovani una dimensione del messaggio divino [...] In prigionia non avevo più avuto notizie della famiglia. Fu una gioia per me come per Joseph tornare a casa, presso Traunstein, e ritrovare i familiari in vita. Poi, sei mesi dopo la fine della guerra, fummo tenuti come tutti i giovani a scegliere un posto di lavoro o uno studio. E scegliemmo il seminario, la vocazione. L’inizio dello studio fu insieme, filosofia, a Freising. Poi lui proseguì gli studi teologici a Monaco. Il proseguimento degli studi ci divise una prima volta: io restai a Freising [...] Restammo legatissimi, da fratelli. Stringemmo nuove amicizie tra i compagni di studi. Un periodo molto bello fu quando lui era professore e io dirigevo il coro dei Domspatzen [...] a Ratisbona. Anni di gioia, non li dimenticherò: perché era facile vedersi regolarmente, e spesso. Nel 1977 lui divenne vescovo. Al mio coro toccò cantare in suo onore. Da allora gli incontri cominciarono a essere relegati ai periodi di ferie [...] Per alcuni, come me, la missione cristiana è una vita normale. Per altri, come Joseph, succede che la missione diventi qualcosa di speciale. Cominciai molto presto a vedere che aveva un grande talento, con il desiderio di metterlo al servizio di Dio [...] Mi è capitato all’inizio di non capire subito alcune sue scelte audaci, aperte. Poi dopo ho compreso che aveva ragione. Joseph, lo so da sempre, sa guardare alla fede e al mondo da un’altra prospettiva. Io forse mi lascio limitare di più dal quotidiano. [...]» (Andrea Tarquini, ”la Repubblica” 16/4/2006).