Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  febbraio 13 Sabato calendario

«CACCIATE IL NOBEL PACHAURI»

L’onda sollevata dal flop della Conferenza di Copenaghen sui cambiamenti climatici, lo scorso dicembre, sta scavando. I primi a ricevere l’onda d’urto sono l’Ipcc – il Panel di scienziati che ha studiato l’effetto serra per conto dell’Onu’ e il suo presidente, Rajendra Pachauri. Una serie di ricercatori che hanno lavorato per l’Ipcc ammette ormai che alcuni risultati pubblicizzati dal Panel sono errati, se non manipolati. E crescono ogni giorno le voci che chiedono le dimissioni dell’uomo alla sua guida, Pachauri, appunto, nel 2007 Premio Nobel per la Pace – assieme ad Al Gore – proprio come rappresentante dell’operato dell’Ipcc.
Nei giorni scorsi, Pachauri ha ribadito che non lascerà l’incarico, è un duro che non abbandona. Ieri, però, anche alcuni scienziati tedeschi’ dopo che lo stesso avevano fatto politici e ricercatori americani – lo hanno invitato a farsi da parte. Per il bene dell’Ipcc’ dicono’ e per rasserenare il clima di una polemica diventata feroce. Il fronte che chiede le dimissioni, dunque, si internazionalizza. Hartmut Grassl, autorevole ex direttore del reparto meteorologico dell’Istituto Max Planck ad Amburgo, sostiene che «l’Ipcc dovrebbe essere del tutto indipendente e neutrale», mentre è troppo legato a governi e politici. Un nuovo capo – aggiunge – aiuterebbe a rimettere in piedi il Panel in perdita di credibilità da mesi, da quando si scoprirono email che mostravano alcuni scienziati «allarmisti» dell’Ipcc cercare di cancellare prove contrarie alle loro ipotesi e a osteggiare colleghi dissidenti. Pachauri è accusato di avere permesso che i dati sul riscaldamento della temperatura della terra, raccolti dal panel che guida, fossero esagerati per dare forza alle teorie e alle politiche più allarmiste.
L’errore più clamoroso dell’Ipcc è di avere scritto nel suo ultimo rapporto (2007) che i ghiacciai dell’Himalaya si sarebbero sciolti entro il 2035. Ora, all’Ipcc dicono che si trattò di un errore veniale, probabilmente tipografico: si è scritto 2035 invece di 2350. Il fatto è che, su questa base, sono state fatte campagne, impostate politiche. Ma anche altri errori di questa rete di scienziati’ che lavorano su base volontaria’ contribuiscono a minare la credibilità dell’Ipcc e di Pachauri. La previsione che la produzione agricola nelle zone piovose dell’Africa si dimezzerà entro il 2020 non trova riscontri. L’affermazione che fino al 40% della foresta amazzonica reagirà drasticamente al calo delle piogge è basato su ricerche del Wwf non verificate. Tutto ciò «non ha migliorato la credibilità dell’Ipcc», è il commento dell’economista tedesco Ottmar Endenhofer, ora presidente di uno dei principali sottocomitati dell’Ipcc che dovrà produrre un nuovo studio nel 2013.
Il corpo centrale del rapporto dell’Ipcc del 2007 – più di tremila pagine – non è in discussione: la gran parte degli scienziati del clima concorda sul fatto che il riscaldamento ci sia e sia creato dall’attività umana. La perdita di credibilità dell’Ipcc sta però provocando sconcerto. Molti si domandano perché il panel dell’Onu abbia evitato di dare risposte convincenti sul fatto che la temperatura della terra dal 2000 non è più salita o è salita di pochissimo (uno studio della National Oceanic and Athmosferic Administration americana dice che probabilmente ciò dipende dalla diminuzione del 10% del vapore acqueo presente nell’atmosfera a 16 chilometri dal suolo).
Inoltre, in India alcuni accusano Pachauri di avere beneficiato della sua posizione di capo dell’Ipcc e allo stesso tempo del Teri, un centro di ricerca fondato dalla conglomerata industriale e finanziaria indiana Tata. Pachauri nega. E i numeri uno dell’Onu su Clima e Ambiente, rispettivamente Yvo de Boer e Achim Steiner, lo difendono. Anche al Palazzo di Vetro, però, si comincia a pensare che l’Ipcc vada riformato e che Pachauri farebbe bene a dimettersi. Un altro ricercatore tedesco, Hans von Starch del Gkss vicino ad Amburgo, racconta che alcuni scienziati impegnati nella nuova ricerca dell’Ipcc, quella del 2013, lo hanno contattato per discutere potenziali candidati alla presidenza. Dopo Copenaghen, non ci sono vacche sacre, Nobel o meno.
Danilo Taino