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 2009  dicembre 12 Sabato calendario

ABSTRACTS!

La vita ricomincia a 60 anni -

Una volta i più ottimisti diceva­no «la vita comincia a... 40, 50 anni». Ma i 60 erano tabù, tempo scaduto, les jeux sont faits . E invece no, la vita può cominciare a 60 anni. Esagerazione consola­toria, abbaglio anagrafico? Guardiamo ai fatti: i figli sono grandi, magari non ancora del tutto autonomi ma sulla «retta» via per diventarlo, la tranquillità economica non è più un miraggio, il tempo ritrovato apre nuove prospettive. il momento giusto per buttarsi, come l’irresistibile vecchietto di «Up», in fantastiche avventure tridimensio­nali. «Io sono riuscito a realizzare il mio so­gno, oggi faccio lo scrittore a tempo pieno dopo i 35 anni canonici di insegnamento» dice Francesco D’Adamo, fresco 60enne. «Uno stacco netto, giro l’Italia per incontra­re i miei giovani fan nella veste di autore molto più gratificante di quella di prof. In­segnare mi piaceva, ma alla fine ero un po’ demotivato». Dieci romanzi per ragazzi al­l’attivo, Francesco si sente «rifiorito, ringio­vanito » e può festeggiare lo sbarco in Thai­landia del suo bestseller «Storia di Iqbal».

D’Adamo è una new entry nel folto eser­cito degli over 60, per l’esattezza 14 milioni e 700 mila persone (erano il 18% della popo­lazione nel 2001, sono il 24.5% oggi). E a differenza dei giovani sempre più precari, osserva il direttore del Censis, Giuseppe Ro­ma, i sessantenni si lanciano in progetti, avendo (fatti i debiti scongiuri) ancora 20-25 anni davanti a loro. Viaggiano come trottole nella realtà e nel web (i «silver sur­fer » sono il 23%), hanno amici (il 55% ne ha più di 6, anche giovani), si dichiarano inna­morati (54,2%) o addirittura disposti a inna­morarsi di nuovo (7%), proprio come acca­de nei film, dal coraggioso «Settimo Cielo» di Andreas Dresen alla scoppiettante prova di Meryl Streep in «It’s complicated».

Tutti pronti per una «second life»? Giu­liano Turone, 68enne, ex giudice, ha lascia­to magistratura e Suprema Corte con 10 an­ni di anticipo senza rimpianti: e ora, dopo mille inchieste scottanti, è entrato in una compagnia teatrale. Scrive libri («Il caffè di Sindona»), insegna tecniche di investiga­zione criminale alla Cattolica, ma soprattut­to recita, magari nel ruolo del conte di Glou­cester alla corte di re Lear, o divertendosi a declamare le terzine dantesche in 50 lingue diverse. Più felice adesso che in passato? «La soddisfazione è la stessa, ma lo stress è scomparso», risponde.

In agguato, per gli over 60, c’è la «sindro­me da nido vuoto», malinconia da separa­zione quando i figli raggiungono l’agogna­ta autonomia. Ma niente paura, spesso tor­nano. Secondo una recente indagine di Mark Szydlik, sociologo all’Università di Zu­rigo, la lontananza genera fiducia e miglio­ra la relazione tanto che l’80 per cento dei giovani torna, prima o poi, a vivere vicino alla famiglia (al massimo, a un’ora di distan­za di macchina), mentre gli scambi restano fittissimi (4 genitori su 10 sono in contatto quotidiano con i loro ragazzi). Ma c’è an­che chi progetta di trovare una casa più pic­cola per spingere i figli all’autonomia. Rac­conta Gegia Celotti, caporedattore grafico al Giorno , che dopo 37 anni ha «scelto di piantare lì il lavoro perché nessuno ti garan­tisce la durata della vita...»: «Sono felice che mio figlio Giovanni vada un anno in Giappone per un master, anzi cambierò ca­sa, così quando torna dovrà cercarsene un’altra». Lei è diventata «un po’ più pove­ra » ma con una meravigliosa quantità di tempo libero da spendere magari viaggian­do o occupandosi della commissione cultu­ra dell’Ordine nazionale («sono stata eletta quasi per magia»).

«La socializzazione nel passaggio dal la­voro alla pensione è essenziale», commen­ta Alberto di Suni, ex dirigente, tre figli e tre nipoti, che guida «Nestore», unico soda­lizio italiano ad occuparsi di questa delicata fase dell’esistenza, organizzando corsi (www.associazioni.milano.it/nestore). « Da una ricerca svolta tra i nostri soci, il dato più positivo è il recupero di tempo, innanzi­tutto per se stessi (86%), mentre la proget­tualità si rivolge ai propri interessi (51%), agli affetti (15%) e al lavoro (18%)».

Tra questi «giovani di ritorno», c’è chi si butta anima e corpo nello studio, chi ritro­va antiche passioni, dal giardinaggio alla chitarra classica. Emma Scaramazza, stori­ca, «pensionanda», ha scoperto l’intensità della scrittura autobiografica. «Dopo 38 an­ni di università, in cui ho scritto libri per gli altri, finalmente faccio quello che ho sempre desiderato, scrivo un romanzo, per me. La mia vita oggi è più piena e meno af­fastellata, c’è il piacere al posto dell’ansia».