Marco Del Corona, Corriere della Sera 14/10/09, 14 ottobre 2009
La sfida alla sharia di Miss Indonesia - La più bella è lei. Nessuna in Indonesia è meglio di Qori Sandioriva
La sfida alla sharia di Miss Indonesia - La più bella è lei. Nessuna in Indonesia è meglio di Qori Sandioriva. E forse su questo possono essere d’accordo anche gli inflessibili ulema di Banda Aceh. Peccato per i capelli. Perché senza il velo a coprirli, sono «un’offesa e una vergogna» per la provincia più settentrionale e più fieramente islamica dell’arcipelago. è così che l’anatema dei custodi della fede musulmana di Aceh sta creando un inaspettato seguito al verdetto del concorso Putri Indonesia: la selezione per incoronare la Miss Indonesia che rappresenterà la nazione musulmana più popolosa del mondo al concorso di Miss Universo. Il verdetto risale a venerdì. La diciottenne Qori Sandioriva, dopo essere finita tra le prime 5 sia nella sfilata in abito tradizionale sia nella prova a domanda e risposta, batte 37 concorrenti da 33 province. Il fatto è che Qori non rappresentava una regione qualsiasi di un Paese dove le differenze culturali, etniche e religiose sono vaste ma stanno trovando un qualche equilibrio. Qori teneva alto l’onore di Aceh. E Aceh è la sola provincia che, in base a uno statuto di autonomia particolare, può applicare la «sharia» in ossequio a un Islam tradizionalista e radicatissimo. La legge coranica è in vigore per un concorso di fattori: era stata introdotta ad Aceh nel 2001, quando era in atto la sanguinosa guerriglia fra i separatisti islamici del Gam e l’esercito, per cercare di placare le rivendicazioni irredentiste della popolazione; la sua applicazione è stata allargata tre anni fa, dopo gli accordi di pace siglati in seguito alla spaventosa tragedia dello tsunami del 2004, che spazzò via mezzo capoluogo, Banda Aceh, e intere città. Nelle settimane scorse il parlamento regionale uscente ha addirittura passato un provvedimento per introdurre la lapidazione degli adulteri, norma che il governatore Irwandi Yusuf si è rifiutato di firmare. La colpa di Qori, dunque, è quella di non avere indossato il jilbab , il velo. «Del concorso di bellezza non ci importa niente. Ci importa che quella ragazza rappresenti Aceh senza rifletterne valori e cultura», ha sentenziato Teungku Faisal Ali, segretario generale dell’associazione Daya Ulema. Qori è sì acehnese, ma solo da parte di madre. Il padre è delle isole della Sonda e lei studia a Giava, vicino a Giakarta. Per partecipare a Miss Indonesia ha sfruttato il fatto che Aceh, per comprensibili motivi, non avesse né una candidata né un sistema di selezione per trovarla. Avere una madre originaria di lì bastava, e Qori ha chiesto al governo regionale un permesso che le è stato concesso. «Se è vero che l’esecutivo di Aceh le ha dato l’ok, significa che l’impegno di applicare la ”sharia’ non è poi preso così seriamente», ha tuonato Faisal. Del sentiero sottile lungo il quale si è inoltrata, Qori era consapevole, se a domanda del presentatore Charles Bonar Sirait ha risposto che «i capelli sono la bellezza e io della mia sono fiera». Niente velo. Una vera ragazza di Aceh non avrebbe parlato così. Lì alle donne è consentito mostrare solo il palmo delle mani, il viso, i piedi. è un Islam severo, diverso da quello mediamente tollerante – salvo isolati picchi di estremismo – diffuso nelle isole dell’arcipelago, dove una buona convivenza con le altre fedi si interrompe (anche violentemente) in occasione dei momenti di crisi. Il verdetto di Miss Indonesia non è una crisi. E se ci si batte, per ora lo si fa solo con esternazioni e dibattiti su blog e Facebook.