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 2009  dicembre 14 Lunedì calendario

PASSIONI E PECCATI IN CONVENTO - LONDRA

Serafina è una sedicenne viva­ce, curiosa e innamorata, ha una voce d’ange­lo ed è figlia della nobiltà milanese. Siamo nel Rinascimento. Il padre soffoca le sue vi­gorose passioni consegnandola al monaste­ro di Santa Caterina a Ferrara. una «dona­zione » ispirata dall’interesse personale, for­malmente il segno della riconoscenza che lui, signore e padrone prepotente, deve alla corte degli Estensi con la quale intrattiene importanti rapporti d’affari.

Ma c’è anche dell’altro, un qualcosa che non si può confessare ed è un banale, ipocri­ta e cinico calcolo terreno: al ricco lombardo costa meno imporre alla giovane il supplizio del remoto isolamento anziché garantirle la dote per il matrimonio. Offrendola alla clau­sura, governata dalla intransigente badessa, imprigiona la ragazza in una ragnatela di morbosità, di perversioni e di dolori laceran­ti. Non vi è rispetto da parte del genitore per la sorte dell’adolescente. , questa, la condi­zione che migliaia di donne in età acerba condividono, costrette a subire l’ordine, im­posto dalle famiglie, di scomparire nei luo­ghi della preghiera e della meditazione. Sera­fina non è l’unica a divorarsi nell’afflizione. Sono le vittime. I fantasmi di un lungo svolgi­mento della storia.

Panico, angoscia, malattie della mente e in­vidie rompono i silenzi delle celle occupate dalle benedettine, non vi è pietà per l’ultima novizia strappata agli affetti e ai sogni non ancora adulti. possibile non affondare nella disperazione e nella solitudine? Avviene quasi cinque secoli fa, nel 1570: il Con­cilio di Trento è passato da un pezzo e sulla Chiesa soffia il ven­to della controriforma. I dogmi e i culti del cattolicesimo sono decretati come infallibili, la dot­trina dei sacramenti è contrap­posta alle eresie scismatiche del luteranesimo e del calvinismo, l’autorità del successore di Pietro iscritta nel patrimo­nio di fede e nell’obbligo di obbedienza che vincola il credente. Ma, insieme, i vescovi compongono l’indice dei libri proibiti e delle azioni che discutono e incrinano la suprema­zia delle gerarchie ecclesiali, al pari dei loro pronunciamenti: l’Inquisizione scatena gli strali dell’intolleranza e li trasforma in roghi, punizioni e condanne a morte.

Nei conventi cala il buio, i contatti con l’esterno sono annullati, si erigono altissime mura di cinta, le grate vengono poste alle fi­nestre, la riflessione diviene allucinazione. La parola del Signore e la devozione sono lo schermo dietro al quale si nascondono le vio­lenze psicologiche e fisiche. Le «visitazioni» degli ispettori vaticani sono improvvise e as­sumono la forma di minacce, di umiliazioni e di vessazioni. Serafina soffre, si riscatta, la sua energia contagia, si ribella e si pente (ma chissà se per ragionata finzione), digiuna e non andiamo oltre perché il libro ( Le notti al Santa Caterina , Neri Pozza, pagine 480, e 18) va letto e apprezzato per quello che è: un sofisticato e bellissimo romanzo storico (bestseller negli Usa e nel Re­gno Unito) di cui va dato me­rito a Sarah Dunant, docente universitaria, studiosa ingle­se di Cambridge, con il gusto delle lettere e autrice di una trilogia rinascimentale che è ora all’ultimo atto dopo La cortigiana e La nascita di Venere.

L’immaginazione può funzionare se è avvol­ta in un rigoroso contesto di eventi e di am­bienti: Sarah Dunant ha sposato la ricerca scientifica alla fantasia e alla curiosità perso­nale, il risultato è che ci fa condividere (gran­de merito anche al traduttore Massimo Orte­lio) i patimenti della clausura rinascimentale. Per riuscirci ha compiuto alla fine l’unica e ri­gorosa operazione possibile: «Mi sono ritirata per un po’ in un monastero di benedettine». Ha visto e partecipato alla loro vita, ha parlato con le suore, si è confrontata, ne ha imparato i linguaggi, ha seguito il filo delle tradizioni e dei riti. E dentro la ricostruzione ha collocato i suoi personaggi: Serafina, Emiliana, Chiara, Zuana, Benedicta, le converse e le novizie del «Santa Caterina», che non esiste a Ferrara, ma che è la raffigurazione realistica del con­vento cinquecentesco e seicentesco, sacra isti­tuzione dove i turbamenti femminili nascondevano mi­steri. Sono tutte donne le «at­trici » perché di «questo uni­verso, i conventi delle suore all’indomani del Concilio di Trento, si sa poco o nulla». Ombre del passato. « ad es­se che ho dedicato il roman­zo e alla moltitudine di quelle che hanno condiviso la loro sorte».

Una sorte che una religiosa del monastero dei Santi Nabore e Felice a Bologna descrisse con una lettera al Papa nel 1586. Frasi di pian­to e di desolazione, ricordate nella nota che chiude il romanzo Le notti al Santa Cateri­na : «Molte di noi sono rinchiuse a forza e pri­vate d’ogni contatto. Vivendo di stenti e ab­bandonate da tutti conosciamo solo l’infer­no, in questo mondo e in quello che verrà».