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 2009  ottobre 14 Mercoledì calendario

Vdb, il nuovo Merckx che correva forte per morire più in fretta - Una vita fra doping, droghe e tentati suicidi - Un albergo lon­tano, a Saly, spiaggia del Sene­gal

Vdb, il nuovo Merckx che correva forte per morire più in fretta - Una vita fra doping, droghe e tentati suicidi - Un albergo lon­tano, a Saly, spiaggia del Sene­gal. Una donna, non meglio identificata, come testimone delle ultime ore e della mor­te. Una diagnosi (embolia pol­monare) comunicata con ve­locità sospetta. Tranquillanti e insulina sparsi sul comodi­no assieme a uno straccio uti­lizzato per pulire il vomito di un ubriaco. Basterebbe lo sce­nario della fine di Frank Van­denbroucke per farne un per­sonaggio da romanzo, anche se in attesa dell’autopsia (og­gi o domani) la polizia di Dakar invita a «non fare con­getture fantasiose». Il problema è che questa è vita reale che se ne va, ancora una volta, come è stato per Marco Pantani e per lo spa­gnolo José Maria Jimenez. E allora il cliché dell’artista ma­­ledetto, suffragato da un pas­sato in cui le follie hanno of­fuscato i capolavori, svolge la sua funzione limitata ma allo stesso tempo rassicurante: questo ragazzo di 34 anni che a fine anni Novanta era consi­derato un predestinato della bicicletta, da qualche tempo era visto come un uomo con la data di scadenza in fronte. Vdb, quello che si tingeva i ca­pelli di biondo platino e finì in prigione per doping, aveva un procedimento ancora aper­to (dal 2002) per spaccio e possesso di droghe, epo, mor­fina e anfetamine. Tra storie sbagliate e cattive compagnie l’ enfant prodige del ciclismo belga aveva tentato di ucci­dersi tre volte e ancora di più aveva provato a tornare in sel­la, anche con un tesserino fal­so tra gli amatori. Aveva gli occhi da buono e l’aria un po’ smarrita, Frank Vandenbroucke quando il 27 settembre bivaccava con i giornalisti belgi tra la mensa e la tribuna stampa del Mon­diale di Mendrisio. Lui, che era stato ritrovato con la ma­glia iridata addosso dopo il primo suicidio fallito. «Vado in vacanza ma poi cerco una squadra che creda in me: non sono ancora riuscito a trovar­la » spiegava. In Italia, dove ha corso con Mapei, Lampre, Acqua & Sapone, questo bel­ga nato a Mouscron, enclave vallona nella Fiandre a due passi dalla Francia, lascia la ex moglie, una bella bam­bina e tanti amici. «Era uno dei talen­ti più puri del cicli­smo » dicono tut­ti, ex colleghi, preparatori, di­rigenti. Lo testi­moniano i tan­tissimi succes­si ottenuti da ragazzino (an­dava forte an­che in atletica): ma quando si è trattato di fare sul serio Vdb si è trova­to in un mondo, co­me quello della biciclet­ta negli anni Novanta, in cui di puro c’era davvero po­co. E così le sue vittorie più ce­lebrate, tra le 54 ottenute in carriera, sono anche quelle più controverse: anno 1999, la Liegi-Bastogne-Liegi e le due tappe alla Vuelta di Spa­gna non sono state cancellate dall’antidoping, ma dal buon­senso. Andava troppo forte Vdb e da allora non è più riuscito a fermarsi: la sua autodistruzio­ne era cominciata l’anno prima nella squadra francese Cofidis, in un ambiente, quello fran­co- belga, intossicato dai mix di stimolanti, alcol, droghe ricrea­tive e medicinali (il famigerato «pot belge»). L’ha raccontato lui stesso, senza censure, nel­l’autobiografia «Io non sono Dio»: «Iniziò tutto così: un mio compagno mi propose un trip a base di alcol e Stil­noct, un sonnifero: il mix aveva un effetto allucinogeno. Ma pren­devo anche anfetami­ne e valium». Entrato in quella routine assur­da, Frank aumentò il suo livello di dipendenza, affidandosi nientemeno che a Bernard Sainz, il dottor Mabuse del ciclismo. Ora in Belgio piangono «il James Dean delle due ruote», «uno che poteva diventare più forte di Merckx», mentre i suoi tifosi sperano con tutto il cuore che non si tratti di un suicidio. Come se cambiasse realmente qualcosa. Come se nello stesso Paese (che tratta i ciclisti come rockstar) non ci fosse un campione come Tom Boonen trovato già due volte positivo alla cocaina. Co­me se ad essere maledetto, al­meno tanto quanto Vdb, non fosse anche il ciclismo di que­gli anni e (ancora un po’) quello di oggi. « tutto cam­biato » ha detto ieri Christian Prudhomme, direttore del Tour de France che verrà pre­sentato oggi (diretta alle 12 su Eurosport). Per tutta rispo­sta il tribunale di Parigi ha aperto un’inchiesta sull’Asta­na (la squadra di Contador e ormai l’ex squadra di Arm­strong) per i fatti accaduti nel luglio scorso: le siringhe ritro­vate nei cestini dei rifiuti del team kazako sono state affida­te al laboratorio parigino Tox­lab e sono sotto esame. La cultura dell’aiuto medi­co, anche di quello lecito ma fuori luogo, è l’unica cosa che sembra davvero non morire mai.