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 2009  ottobre 14 Mercoledì calendario

LA STRAGE VIAGGIA SULLE DUE RUOTE: SIAMO LA MAGLIA NERA D’EUROPA


Il vero buco nero della sicurezza stradale in Italia sono le due ruote. Più nero dei pirati, più nero dell’alcol, più nero della giro di vite annunciato in primavera e che ancora non arriva. Povera Italia davvero, in testa a tutte le peggiori classifiche del Continente: per morti, per feriti e soprattutto per mancanza di idee, perché non c’è straccio di progetto all’orizzonte.
L’ultimo dato utile lo ha fornito il ministro dei Trasporti Matteoli e si riferisce al 2007: 1.540 morti sulle due ruote in Italia e centomila e passa feriti. L’ultimo studio utile lo ha presentato la Fondazione per la sicurezza stradale dell’Ania, l’associazione delle imprese assicuratrici, e fornisce cifre altrettanto raccapriccianti: nel decennio 1995-2004 in Italia sono morte, in incidenti sulle due ruote, 12.753 persone e 787mila sono stati i feriti.
Le due ruote della Penisola smentiscono ogni trend positivo registrato in questi anni nel panorama degli incidenti in generale. Tutti gli esperti sono concordi nell’affermarlo. E consola davvero poco il fatto che siamo un popolo sempre in sella, che contiamo 7 milioni di ciclomotori e 4 milioni e seicentomila moto in circolazione sulle nostre strade. Conta poco se restiamo il Paese in cui, per avere un patentino, il ragazzo deve superare solo un esame teorico e non anche uno pratico. Che questo esame pratico, se mai verrà, è solo previsto dal giro di vite in questi giorni all’esame del Senato.
Ma prima di parlare di cultura della sicurezza e di formazione -che poi sono due nodi mica da niente del problema- conviene soffermarsi ancora sulle cifre di questo studio ”europeo” che l’Ania ha condotto insieme al Censis. Nel famigerato decennio di cui sopra -il 1995-2004, l’unico che permette seri raffronti con gli altri Paesi- gli incidenti stradali sulle due ruote in Italia sono passati dal 16,9 per cento al 26 per cento del totale -l’incremento più alto, ovviamente- con una media di tutta l’Unione Europea ferma a 20,4. Nell’ultimo anno preso in esame dallo studio, l’Italia era a 1.458 morti, contro i 607 della Gran Bretagna e i 74 della Svezia, solo per fare due esempi significativi.
Ma ancor più che i dati, lo studio tende a sottolineare l’assoluta mancanza di programmazione che c’è in Italia. Già nel 1990, ad esempio, la Svizzera, aveva creato un gruppo di lavoro per studiare gli incidenti sulle due ruote. In Olanda, in questi anni, si sono persino inventati un airbag solo per le due ruote e lo stanno sperimentando con successo. In Gran Bretagna si sono organizzati con uno specifico piano di settore -Advisory Group on Motocycling- e grazie a una serie di corpo rapporti annuali hanno trovato la loro strada. In Italia, solo da poco si è costituito presso il Cnel un «gruppo di consultazione», ma risultati non se ne sono ancora visti.
E così restiamo il Paese in cui il 40,6 per cento dei motorini passa con il rosso, in cui il 3,7 per cento non usa ancora il casco e il 16 lo usa solo «per paura delle multe», in cui un motorino su due circola con due persone, e addirittura il Sud vanta una percentuale del 79 per cento. La stessa Italia in cui solo il 35 per cento dei guidatori su due ruote «comprende il significato di tutti i segnali».
I due esperti che abbiamo ascoltato per districarci tra queste cifre -Claudio Corsetti, direttore della Scuola Motociclistica Italiana e della rivista ”In moto”, e Michele Moretti, responsabile della sicurezza stradale per l’Ancma, la diramazione di Confindustria che si occupa del settore- esprimono entrambi, seppure con accenti diversi, una certa diffidenza verso le scuole guida. Dice lapidario Corsetti: «Insegnano ai ragazzi, più che a guidare, a superare l’esame». Si dilunga poco di più Moretti: «Hanno istruttori ben preparati per insegnare a guidare l’auto, ma non altrettanto per le due ruote».
Vanno giù pesante, insomma, proprio sul nodo della formazione. E poi ognuno dice la sua. Corsetti: «L’Italia è una realtà desolante. C’è gente che sale sulla moto e non sa neppure come si gira la chiave. Vengono i brividi alla schiena. Faccio due esempi: il casco jet e i guanti. Il casco jet è quello senza mentoniera, quello che usa il 90 per cento del popolo delle due ruote, perche è omologato e basta. Ma pochi sanno che finendo sull’asfalto a 40 all’ora con quel casco puoi rovinarti la faccia per tutta la vita. Poi i guanti: sarebbero obbligatori, ma non li usa proprio nessuno...».
Moretti, invece, fa un distinguo: «La situazione è molto diversa se prendiamo separatamente in esame motorini e moto. In sette anni, dicono le nostre cifre, fra i motorini la mortalità è scesa del 45 per cento e trattandosi dei più giovani questo ci lascia ben sperare per il futuro. Mentre drammatica è la situazione delle moto più potenti. Faccio l’esempio del maxi scooter, di chi lo compra per andare al lavoro senza rendersi conto di quanto è potente, senza avere davvero un’idea di come controllarlo. E infatti la meta degli incidenti si verifica proprio sul tragitto casa-lavoro».
Moretti conclude con uno sguardo al futuro: «Contiamo molto sulla direttiva europea che dovrà essere recepita anche dall’Italia entro il 2011. Prevede un approccio graduale alla guida su due ruote, con esami intermedi fra una cilindrata e l’altra, tanto per avere un’idea. Entrerà in vigore per tutti entro il 2013: mi sembra davvero l’unica strada».