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 2009  dicembre 12 Sabato calendario

VIRUS A, SI VACCINANO IN POCHI UTILIZZATA SOLO UNA DOSE OGNI 70

MILANO – L’estate scorsa il Ministe­ro della salute parlava di 48 milioni di do­si di vaccino anti-influenza A da sommini­strare alla popolazione italiana in due tranche , una prima di Natale e una dopo. E firmava il primo contratto di acquisto. Obiettivo: proteggere 24 milioni di cittadi­ni dal virus H1N1. Al 6 dicembre 2009, le persone vaccinate risultavano 689.172, 5.730 di queste anche con la seconda do­se, come previsto dall’Agenzia italiana per il farmaco. In altre parole: finora è sta­ta utilizzata circa una dose ogni 70 ordina­te. I dati sono ufficiali e si possono legge­re nel comunicato n˚ 586 del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche so­ciali, rintracciabile anche sul sito Inter­net. Se si guardano le cifre più nel detta­glio, si scopre che la copertura delle cate­gorie a rischio si aggira attorno al 14% per gli operatori sociosanitari (compresi i me­dici) e all’11 per le donne in gravidanza. Gli italiani non hanno creduto, finora, nel­la vaccinazione contro l’influenza A e, di fronte a un’epidemia che potrebbe rivelar­si la più mite della storia – secondo dati ottimistici, ma supportati da una accurata ricerca dell’università Usa di Harvard pub­blicata su Plos ”, hanno preferito lavarsi le mani. Letteralmente, perché sembrano avere avuto più successo dell’immunizza­zione i suggerimenti «igienici» di Topo Gi­gio.

Non solo in Italia

Ma gli italiani non sono i soli ad avere snobbato il vaccino. Gli australiani, che per primi si sono confrontati con il nuovo virus nei mesi scorsi, resistono alla cam­pagna di immunizzazione gratuita, previ­sta dal governo contro un’eventuale se­conda ondata di infezioni. Anche in Ger­mania la vaccinazione si è rivelata un flop e solo il 5% della popolazione si è vaccina­ta (il 15% dei medici), così il governo sta progettando di vendere il surplus delle 50 milioni di dosi acquistate a Paesi che ne hanno bisogno; per esem­pio l’Ucraina, che ha mo­strato un certo interesse. E in tutta Europa, tranne che in Francia, l’influenza ha or­mai raggiunto il suo picco, secondo i dati dell’Oms.

Il contratto

C’è da chiedersi adesso che cosa succederà in Italia. Il pri­mo contratto che il governo ha stipulato con un’azienda pro­duttrice, la Novartis, è datato 21 agosto 2009 e si riferisce al pro­dotto Focetria (la seconda azien­da fornitrice di vaccini è la Sano­fi Pasteur che produce il Celva­pan). Un contratto in parte «segre­to »: la cifra che lo Stato deve paga­re alla ditta farmaceutica per l’ac­quisto è «omissis» (secondo indi­screzioni si aggirerebbe attorno ai 200 milioni di euro, come riferito da un articolo del Corriere del 15 ot­tobre), ma in compenso lo Stato si accolla i risarcimenti per eventuali danni da vaccina­zione. Adesso il rischio è quello di buttare via soldi e vaccino, nonostante il vicemini­stro Fazio abbia appena firmato un’ordinan­za per estendere l’offerta vaccinale anche ai sani, fra i sei mesi e i 17 anni di età, e agli adulti a rischio sopra i 65 anni, convinto che nel nuovo anno «il virus si ripresenterà con un altro picco». Se il vaccino non verrà utilizzato, non potrà, presumibilmente, es­sere conservato per l’anno prossimo dal momento che, come il virus dell’influenza stagionale, anche quello della nuova in­fluenza andrà incontro a modificazioni che via via richiederanno aggiustamenti nella composizione del vaccino stesso. Ma per­ché la vaccinazione è andata a rilento e le persone non hanno risposto all’invito delle autorità sanitarie?

Il Ministero della salute, interpellato, non commenta, ma si possono ipotizzare al­cune spiegazioni. «La prima sta in un problema tecnico – dice Ovidio Bri­gnoli, vicepresidente della Simg, la so­cietà italiana che raccoglie i medici di famiglia, e membro dell’Unità di crisi per l’influenza del ministero ”. L’in­tenzione del ministero era quella di coinvolgere i medici di famiglia, poi sono entrate in gioco le Regioni. Il vaccino è multidose e si rischiava­no sprechi, coinvolgendo i medici invece che i servizi delle Asl». Sol­tanto la Regione Toscana ha dele­gato ai medici la vaccinazione, e la percentuale, in termini di ade­sione alla campagna, non è risul­tata diversa da quella delle altre Regioni. «Quando i problemi or­ganizzativi sono stati superati – continua Brignoli – i casi di influenza hanno comincia­to a diminuire. E parallelamen­te la richiesta di vaccinazione. Rischiamo così di ritrovarci in casa milioni di dosi di antinfluenzale inutilizzabili».

La diffidenza

Si ha però l’impressione che una certa diffidenza della gente nei confronti del vac­cino, a fronte di un’epidemia tutto somma­to – e almeno finora – lieve, abbia contri­buito al flop della campagna, in Italia come all’estero. Complici siti Internet e blog che hanno rilanciato dubbi e preoccupazioni su adiuvanti, tipo squalene, e additivi, tipo tio­mersale, che hanno ipotizzato connivenze fra industrie e governi e che hanno accusa­to l’Organizzazione Mondiale della Sanità di avere esagerato con gli allarmismi. «Sicu­ramente va registrata una certa perdita di fiducia nella medicina e nell’informazione ufficiale – conclude Brignoli – a vantag­gio di chi offre pareri sul Web, spesso non ’accreditati’».