Stefano Bucci, Corriere della Sera 14/10/2009 Carlo Pedretti (Storico dellཿarte, esperto di Leonardo), Corriere della Sera 14/10/2009, 14 ottobre 2009
DUE ARTICOLI SULL’IMPRONTA DIGITALE DI LEONARDO
L’impronta digitale sulla principessa « di Leonardo» -
Analisi stile «Csi» sul ritratto di una Sforza -
Da una parte, c’è la «Bella Principessa» (con tutta probabilità Bianca Sforza, figlia di Ludovico duca di Milano). Dall’altra, c’è il «San Girolamo» ospitato nei Musei Vaticani. Il legame, a lungo nascosto, che lega la Dama (finora genericamente definita come opera «di scuola tedesca, inizio XIX secolo») al Santo (umanimemente attribuito, invece, a Leonardo da Vinci) si trova tutto nell’impronta di un dito, l’indice o il medio. O meglio, due: quelle (praticamente identiche) che una macchina fotografica multispettrale (messa a punto dalla Lumière Technology Company) ha ritrovato in entrambi i quadri. E così quel ritratto (33 x 23 centimetri, gesso e inchiostro su pergamena) acquistato da Christie’s nel 1998 dal collezionista canadese Peter Silvermann (ma i suoi attuali proprietari sarebbero a quanto pare altri) per «soli» 19 mila dollari è stato catapultato nell’olimpo dei capolavori, toccando una quotazione di 107 milioni di euro.
I precedenti rumors sulla paternità leonardesca della ex-«Bella Principessa» (a marzo il ritratto, realizzato da una persona mancina, sarà esposto per la prima volta in un museo, quello di Goteborg) troverebbero ora definitiva conferma nel libro (non ancora pubblicato e anticipato dal Times ) di Martin Kemp, professore emerito di Storia dell’arte a Oxford. Nelle duecento pagine dedicate al ritratto, Kemp dichiara: «Mi è sembrato troppo bello per essere vero. Dopo quarant’anni di attività pensavo di avere ormai visto tutto». Questo sarebbe il primo dipinto del maestro italiano venuto alla luce da un secolo a questa parte (anche in quel caso si era trattato di una ri-attribuzione, quella della «Dama con l’ermellino»). E sarebbe anche l’unico esempio di opera leonardesca su pergamena: anche se Kemp, citando un passaggio del «Ligny Memorandum», ha evidenziato come l’artista di corte Jean Perréal ricordasse che, quando aveva visitato Milano nel 1494, il grande Leonardo da Vinci gli avesse più volte fatto domande (a quanto pare non casualmente) appunto sull’uso del gesso sulla pergamena.
Le immagini scattate dal tecnico canadese Peter Paul Biro con la macchina fotografica multispettrale avrebbero scovato nell’angolo (in alto a sinistra) del ritratto l’ombra di un polpastrello, «un’ombra altamente compatibile» con quella lasciata dal maestro della «Gioconda» sul «San Girolamo » ai Vaticani (realizzato in età giovanile «quando Leonardo non aveva assistenti», particolare che fa accreditare ulteriormente l’ipotesi che si tratti appunto del polpastrello del genio). Anche l’analisi con il radiocarbonio confermerebbe la datazione rinascimentale del dipinto (fine XV secolo, 1440-1650): che presenterebbe, all’esame dei raggi infrarossi, tutta una serie di «pentimenti » e di «similitudini» con il «Ritratto di donna di profilo », sempre di Leonardo da Vinci, conservato a Windsor.
Kemp spiega nel suo libro che la scelta della pergamena sarebbe dovuta al fatto che il ritratto avrebbe dovuto far parte di un libro di poesie o, meglio, avrebbe dovuto esserne la copertina (tre fori lungo il bordo testimonierebbero la destinazione). La stessa identificazione della «Bella principessa » con Bianca Sforza è opera di Kemp: per esclusione lo storico dell’arte è arrivato al nome della figlia che Ludovico Sforza aveva avuto dall’amante Bernardina de Corradis. All’epoca, Bianca aveva tredici- quattordici anni ed era stata data in sposa al capitano dell’esercito Galeazzo Sanseverino, guarda caso uno dei «patron » di Leonardo.
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L’occhio convince, la manica no -
La notizia del ritrovamento di un’impronta digitale, che potrebbe essere attribuita a Leonardo, è molto importante ma andrebbe ulteriormente verificata. La mia prima impressione sul grande disegno su pergamena, forse suggestionato dal supporto ligneo applicato a data imprecisata e al verso del quale si vedono due timbri della dogana francese, è stata quella insidiosamente dissacrante del coperchio di una lussuosa scatola di cioccolatini di metà Ottocento; del resto l’unica volta che l’opera è apparsa nel catalogo di una vendita all’asta è stata nel 1998 quando la Christie’s di New York, attribuendola ad artista tedesco dell’Ottocento, la stimava fra i 12 mila e i 16 mila dollari. Altro motivo di perplessità è il costume dove non appare la manica staccabile e tenuta ferma da lacci. Impeccabile è invece l’acconciatura lombarda dei capelli col tipico «coazzone» tenuto saldo da legacci senza alcuna anomalia prospettica. Sublime è infine il profilo, e l’occhio è esattamente come appare in tanti disegni di Leonardo del tempo. Per questo il proposto riferimento all’artista tedesco mi è sempre sembrato insostenibile.
Con tutte le perplessità che può suscitare anche per la mancanza di ogni indizio sulla sua provenienza, l’opera costituisce, almeno per il momento, il ritrovamento più importante dopo il riconoscimento, a inizio ”900, della «Dama con l’ermellino» come opera di Leonardo.