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 2010  febbraio 12 Venerdì calendario

ANNA WINTOUR, IL DIOVOLO CHE NON PIACE A MR. TOD’S


Esistono tre Anna Wintour, e tutte e tre hanno a che fare con un film. La più famosa è quella resa celebre dalla sontuosa interpretazione di Meryl Streep ne ”Il diavolo veste Prada”, che l’ha consacrata a livello globale come la boss stronza e iper demanding per antonomasia. Questa Anna Wintour non ha solo difetti, la sua cattiveria è funzionale a un efficientismo che punta alla perfezione, la sua ambiguità contempla anche l’ironia: racconta la stessa Meryl Streep che alla prima del film, la Wintour era in sala e si divertiva. Anche all’uscita del libro, richiesta di un parere dal reporter del New York Times, rispose soltanto: «io apprezzo sempre un buon lavoro letterario». Il libro però non venne mai recensito da nessuna rivista del gruppo Condé Nast, il colosso patinato che edita Vogue.
L’altra vita di Anna Wintour è quella della sua adolescenza inglese, che sembra presa di peso dalla sceneggiatura del (bel) film nelle sale in questi giorni, An Education, girato da Lone Scherfig (Italiano per principianti) e scritto da Nick Hornby, dove si narra di una ragazzina alle prese con la scelta tra una scuola polverosa e severa e la swinging london che si sta affacciando. La protagonista del film, come la Wintour, abbandona il liceo anzi ne viene cacciata per le sue mise trasgressive e l’uso del rossetto e inizia ad appassionarsi di locali notturni e di uomini molto più maturi, che la aiuteranno nella sua carriera. Tra i tanti amori celebri, anche uno scrittore urticante come Christopher Hitchens.
Il padre di Anna era il direttore dell’Evening Standard, il giornale della sera londinese Charles Wintour, fatto baronetto dalla Regina Madre. Il nonno, il general maggiore Fitzgerald Wintour, mentre la sua trisavola era Lady Elizabeth Foster, duchessa del Devonshire, famosa bellezza dell’Ottocento. Lasciata la scuola a 15 anni, Anna lavora in una piccola boutique di Chelsea, Biba, poi da Harrods, poi si iscrive a un corso di design, ma si ritira subito. «La moda o ce l’hai nel sangue oppure non la puoi imparare» dirà ai suoi biografi. Per lei vale la prima, tant’è vero che appena mette piede nel mondo del giornalismo, in pochi anni farà una scalata senza precedenti: 1970, Harpers & Queen, 1975, Harper’s Bazaar, 1983, Vogue Inghilterra. Prende un giornale decotto, che si trova ormai solo dai dentisti, e lo rilancia, licenzia decine di collaboratori storici, usa le relazioni che si è creata negli anni per far realizzare fotografie incredibili come i servizi semi-porno di Helmut Newton nei castelli dell’ignara aristocrazia inglese. Inizia a circolare il nomignolo ”Anna Nuclear Wintour”. L’Evening Standard, il giornale diretto dal padre, scriverà: «le interessano soprattutto il potere e i soldi».
Nel 1989 Nuclear Anna è pronta per tornare a New York, come direttore di Vogue America. La sua prima copertina è una dichiarazione di guerra: per la prima volta nella storia della rivista compare un paio di jeans. Strappati, per di più, ma abbinati a una t-shirt incrostata di diamanti di Christian Lacroix del valore di 10 mila dollari. Diana Vreeland si rivolta nella tomba ma intanto inizia la seconda vita di Vogue e la terza di Anna: sono gli anni delle supermodel (s)vestite in copertina – e pochi sanno dell’avventura di Anna come editor della rivista porno per sole donne Viva -, dello stipendio da 2 milioni di dollari annui, della suite che fu di Coco Chanel perennemente prenotata al Ritz di Parigi, del caschetto che non si scompone mai.
Poiché sa stare al gioco, alla fiction del Diavolo veste Prada ha risposto con un altro film, un documentario: The September issue, in cui si racconta il making of del numero-record di settembre 2007 della rivista: 840 pagine, peso due chili. Non è un’opera agiografica, anzi: lei appare più stronza e isterica che mai. Solo che a vederla aver a che fare con stilisti, truccatori, fashion editor, parrucchieri e stylist, fotografi tra cui un Mario Testino che continua a strepitare che vuole una Sienna Miller «assolutamente equina», si capisce che forse essere Anna Wintour è l’unico modo per sopravvivere in un mondo terrificante come quello della moda.