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 2010  febbraio 13 Sabato calendario

”BERLUSCONI HA TRADITO NOI COSTRUTTORI” (*

per vedere domande e risposte aprire il frammento) - Dire che i costruttori sono arrabbiati con il governo
Berlusconi è troppo poco. Hanno superato il limite della sopportazione,
sono esasperati e se dipendesse
da loro l’avrebbero licenziato
da un bel pezzo. Non
si fa fatica a capirli: le aziende
chiudono, l’anno scorso hanno
perso 100 mila posti di lavoro,
come dire Termini Imerese
moltiplicato 50, e quest’anno
ne perderanno altrettanti
se non di più. Le costruzioni
sono ferme, bloccate,
congelate. E l’esecutivo finge
di non vedere. Al pensiero che
proprio Silvio Berlusconi un
anno e mezzo fa aveva opportunamente
indicato l’edilizia
come il settore anticiclico per
eccellenza su cui il governo
avrebbe puntato per consentire
al paese di reggere meglio i
colpi della crisi, non possono
fare a meno che mettersi a ridere.
Di rabbia.
Nonostante tutti gli annunci
roboanti sui piani casa, le grandi
opere, le ricostruzioni, i miliardi
stanziati e via vantando,
non si sposta un mattone che è
uno né per le grandi infrastrutture
né per le piccole e medie
né per le case né per le manutenzioni
né per le ristrutturazioni.
Paolo Buzzetti è il presidente
dei costruttori riuniti
nell’Ance della Confindustria
ed è un signore misurato e moderato,
l’esatto opposto di un
incendiario. Ma non ne può
più.
Che cosa sta succedendo?
L’edilizia non doveva essere
lo scudo italiano che ci proteggeva
dalla crisi?
Già, ricordo. Non solo non è
successo niente di tutto ciò,
ma sta succedendo esattamente
il contrario. Altro che
edilizia come leva anticiclica
contro la crisi! Questo governo,
di fatto, sta aggravando la
crisi dell’edilizia.
Sta usando un linguaggio
iperbolico?
No, è la realtà, sono i fatti. Ecco
le cifre: i lavori nel settore
delle opere pubbliche hanno
subìto una contrazione dell’8
per cento nel 2009 rispetto al
2008. Niente rispetto a ciò
che sta succedendo ora, quest’anno
la riduzione sarà del
20 per cento. Ciò significa
aziende chiuse, operai senza
stipendio in un settore dove
non c’è cassa integrazione, lavoratori
specializzati che si
perdono. I giornali non se ne
rendono conto perché non è
come Termini Imerese, è uno
stillicidio che avviene in silenzio.
Alcuni giorni fa sono andato
a Palazzo Chigi per discutere
del piano casa che non
parte; parlavo e mi sembrava
non capissero. Poi mi sono reso
conto: erano sinceramente
convinti che quel piano fosse
partito da un pezzo, mentre
non c’è mezzo cantiere aperto.
Di recente il governo ha riparlato
di 18 miliardi stanziati
per le grandi opere.
Questi sono lavori, o no?
Sulla carta. Le delibere del Cipe
(Comitato per la programmazione
economica, ndr) ci
sono, ma non si aprono nuovi
cantieri solo con le delibere.
Non c’è stata alcuna accelerazione
della capacità di spesa
pubblica, il portafoglio ordini
di molte imprese è a zero, è come
se stesse piovendo sul bagnato.
Sa bene che non si possono
aprire in 5 minuti i cantieri
per le grandi opere...
Lo sappiamo tutti quali sono
purtroppo i tempi tecnici necessari,
per di più aggravati
dalle vischiosità del sistema,
ma anche in considerazione di
questo il governo avrebbe dovuto
avere la capacità di cambiare
schema, affrontando la
faccenda con un altro approccio,
tenendo conto che la crisi,
di fatto, costringe tutti a ripensare
le cose.
Che cosa intende dire?
Di fronte a una situazione così
devastante andavano riviste le
priorità, non va più bene il
vecchio schema tutto centrato
sulle grandi opere e sulle
grandi imprese che le realizzano.
Sta dicendo che le grandi opere non servono?
Assolutamente no, ci mancherebbe
altro, le nuove e grandi
infrastrutture servono, ma
non si può continuare a considerare,
per esempio, il Ponte
sullo Stretto di Messina come
una priorità in queste condizioni.
Non scherziamo, in questo
momento la priorità è salvare
i posti di lavoro, impedire
che le aziende falliscano, attivare
tanti lavori, magari più
piccoli e modesti, entro i 5 milioni
di euro, per esempio, ma
che in questa fase sono più utili.
Il governo ha detto che stava
snellendo le procedure
soprattutto per i grandi interventi.
Al di là dei fatti
gravi emersi in questi giorni,
anche Protezione civile
Spa doveva servire, almeno
nelle intenzioni, ad accelerare
i tempi di esecuzione
dei lavori.
Siamo decisamente contrari a
Protezione civile Spa. Non si
può risolvere un problema
’ la lentezza per l’aper tura
dei cantieri, il non fare
’ creandone un altro,
istituendo cioè un’organizzazione
che
passa sopra alle esigenze
della tutela
della concorrenza,
con una struttura
e con poteri tali
da attirare inevitabilmente
i sospetti.
Lei parla di aprire
cantieri per
opere di piccole e medie dimensioni. Dove,
come, ce n’è bisogno?
E’ sufficiente guardarsi intorno,
questo è un paese che cade
a pezzi. Basta che piova un
po’ più del solito e ci sono alluvioni
e morti; le scuole dove
mandiamo i nostri figli spesso
sono in condizioni pietose, a
rischio; idem tante strade e
ferrovie. Molti edifici costruiti
40 o 50 anni fa avrebbero bisogno
di interventi seri. Bisogna
recuperare la cultura della
m a nu t e n z i o n e .
E il governo non ce l’ha?
Mi pare proprio di no. Ricordate
quando alcuni anni fa furono
introdotti gli sgravi fiscali
del 36 per cento per i lavori
di rifacimento delle facciate
dei palazzi? Fu una buona occasione
per i cittadini, le imprese
e anche per lo Stato che a conti fatti aumentò le entrate.
In Francia e Spagna hanno
capito che questo è il momento
dei piccoli interventi e infatti
hanno impegnato rispettivamente
circa 6 e 8 miliardi
di euro per opere piccole e
medie. Il ministro delle Infrastrutture,
Altero Matteoli, ha
stanziato 1 miliardo per le
scuole e 800 milioni di euro
per lavori in ambito idraulico,
ma anche in questo caso restano
sulla carta, non riescono a
spenderli, a trasformarli in
cantieri. Da ultimo hanno dato
incentivi ai settori in crisi,
ma niente all’edilizia.
Ci siamo, battete cassa…
Chiediamo che l’Italia non stia
a guardare e faccia ciò che fanno
i governi nel resto del mondo.
In Europa per favorire l’acquisto
della prima casa hanno
agito sull’Iva; negli Stati Uniti
hanno stanziato 8 miliardi di
dollari per incentivare gli acquisti.
Idem per il risparmio
energetico, la costruzione di
alloggi o la modifica di quelli
esistenti in modo che siano
dotati di impianti che consentano
minori consumi di luce,
gas, acqua e quindi producano
minori emissioni di Co2.
Ovunque introducono sgravi,
da noi niente.
Nei giorni passati era sembrato
che gli incentivi del
governo toccassero anche
all’edilizia. Cos’è successo?
Scajola, il ministro per lo Sviluppo
economico, era favorevole
alla concessione
di incentivi all’edilizia,
ma è stato bloccato
da quello dell’Economia,
Giulio Tremonti.
Che avrà pure le sue
buone ragioni, ma forse
non si sta rendendo conto
di come siamo messi.