Riccardo Romani, Corriere della Sera 14/10/09, 14 ottobre 2009
Le paure del Maradona Mondiale L’Uruguay e un giro di bustarelle - All’Argentina basta un pari, ma teme una combine Cile-Ecuador - La prima nave partì di mattina presto, nel primo giorno dell’inverno australe: 21 giugno 1978
Le paure del Maradona Mondiale L’Uruguay e un giro di bustarelle - All’Argentina basta un pari, ma teme una combine Cile-Ecuador - La prima nave partì di mattina presto, nel primo giorno dell’inverno australe: 21 giugno 1978. Lasciò il porto di Buenos Aires carica di grano. Quello fu il segnale. Alle 21.15 di quel giorno, l’Argentina scendeva in campo al «Gigante» di Rosario contro il Perù giocandosi l’accesso alla finale mondiale. Si narra che il portiere Quiroga sotto gli occhi perplessi del rigido arbitro francese Wurtz, chiedesse a Passarella: «La nave è partita?». Finì come doveva finire: 6-0 per l’Argentina, risultato utile per gabbare i brasiliani con la differenza reti e volare nella finalissima con l’Olanda (poi vinta) del Monumental. Dopo la partita altre navi partirono direzione Lima per un totale di 35 mila tonnellate di grano. Ed è questa la più clamorosa delle truffe mai concepite nel calcio sudamericano. L’Argentina scende in campo stanotte (diretta Sportitalia all’una) a Montevideo contro l’Uruguay e lo spettro di «trampas y sobornos», trappole e bustarelle, aleggia sopra le teste di Maradona e soci. Il Perù non s’è mai tolto di dosso quella macchia. Sebbene i giocatori, il pazzo Quiroga in porta e il fenomeno Cubillas in avanti, avessero qualche attenuante: prima del match ricevettero la visita del dittatore argentino Jorge Videla, gesto inconsueto. Disse loro di giocare con attenzione, che il Sudamerica li stava guardando. S’era già accordato col tiranno peruviano Bermudez e gli seccava essere contraddetto. Ma stasera allo stadio Centenario la politica non avrà spazio. Qualche ricco assegno potrebbe invece cambiare di mano. Succede spesso, da quelle parti, non sempre alla luce del sole, ma non è illegale se è un premio a vincere. Se il Perù avesse anche solo pareggiato sabato contro l’Argentina, dall’Ecuador (altra squadra in corsa per il Mondiale sudafricano) sarebbero arrivati doni. Uruguay e Argentina sono arrivati già una volta a questo punto delle qualificazioni, costrette a giocarsela. Era il 2001, serviva un pari a entrambe per fare fuori la Colombia. I colombiani fecero goleada in Paraguay ma non servì perché il pareggino-torta arrivò puntuale sotto gli occhi di Bielsa, allora c.t. argentino che disse: «Mi è sembrata una partita strana » . La voce che circola è che in Colombia, fuori dal Mondiale, preparino una vendetta fredda: l’Argentina col pareggio si qualifica, a meno che il Cile non dia via libera all’Ecuador. Sono proprio i colombiani a «incentivare» la nazionale di Santiago allenata – toh, chi si rivede – da Bielsa, che però è già con due piedi a Johannesburg. Ci sarebbero 5 milioni di dollari in ballo di non chiara provenienza. Ma offrire soldi a perdere sarebbe un caso per la giustizia penale. Fernando Rodriguez Mondragon, un oscuro scrittore colombiano, ha già pubblicato un paio di libri in cui teorizza su come i soldi dei narcos, tra le varie cose, siano serviti ad aggiustare parecchi risultati. L’ultima volta in cui l’Argentina restò fuori dal Mondiale, anno 1969, si disse che la Bolivia si fece battere apposta dal Perù per far fuori gli argentini. Armi e dollari chiusi dentro a scatole di latta a dorso di mulo, avrebbero superato la distratta frontiera sul rio Desaguadero. Leggende, appunto. Chissà da domani quante altre ne potranno nascere.