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 2009  dicembre 14 Lunedì calendario

IL CEMENTO DEVE ARMARSI CONTRO LA CRISI

Percentuali che disegnano un tracollo. Numeri da capogiro. Uno scenario che, a tanti operatori del settore costruzioni, fa venire alla bocca una metafora semplice: la tempesta è tale che vanno tirate giù le vele, messa la prua al vento e esercitata la pazienza finché passi. Ma la filiera del cemento e del calcestruzzo armato è percorsa anche da un’altra attitudine. Mai come oggi, complice anche la coincidenza del passaggio generazionale in atto in moltissime aziende, sono numerosi gli imprenditori disponibili a valutare di integrare la propria impresa con altre, o anche più drasticamente orientati a passare la mano. Nel comparto dei prefabbricati, per esempio, è in corso uno stillicidio di chiusure di impianti e di migrazioni di macchinari verso i paesi dell’area balcanica.
«In un contesto assolutamente straordinario come il presente sostiene Augusto Federici, presidente di Federbeton le aggregazioni sono un passo fondamentale per sopravvivere, poiché spingono a fare efficienza, a ridurre i costi fissi, a reggere in un mercato che sarà strutturalmente più piccolo. Posto che l’edilizia privata è inchiodata, eviterei di coltivare eccessive attese dalle commesse pubbliche. Il governo, al di là degli annunci, non mi pare abbia messo sul piatto soldi veri. Le delibere Cipe per le infrastrutture sono tante, i cantieri pochi. I fondi assegnati all’Anas per il 2010 sono pari a zero. E allora non facciamoci conto, uniamo le forze tra noi e attrezziamoci a passare la nottata».
Federici non esprime una posizione accademica. Nel novembre dello scorso anno, il gruppo della sua famiglia, Società Anonima Centrale Cementerie Italiane (Sacci), ha acquisito la controllata italiana della multinazionale Lafarge. Un anno dopo, i dati di preconsuntivo 2009 di Sacci indicano che, considerando la pura somma dei fatturati delle due aziende fuse, i ricavi sono in discesa del 20% e però, quale effetto diretto delle azioni di razionalizzazione messe in atto, il margine operativo lordo è migliorato del 50% circa. Si tratta dell’ultima significativa manovra avvenuta tra i produttori di cemento, settore che conta 27 aziende in Italia con 90 impianti ma polarizzato attorno a tre gruppi (Italcementi, Buzzi Unicem, Colacem) che assieme garantiscono il 58% della produzione complessiva. Al più, la crisi potrebbe favorire incroci tra aziende che dispongono di siti produttivi molto vicini tra loro (come è il caso, per esempio, di Cementizillo e Monselice, entrambi dislocati sui colli Euganei).
«Noi non faremo altre operazioni a breve riprende Federici perché occorre fare un passo alla volta, per quanto gli oneri finanziari derivanti dall’acquisizione di Lafarge Italia siano inferiori alle sinergie fin qui compiute. Siamo soddisfatti, avevamo visto bene quando avevamo stimato già nel 2007 l’ingresso in una crisi di settore profonda e devastante. E oggi mi pare evidente che, per esempio nella prefabbricazione, tantissime aziende nella fascia tra i 10 e i 50 milioni di euro di fatturato saranno attratte da quelle più strutturate, mentre le più piccole se non si aggregano tra loro saranno destinate a sparire. Ricordo poi che, quanto al calcestruzzo, sono censiti in Italia circa 2.700 impianti di produzione, che secondo le medie europee dovrebbero essere contenuti in 2.000 al massimo. Un processo inevitabile».
Inevitabile e in qualche modo annunciato, se è vero che i margini di redditività negli ultimi anni pur in presenza di un mercato ancora in fase espansiva sono andati progressivamente riducendosi. Indizio di una sovraccapacità produttiva che oggi balza all’occhio in tutta la sua evidenza. «Non c’è nulla da fare afferma Fabio Biasuzzi, presidente dell’Associazione Tecnico Economica Calcestruzzo Preconfezionato (Atecap) il futuro è scritto dentro la parola aggregazione. E vale soprattutto per le aziende più piccole, specie per quelle monoimpianto. Non parlo di teorie, anche il nostro gruppo di famiglia sta valutando di incrociare dal punto di vista industriale e societario l’attività con altre aziende. Vedremo a breve se ci saranno colleghi disponibili a mettersi in gioco, perché so bene come sia difficile smettere di essere l’unico padrone».
E’ passato un secolo da quando Sante Biasuzzi ha iniziato l’attività di trasporto ghiaia con carri trainati da cavalli e oltre mezzo secolo da quando suo figlio Giuseppe ha aperto una delle prime cave di ghiaia in falda, dedicandosi poi ai conglomerati bituminosi e infine ai conglomerati cementizi e ai prefabbricati. Tocca a Fabio Biasuzzi oggi interpretare l’itinerario tipico di una azienda familiare e, insieme, cercare di unire le forze con chi mette prima i destini dell’impresa rispetto al ruolo personale.
I numeri del resto non lasciano campo a equivoci. Secondo i dati di Federbeton, nel 2009 i prefabbricati registrano un calo degli ordini del 50%, la produzione del calcestruzzo flette del 25%, le vendite di cemento tra il 15 e il 20%. I rilevamenti del Cresme affermano per quest’anno che il consumo di cemento armato si dovrebbe assestare attorno ai 25 milioni 260 mila metri cubi, in calo del 18,8% sul 2008. E le prospettive per l’anno venturo indicano per il cemento e per il calcestruzzo una caduta ulteriore del 58%, mentre nessuno s’azzarda a fare previsioni quanto alle commesse dei prefabbricati. Il Rapporto Cresme 2009 rileva che il valore della produzione della filiera del calcestruzzo armato nel 2008 si è posizionato alla soglia di 8,2 miliardi di euro, con una contrazione di 2 miliardi rispetto al picco del 2006 e sostanzialmente tornando ai dati del 2004. «La risalita non avverrà prima di 34 anni afferma Federici ripetendo in qualche modo l’andamento rilevato dopo il terremoto di Tangentopoli. La macchina del settore costruzioni ha bisogno di tempo per ripartire, perché le procedure autorizzative sono lunghe, lo stock di invenduto molto consistente, il credito difficile. Francamente non credo che rivedremo più livelli come quelli cui ci siamo abituati in questo decennio, quando pensiamo al record del 2007 con 165 miliardi di euro di investimenti nelle costruzioni. Come categoria dobbiamo avere il coraggio di puntare con voce univoca su rispetto delle regole, certificazione dei materiali e qualificazione dei processi, come imprese dobbiamo essere consapevoli che cambia il mercato di riferimento».