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 2010  febbraio 11 Giovedì calendario

SALVARE LA GRECIA CI COSTA 10 MILIARDI

Le Borse europee hanno chiuso in positivo. La più brillante è stata Piazza Affari, ma sostanzialmente i listini restano appesi al futuro della Grecia. Atene è sempre più bisognosa della mano forte di Bruxelles per uscire dal circolo vizioso della speculazione. Ad alimentarlo la volontà americana di sopravvalutare il dollaro sfruttando il pasticcio dei conti pubblici taroccati. L’ultima notizia apparsa sul sito del ministero delle Finanze greco annuncia che il deficit salirà al 16% del Pil. Altro che 12,7 come dichiarato più volte per farsi belli davanti a Bruxelles.
L’operazione salvagente dunque non sarebbe certo indolore per il resto del blocco Ue. Primo perché spingerebbe gli altri Paesi in difficoltà (Irlanda, Portogallo e Spagna) ad allentare la cinghia. Secondo perché richiederebbe un esborso (il quotidiano Le Monde ieri ipotizzava l’emissione di eurobond) di almeno 55 miliardi di euro per il 2010. Di cui, se la ripartizione fosse calcolata in base alla quota di Pil transnazionale, quasi dieci miliardi ricadrebbero sul debito pubblico italiano. E quindi sul portafoglio dei contribuenti.
Gli scenari successivi diventerebbero però di difficilissima previsione. Il salvataggio della Grecia potrebbe infatti ulteriormente indebolire l’euro. Un risultato non certo auspicabile ma che avrebbe il vantaggio di favorire l’export. Un beneficio non trascurabile visto che la maggioranza del Pil italiano si basa proprio sulle esportazioni. Al contrario il salvataggio dell’euro potrebbe acuire la speculazione sui Paesi deboli dell’area euro. A cominciare magari dal nostro.
Fatto sta che ieri sera il presidente francese, Nicolas Sarkozy,
e il cancelliere tedesco, Angela Merkel, hanno cercato una linea comune per neutralizzare due spine. La prima è la sterlina, la seconda il dollaro. Londra è sempre più distante da Berlino e la crisi dell’euro porterebbe un vantaggio alla moneta britannica. Sull’altro versante emerge con evidenza il ruolo opaco della banca d’affari statunitense Goldman Sachs. Nel 2002 Goldman e la Grecia hanno stipulato un’operazione di cross-currency swap in cui il debito statale emesso in dollari veniva scambiato con debito in euro per poi essere riconvertito nelle valute originarie. Si tratta di un’operazione normale, che viene usata abitualmente.
Ma in questo caso la Grecia e Goldman avrebbero stabilito lo swap con tassi di cambio non reali per consentire ad Atene di ricevere una somma molto più elevata del corrispondente reale in euro di 10 miliardi di dollari. In questo modo la banca d’affari avrebbe segretamente concesso ad Atene crediti per un miliardo di dollari sfuggiti alle statistiche sul debito di Atene. Praticamente il patto di stabilità aveva una falla, e la Grecia, con Goldman Sachs l’hanno trovata e l’hanno sfruttata. La conseguenza: Grecia al collasso. E swap che dovranno essere onorati. Una fyurbata che ha prodotto un danno doppio. I greci che speravano di farla franca grazie alle acrobazien di Goldman ora si trovano con un debito ”reale” cresciuto da un miliardo e almeno altri 500 milioni da pagare al collocatore. Ovviamente sui questa operazione i manager della banca d’affari prenderanno un bonus. A pagare il premio saranno i contribuenti greci. Tant’è che da ieri su internet gira uno sfottò: Vivere una vita serena, non ha prezzo. Per tutto il resto...c’è Goldman Sachs.