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 2010  febbraio 11 Giovedì calendario

PIPES: "PER LE PRESSIONI TARDI L’UNICA VIA D’USCITA ATTACCARE" - NEW YORK

«L’inasprimento delle sanzioni contro l’Iran è solo una mossa di pubbliche relazioni», polemizza Daniel Pipes, direttore del Middle East forum e personaggio di punta dei neocon americani. «Forse cinque anni fa sarebbe servito a qualcosa, oggi no: è troppo tardi. L’unica vera scelta è se accettare che Teheran possieda armi nucleari, o se distruggere preventivamente i suoi impianti». Da vero "falco", Pipes è naturalmente in favore dell’opzione militare. E in un pezzo scritto di recente (e ripubblicato sul sito di Die Welt) ha suggerito a Barack Obama di imboccare questa strada, in modo anche da recuperare il consenso dell’opinione pubblica americana dopo la sconfitta elettorale nel Massachusetts.

Una boutade, certo. Un consiglio provocatorio, visti gli indirizzi di politica estera della Casa Bianca.

Ma dietro alle posizioni di Pipes ci sono anni di ricerca, una ventina di libri e una interpretazione delle dinamiche mediorientali con cui è importante fare i conti, anche per chi non si riconosce nell’ideologia neocon.

Signor Pipes, cominciamo dall’ultimo round di sanzioni su cui lavora la Casa Bianca: perché è così scettico? «Perché non otterrà risultati concreti. Nessuno si illude che il regime di Teheran si impaurisca a tal punto da fare marcia indietro sul programma nucleare. E la stretta economica non sarà sufficiente a imporre una sommossa popolare contro gli Ayatollah. Lo scopo delle sanzioniè un altro: far finta di fare qualcosa per arginare l’Iran. In questo senso mi ricorda le mosse di George Bush senior alla vigilia della prima guerra del Golfo, quando mandò il segretario di stato James Baker a parlare con l’iracheno Tareq Aziz: anche quell’incontro non servì a nulla».

Ma contribuì a solidificare la coalizione internazionale contro Saddam Hussein. Bush junior, invece, procedette unilateralmente indebolendo le alleanze militari e diplomatiche degli Stati Uniti. Le sanzioni che vuole Obama non potrebbero accelerare una risposta multilaterale? «Ripeto: adesso è tardi per balletti del genere. L’unica vera scelta è se accettare l’atomica iraniana o bombardare gli impianti segreti di Mahmoud Ahmadinejad». Analizziamone i rischi. Che succederebbe nel primo caso? «Innanzitutto verrebbe creato un precedente: tutti i paesi saprebbero che si possono violare impunemente i trattati di nonproliferazione. Poi altri stati arabi tradizionalmente avversari dell’Iran, come l’Egitto e l’Arabia Saudita, sarebbero spinti ad avere un arsenale atomico. Un altra pericolosa conseguenza? Incoraggerebbe la leadership iraniana verso iniziative destabilizzanti, come un maggiore aiuto a gruppi terroristici. E non dimentichiamoci, naturalmente, che Teheran potrebbe usare veramente le sue bombe, ad esempio facendole esplodere nei cieli europeio americani per distruggere le infrastrutture elettriche con una onda elettro-magnetica e farci tornare all’età della pietra».

Ma anche un’azione militare contro l’Iran non sarebbe una passeggiata. «Non c’è dubbio. Ed è per quello che i piani del Pentagono sono top secret e che i generali israeliani, a differenza del governo di Gerusalemme, sembrano molto cauti. I rischi maggiori: 1) che il popolo iraniano si schieri con il regime per ragioni nazionalistiche; 2) che Teheran risponda con una guerra a Israele, o bloccando lo stretto di Hormuz, o con una offensiva terroristica; 3) che il prezzo del petrolio vada alle stelle, magari superando i 200-300 dollari al barile».

Non sono conseguenze da prendere a cuor leggero.

«Tutt’altro. Ma la responsabilità è nostra: se avessimo agito con più decisione cinque anni fa, non ci troveremmo oggi in questa impasse. Insisto: la colpa è di tutti, a cominciare dai tedeschi e da voi italiani che avete sempre condannato a parole le violazioni dei diritti umani di Teheran, continuando poi a ottenere commesse e sviluppare il commercio».

Al di là delle sue riserve, come dovrebbero essere strutturate le nuove sanzioni per avere il maggior impatto impossibile? Teme una opposizione della Cina? «In teoria le sanzioni dovrebbero colpire il regime, risparmiando la popolazione iraniana che appare sempre più in rotta di collisione con gli Ayatollah. La Cina rappresenta un duplice problema: da un lato ha potere di veto nel Consiglio di sicurezza, dall’altro sembra interessata solo ai suoi legami economici senza alcun interesse per i risvolti etici».