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 2010  febbraio 12 Venerdì calendario

IL GIALLO DI VIGNOLA «SONO LA FIDANZATA DEL PRETE OMICIDA»

C’era ancora odore di morte nella villetta alle porte del paese quando lei, bruna, minuta, sui quarant’anni, si è presentata in ospedale, al capezzale di don Giorgio Panini, sfidando occhiate inquisitrici e sorrisetti maliziosi. Era da poco passato Natale e attorno al letto di quel sacerdote grande e grosso, che con le sue 5 parrocchie e le tante iniziative per poveri e diseredati si era fatto a Vignola la fama di «stakanovista di Dio», c’era una piccola folla, tra magistrati e carabinieri.
Tutti lì per capire in preda a quali demoni quell’omone di 57 anni avesse massacrato a coltellate il suo miglior amico e socio in affari, Sergio Manfredini, 68 anni, riducendo in fin di vita la moglie Paola, 62, e ferendo il figlio Davide, 42, prima che quest’ultimo, armato di candelabro, lo spedisse al tappeto, mettendo fine alla mattanza.
Lei comparve sulla soglia della camera d’ospedale, sapendo che sarebbe stato impossibile passare inosservata e che da quel momento la sua esistenza non sarebbe più stata la stessa. Furono i carabinieri i primi a chiederle cosa ci faceva lì e in quali rapporti fosse con il sacerdote. E a loro, così come qualche giorno fa al pm Lucia Musti che l’ha ascoltata in qualità di persona informata dei fatti (del tutto estranea all’omicidio), lei ha dato la stessa risposta, semplice e diretta: «Io e don Giorgio siamo fidanzati». Proprio così: «Fidanzati». Lei separata da anni e con un figlio grande. Lui uomo di Chiesa. Entrambi, da tempo, nel mirino delle comari di paese, che favoleggiavano di «una donna del prete», di «un amore nato tra salmi e rosari». E ora, eccola lì, la prova provata.
L’irruzione della signora in questa storia di sangue, pur lasciando intatto il quadro delle responsabilità (don Panini è accusato di omicidio premeditato e contro di lui ci sono indizi pesanti), costituisce un tassello importante per risalire al movente.
Gli inquirenti sono convinti che la molla dell’aggressione vada ricercata nell’intreccio di affari che da due decenni univa il sacerdote all’amico Manfredini e alla moglie. Un piccolo tesoretto, il loro: decine di conti correnti, proprietà immobiliari in Puglia, nel Bresciano e nel Modenese, un giro di investimenti che sfiora il milione di euro. Un sodalizio che ha funzionato fino a quando don Giorgio non ha conosciuto la signora. In paese c’è chi dice che il sacerdote avesse intenzione di lasciare la Chiesa per lei. Chissà. Di sicuro, facevano sul serio. Si erano messi perfino a cercare casa. Per iManfredini, che fino a quel momento avevano diviso tutto con il don, una situazione difficile da accettare, sia per lo scandalo che ne sarebbe derivato che per motivi economici. L’antivigilia di Natale, l’aggressione. Il legale del parroco parla di «raptus». Ma si è scoperto che la sveglia del prete era puntata sulle 3: l’ora del delitto.
Francesco Alberti