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 2010  febbraio 11 Giovedì calendario

LA MADDALENA SI RISVEGLIA: ORA CHE SARA’ DI NOI?

Spendere 330 milioni e non avere niente. Niente G8, visto che venne spostato all’Aquila lasciando con un palmo di naso commercianti e albergatori che pensavano di avere l’isola invasa da vip spendaccioni. Niente ammodernamento (da trent’anni atteso richiesto promesso assicurato garantito) della strada della Morte, la famigerata Sassari-Olbia. E qui, sull’isola della Maddalena, neanche un posto di lavoro.
Il day after l’esplosione dell’affaire G8 è stato vissuto dagli isolani con un misto dolceamaro di soddisfazione e preoccupazione. Soddisfazione, perché «era ora che si facesse pulizia, lo sapevano tutti che c’erano cose che non andavano», come spiega Giuseppe, arrabbiatissimo barista del traghetto Saremar «Isola di Caprera». Preoccupazione, perché c’è il rischio che possa sparire nel nulla anche quel pochissimo di concreto lasciato sull’isola dalla marea di soldi spesi in questi strani appalti.
Sono soprattutto due i simboli di questa onda anomala di danaro. Le due strutture che avrebbero dovuto ospitare nel lusso e nello stile «cinque stelle plus» Capi di Stato e delegazioni, e poi costituire un fenomenale lascito per la Maddalena. Parliamo dell’ex Ospedale Militare e dell’ex Arsenale, due scherzetti da rispettivamente 75 e 52 milioni di euro. Di recente i colleghi di «Repubblica» sono riusciti a documentare la straordinaria capacità di autodistruzione di queste strutture: a soli sei mesi di tempo dalla formale consegna delle opere, l’ex Ospedale ha soffitti crollanti, infilitrazioni d’acqua, pannelli di legno marciti. E c’è da chiedersi chi mai abbia immaginato di costruire una struttura extralusso di 17mila metri quadri e 101 camere a dieci metri dalla trafficatissima strada che conduce dal porto a Caprera. E oltre la strada, il mare senza neanche un centimetro di spiaggia.
Qualcuno parla anche di odore di fogna. In effetti, quando il vento gira, gli scarichi del sistema fognario dei 13mila maddalenini fluiscono dritte dritte verso questa zona della costa. In compenso, quando soffia il maestrale dai flutti si sollevano in direzione opposta vere e proprie «bombe di schiuma» di dubbia composizione. Come ci racconta Arnaldo, un operaio edile isolano, tutto dipende dal depuratore: «hanno speso 4 milioni di fondi per il G8 – dice – ma la verità è che il depuratore non funziona. Non depura proprio niente».
Non è forse un caso che il bando di gara per la gestione dell’«Hotel Obama» sia andato deserto: nessuno se la sente di accollarsi una struttura che pare di difficile profittabilità. Un po’ meglio sembra aver retto a questi sei mesi il complesso dell’ex Arsenale, con la «Casa dell’Acqua» tutta di vetro appoggiata sul mare, una bella Marina per barche e barcone e altre strutture di livello. I danni ci sono stati anche qui, ma si vede anche una certa qualità. Non a caso l’Arsenale invece è stato assegnato – addirittura per 40 anni – a un’imprenditore famoso come Emma Marcegaglia. Il presidente di Confindustria con la sua Mita Resort si è infatti aggiudicata la gestione del complesso per in tutto 40 milioni di euro, più un canone di 600mila euro l’anno da versare alla Regione. Qualcuno dice che è molto poco, anche se dalla Mita Resort fanno sapere che per adeguare e ristrutturare tutto in vista della Louis Vuitton Cup di vela di maggio serviranno altri 45 milioni di interventi. Di sicuro il 16 marzo il Tar del Lazio discuterà il ricorso di due imprenditori sardi, Molinas e Muntoni, che denunciano come l’Arsenale sia stato affidato direttamente e senza nessuna gara aperta a Marcegaglia.
«Dagli investimenti per il G8 ci aspettavamo almeno 1000 posti di lavoro», dice perplesso e deluso l’assessore alle politiche sociali, Roberto Zanchetta. Adesso l’unica opportunità sarà il resort di Marcegaglia, che ha promesso prima 200 assunzioni, ora pare ridotte a sole 100. I 1.600 che hanno lavorato a ciclo continuo e in condizioni disumane, tenendo il sindacato fuori dalla porta in nome della «segretezza e sicurezza» dei lavori? Scomparsi. E i milioni degli appalti? Svaniti nel vento. Dissipati in opere sbagliate. Bruciati in una corsa per fare (malissimo) in dodici mesi opere che si sarebbero dovute fare (a regola) in trentasei mesi, dice il nostro operaio edile Arnaldo. Che ci racconta di pannelli di granito magicamente trasformati in cartongesso finto-granito. Qualcuno ci avrà guadagnato, no?
Roberto Giovannini